venerdì 20 marzo 2009

La Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio

La Rete dei Comitati per la difesa del territorio sulle elezioni amministrative ed europee della primavera del 2009


A . PREMESSA

1. Le elezioni amministrative ed europee della primavera del 2009 rischiano di svolgersi in una situazione di grave emergenza. Il Governo di Centro-Destra, presieduto da Silvio Berlusconi, ha imboccato rapidamente strade pericolose e inaccettabili su punti numerosi e particolarmente rilevanti: la scuola,la formazione, la ricerca e l’Università, il lavoro, la giustizia ecc. ecc.
Sulle questioni ambientali e del territorio ha sposato le tesi più estreme dell’industrialismo sviluppistico: il pieno sostegno a tutte le progettate “grandi opere”, dal corridoio tirrenico al ponte sullo stretto di Messina alla TAV in Val di Susa, e la ripresa in grande del nucleare ne rappresentano le più evidenti (ma non uniche) testimonianze (per non parlare del silenzio e dell’inettitudine, a dir poco, dei Ministeri più direttamente interessati, quello dell’Ambiente e quello dei Beni Culturali). Soprattutto colpisce una metodologia di governo, che sistematicamente mortifica tutti gli spazi di discussione e di confronto. In generale parlando
si potrebbe dire che tale logica confligge apertamente con quella cui si ispirano ab origine i Comitati per la difesa del territorio, i quali crescono e si alimentano da un principio di seria ed effettiva democrazia partecipativa.

2. Il quadro tuttavia non si presenta confortante neanche nell’ambito dell’attuale
opposizione di Centro-sinistra (per giunta al proprio interno pericolosamente frammentata e divisa).
I cedimenti da parte sua (in varie forme e in varie gradazioni) alle logiche sviluppistiche e di mercato sono talmente frequenti da far pensare ad una cultura del territorio e dell’ambiente,soprattutto a livello locale e amministrativo, ormai fortemente compromessa con l’ideologia economicistica dominante (la formula dell’”ambientalismo del fare” rende bene, nella sua equivoca paradossalità, il senso di questo compromesso al ribasso). A livello locale, - comunale, provinciale, regionale - questa debolezza di ordine generale si traduce troppo spesso in scelte aberranti, in una politica di sfruttamento vero e proposto del territorio, in iniziative di rapina e di distruzione dello stesso, che, all’atto pratico, inducono i cittadini a pensare (e sempre più spesso a dire) che fra i due schieramenti le differenze si siano attenuate fino al punto di scomparire, lasciando il posto ad una sola, unica, universale "cultura dello sfruttamento e consumo del suolo”.

3. È facile prevedere che la situazione di crisi finanziaria ed economica, in cui l’universo capitalistico attualmente è entrato, anziché favorire scelte più ponderate e attente, produca una perversa accelerazione delle politiche di sfruttamento e devastazione del territorio. Le ultime decisioni del governo italiano, in merito di autostrade, infrastrutture e “grandi opere”, anche per quello che riguarda la Toscana, lo confermano. Non è da escludere anche lo scatenarsi di una fase di “ecobusiness”, (centrali, inceneritori, eolico disposto casualmente, ecc.) destinata a confondere ulteriormente anche gli orientamenti del movimento ambientalista. D’altra parte, la stretta finanziaria nei riguardi degli enti locali e l’abolizione dell’ICI sulla prima casa spingeranno inevitabilmente verso crescenti consumi di suolo destinati al mercato speculativo.
In sintesi, sarà sempre più diffusa la pratica che le scelte del territorio siano sostanzialmente sottratte alle istanze elettive e alla partecipazione democratica e sempre più determinate dai poteri economico-finanziari dominanti nei diversi contesti.

4. Le elezioni amministrative ed europee possono però costituire in Toscana e altrove, un momento della svolta. Emergono ovunque nel paese Italia, così mortificato e così poco rappresentato, fenomeni di resistenza e risposte positive, che si muovono in una direzione che sostanzialmente è la stessa: fra le lotte della scuola , quelle dei Comitati per la difesa de1 territorio e quelle dei movimenti per la ripubblicizzazione dell’acqua, ad esempio, si avvertono analogie profonde, negli obiettivi e ancor più nei metodi. Una parte non marginale del paese non intende accettare né le sopraffazioni della forza oggi dominante né i compromessi cui taluni settori dell’opposizione volentieri si adeguerebbero. Questa parte del paese esiste e si muove: le si deve dare una risposta.

5. La Rete dei Comitati per la difesa del territorio presenta con questo Documento un
elenco aggiornato delle richieste, di principio e pratiche, effettuali sulle quali ritiene sia possibile costruire uno schieramento alternativo di forze, disponibile alla collaborazione ma intransigente sui compromessi, non intorno ad un nuovo progetto di spartizione del potere ma intorno ad un programma e ad una serie imprescindibile di obiettivi. Nulla di più lontano, dunque, nelle nostre intenzioni, da qualsiasi generica e approssimativa "ammucchiata” di contestatori dell'attuale potere politico amministrativo, comunque e ovunque esso si manifesti: ma una specifica e ben programmatica proposta di sostituire ad una "metodologia del potere” un'altra decisamente opposta, fondata sulla partecipazione e il controllo democratico dei cittadini. Perché i candidati a governare le amministrazioni locali e a rappresentare l'Italia nel Parlamento europeo siano considerati degni di fiducia da parte della Rete, sarà necessario che essi facciano propri i seguenti punti di programma, quali sono scaturiti con estrema chiarezza dai molti documenti elaborati dalla rete e da ultimo dal Convegno svoltosi a Firenze il 28 giugno 2008 su “Le emergenze in Toscana”. Crisi di un modello regionale di sviluppo”

B. PUNTI DI PROGRAMMA

1. Uno sviluppo sostenibile e durevole. Ciò significa che lo sviluppo non può essere
misurato solo in termini di incremento del PIL, indipendentemente dalle risorse non
riproducibili consumate, prima fra tutte il territorio. Sviluppo durevole significa che ogni nuovo consumo di suolo deve essere funzionale a progetti realmente innovativi e di modernizzazione o riconversione dell’apparato produttivo; il contrario di quella crescita edilizia finalizzata alla speculazione a se stessa che negli ultimi anni ha prodotto una miriade di seconde, terze case, residence turistici, un’edilizia alimentata dall’abbandono dei settori manifatturieri e utilizzata fondamentalmente come bene rifugio.
2. La tutela e la gestione del paesaggio deve essere inquadrata in principi statutari
condivisi e operativi e deve essere sottratta alla variabilità della pianificazione urbanistica. Si tratta di andare in direzione opposta al processo in atto in numerosi comuni toscani dove le “invarianti strutturali” degli statuti del territorio sono soggette a variante come qualsiasi banale e corrente previsione di piano.
3. La partecipazione ai processi di piano e alle scelte di governo del territorio deve essere reale e non mirata alla ricerca del consenso dei cittadini o e dei portatori di interesse. La partecipazione a scelte di grande impatto paesaggistico e ambientale non può essere limitata solo ai residenti del comune direttamente coinvolto, ma deve essere estesa ad una platea vasta, sovracomunale, sovra-locale, portatrice di impegno civile.
4. Il rispetto dei piani – innanzitutto del PIT, che deve essere ancora integrato per la sua valenza di piano paesaggistico – deve riguardarne lo spirito e le finalità e non essere interpretata in modo burocratico come ottemperanza limitata (nel migliore dei casi) alla parte prescrittiva delle norme. A maggior ragione occorre intervenire a livello amministrativo per reprimere la diffusa non osservanza della legge di governo del territorio.
5 . Infrastrutture e grandi opere possono concorrere alla modernizzazione del paese e al rilancio della sua economia, solo se rispondono a reali fabbisogni collettivi e se non sono distruttive del patrimonio territoriale, ciò che in primo luogo significa che non devono essere progettate come operazioni settoriali e privatistiche, ma inquadrate nelle politiche di sviluppo durevole e di sostenibilità ambientale. Fra diverse opzioni è necessario scegliere quella meno impattante che quasi sempre si rivela – ma questo spesso è considerato un difetto – la meno costosa.

C. PROPOSTE SPECIFICHE

1. Distruzione e/o difesa del territorio

La politica della Regione Toscana per il governo del territorio è incentrata sulla Legge R. 1/2005 e sul PIT.
Se da un lato questi strumenti sono stati presentati come un rimedio alle centinaia di episodi che si sono verificati nel corso dell'ultimo decennio in Toscana, che si configurano come vere e proprie emergenze territoriali, essi, anche se definiti di pianificazione-programmazione, si caratterizzano invece per la loro debolezza rispetto alle esigenze di direzione pubblica, limitandosi a indirizzi, metodologie, procedure, buoni consigli di stampo narrativo, sostanzialmente incapaci di guidare le grandi scelte territoriali e si collocano in una logica di neoliberismo dolce attivando una sorta di contrattazione permanente con le forze economiche, finanziarie, imprenditoriali che portano al perpetuarsi di tutta una serie di emergenze già note che riguardano principalmente:

a) l’edificazione speculativa in territori di pregio ambientale e paesaggistico;

b) il fatto che tali edificazioni vadano contro lo spirito della LR: 1/2005 di governo del territorio e spesso anche contro la sua lettera adottando procedure illegittime;

c) la mancanza di efficacia e operatività della normativa vigente riafferma il ruolo
essenzialmente retorico svolto dalle invarianti strutturali che spesso restano generiche petizioni di principio;

d) il mancato ricorso delle amministrazioni alla conferenza interistituzionale prevista dagli art. 24, 25, 26 della LR 1/2005.

e) la mancanza di una vera e propria pianificazione riguardante i temi dell’energia, della gestione dei rifiuti, delle attività estrattive (queste ultime previste anche nei Siti Natura 2000), delle grandi opere infrastrutturali, degli aeroporti;

f) un’aberrante e generalizzato consumo di suolo, con il territorio agrario interpretato non come ambito con il suo specifico, insostituibile ruolo produttivo, ma come spazio non qualificato in attesa di divenire qualcosa d’altro.

g) il suolo agrario di fatto non solo è aggredito dalla cementificazione, ma anche modificato nei sui caratteri essenziali per una riconversione non programmata o programmata solo dal punto di vista delle necessità delle colture destinate agli impianti per la produzione di biomasse;

h) la mancanza nella LR 1/2005, nel PIT e nel PSR 2007-2013 di specifiche azioni per il recupero e la conservazione dei paesaggi rurali tradizionali che non devono essere museificati ma riqualificati.

In sintesi: la legislazione e gli atti di pianificazione della Regione Toscana permettono buone politiche e buoni piani a livello provinciale e locale, il problema è che permettono anche cattive politiche, cattivi piani e progetti distruttivi e inutili per la collettività.

Questo stato di cose deve essere sostanzialmente modificato.

La Rete dei Comitati propone che la disciplina di tutela del paesaggio – definita come
pianificazione paesaggistica - sia prioritaria sulla pianificazione territoriale. Lo statuto del paesaggio articolato in vari livelli, deve essere considerato un‘invariante non modificabile se non mediante procedure particolari e rigorose documentazioni, in cui sia centrale la partecipazione dei cittadini.

2. Infrastrutture e Grandi Opere

L'Italia, e in questa quadro la Toscana praticamente senza distinzione alcuna rispetto alle Regioni governate da altro orientamento, sono funestate da alcune scelte infrastrutturali (ritenute non discutibili, le vere invarianti per la Regione Toscana), del tutto subalterne a decisioni privatistiche, imposte e mai verificate, in relazione ai costi e benefici per la collettività.
È il caso del progetto SAT-Regione Toscana del 2005 per il cosiddetto “corridoio tirrenico”, tanto inutile quanto costoso e distruttivo del territorio (vedi il Dossier agosto 2004, l’Osservazione al progetto SAT agosto 2005 e il comunicato stampa ottobre 2007 delle Associazioni ambientaliste e della Rete, già in possesso della Regione); è il caso della progettazione di attraversamento della E 78 (Grosseto-Fano) dentro il paesaggio consacrato nei dipinti di Piero della Francesca, in località Monterchi, nella provincia di Arezzo; è il caso della TAV Firenze-Bologna; è il caso della terza corsia della autostrada A1 tra Firenze sud e Incisa; è il caso del sotto attraversamento TAV di Firenze, opera che non serve, pericolosissima, costosissima, alla quale si sommano le modalità di realizzazione delle tre
linee della “tramvia”, altro progetto altamente impattante e caratterizzato da gravi carenze sia progettuali che di condivisione da parte dei cittadini; è il caso del proliferare di proposte di aeroporti non solo deturpanti e rischiosi ma anche economicamente controproducenti e paesisticamente deturpanti; iniziative quest’ultime, fra cui spicca il progetto di potenziamento dell’aeroporto di Ampugnano in una zona di alta qualità ambientale.
Sono questi soltanto alcuni dei casi di maggior rilievo, che impongono a forze politiche, associazioni e Enti locali di prendere posizione con nettezza per la revoca o la revisione profonda di tali progetti, destinati se realizzati solo a produrre ulteriori scempi e densificazione del territorio.

3. Governo delle città e delle aree metropolitane

Le situazioni sopra descritte assumono un'evidenza ancora maggiore e un aspetto più critico nel "governo delle Città" e raggiungono il vertice in una situazione delicatissima come quella della Capitale della Regione, Firenze ma anche di altre aree metropolitane sia della contigua Piana fino a Pistoia, che della valle dell’Arno e della Costa. Uno speculare processo di "metropolizzazione" hanno subìto anche vaste aree marginali ancora espressive di forti identità locali, che stanno subendo un’accelerata riduzione delle loro complessità territoriali, vittime di
un processo di "semplificazione" che ne distrugge le specificità.
Qui la qualità della vita è peggiorata. Il territorio è stato pesantemente saccheggiato a favore della rendita fondiaria; si è privilegiata la scelta delle “grandi opere” invasive, costose e delle volte inefficaci, inutili e mal realizzate; il verde urbano e territoriale è travolto dalla cementificazione; il tasso di inquinamento atmosferico è uno dei più alti d’Italia. Problemi primari come l’emergenza abitativa sono all’ultimo posto della politica; i servizi pubblici sono
in grave dissesto e si prosegue sulla strada della privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua. Manca un piano dei trasporti e un piano della mobilità cittadina, mentre la sosta è stata mercificata da Firenze Parcheggi. Anziché contrastare i fenomeni di progressivo impoverimento di crescenti fasce di popolazione, si preferisce sanzionare i più deboli; non si affronta in modo adeguato il tema dell’immigrazione, creando disuguaglianze e conflitti.
È in questo quadro che a Firenze hanno potuto prendere corpo il progetto di Castello
(1.400.000mc di cemento) ora sotto inchiesta da parte della magistratura, e l’idea di un nuovo stadio per la Fiorentina che cancellerebbe definitivamente la possibilità di realizzare il Parco della Piana. Queste scelte forniscono la dimensione delle distruzioni del Territorio e dell’Ambiente delle aree metropolitane.
Politiche diverse di gestione del territorio urbano e metropolitano, rispettose degli interessi, della salute e della vivibilità dei cittadini, concertate con la grande massa degli utenti, devono sostituirsi all'attuale andazzo, fondato sistematicamente sull'arroganza, sul non ascolto, sull’adeguamento ai poteri forti.
In sostanza, le forme di governo della città, allontanandosi da ogni reale pratica di controllo e di partecipazione da parte dei cittadini, si sono sclerotizzate nella gestione del potere da parte di una ristretta oligarchia di intoccabili, che rammenta la fase podestarile del comune.

4 Problematiche energetiche.

Le "problematiche energetiche” attraversano la vita e l’esistenza quotidiana di tutti i cittadini italiani,e nel caso nostro toscani. E' perciò che ad esse non si può non rivolgere un'attenzione costante e primaria: anche in questo settore, andranno rovesciate le logiche finora prevalenti.
La priorità per attivare una buona politica energetica è quella di realizzare prima di tutto interventi di recupero edilizio con le regole del risparmio e dell’efficienza energetica; ove previste nuove costruzioni vanno realizzate secondo i criteri e le modalità della “CASA PASSIVA” o ad “ Emissioni Zero” , della bioedilizia agevolata da incentivi (queste norme devono obbligatoriamente far parte dei piani strutturali dei singoli comuni). Per ciò che riguarda la politica di gestione dei rifiuti, la Regione è tuttora proiettata nella programmazione di inceneritori: una politica rispetto alla quale la Rete dichiara la propria netta contrarietà, in quanto ben poche sono le azioni per il compostaggio e il riciclaggio programmato in coerenza con le esperienze internazionali più avanzate miranti alla riduzione a monte dei rifiuti, la raccolta porta a porta e gli impianti di trattamento a freddo. A tale riguardo sono già stati adottati dei modelli virtuosi anche in ambito nazionale e locale da prendere come riferimento.
Per quanto riguarda l’uso delle risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica. la Regione TOSCANA dovrebbe valutare più accuratamente gli impatti ambientali e sanitari delle alte entalpie, per troppo tempo trascurati dall’Enel, e riconoscere le varie specificità territoriali. A questo riguardo, particolare attenzione merita la tutela dell’Amiata al fine di salvaguardare le sue caratteristiche paesaggistiche, agrituristiche e termali, e il suo importante serbatoio di risorsa idrica naturale.
Dovrebbe inoltre essere ripensata la programmazione degli impianti di produzione di energia elettrica ottenuta attraverso l’uso di combustibili fossili (petrolio e metano). Le politiche autorizzative devono tendere a ridurre al minimo l’utilizzazione di combustibili fossili e, qualora il loro uso non sia sostituibile, massimizzarne il rendimento. Anche in questo caso, in attesa che sia approvato un piano energetico nazionale, riteniamo che il PIER-Piano di Indirizzo Energetico Regionale, recentemente approvato dalla Regione, è un primo passo nella direzione giusta, anche se tuttora permangono lacune, in quanto sarebbe stato meglio fosse stato impostato in modo non settoriale per collegarlo, invece, alle politiche di tutela del patrimonio territoriale in misura globale: sotto l’aspetto urbanistico, paesaggistico,
ambientale e sanitario, al fine primario di contenerne e diminuirne l’impatto complessivo sui territori. Esempi macroscopici di queste lacune sono la possibile costruzione di una centrale a biomasse in Valdichiana e i nuovi impianti inceneritori previsti in Val di Sieve a Selvapiana e nella Valle della Greve, senza che siano stati valutati completamente gli impatti ambientali e sanitari. Va da sé poi il rifiuto del nucleare perché palesemente antieconomico e perché non ha soluzioni attendibili per il problema dello smaltimento sicuro delle scorie radioattive.
Nello specifico dovrà essere rivista l’autorizzazione nei casi ove la Regione non ne abbia valutato preventivamente la sicurezza come per l’impianto di rigassificazione off-shore di Livorno.
In particolare, allo stato attuale, per poter meglio definire e approvare un vero e coordinato Piano Energetico Regionale con le finalità suddette, si rende necessaria una moratoria sulla localizzazione dei nuovi impianti e una valutazione partecipata, prendendo in considerazione il ciclo integrale dell’energia, cosa fondamentale se si vogliono raggiungere entro il 2020 gli obiettivi di Kyoto e cioè 20% di risparmio, 20% di efficienza e 20% di riduzione della CO2.

D. L'OBIETTIVO POLITICO AMMINISTRATIVO

1. L’obiettivo “politico-amministrativo”, che la Rete dei Comitati per la difesa del territorio si propone di conseguire con la formulazione e la diffusione di questo appello, è la costituzione di una concentrazione di forze solidali, seriamente ambientaliste, disposte a combattere insieme per il miglioramento delle condizioni ambientali, per la difesa del territorio, per una elevazione del tenore amministrativo, per un più corretto e efficace rapporto fra cittadinanza
e istituzioni, in Toscana e ovunque ciò sarà possibile. Ognuna di queste forze solidali è destinata a mantenere la sua specificità all’interno di tale concentrazione, ma converge su di un programma comune e s’impegna a rispettarlo e a praticarlo insieme con le altre nella fase post-elettorale, trovando forme pianificate di decisione.

2. Un buon programma ambientalista non può non incontrarsi con tutte quelle forme di
solidarismo e di progresso,che fanno parte anch’esse degli orientamenti più avanzati e civili del popolo italiano, Per questo motivo elezioni amministrative ed elezioni europee vanno tenute questa volta all’interno del medesimo ragionamento e in funzione dei medesimi
obiettivi. Esiste infatti una relazione stretta fra politiche europee per l’ambiente e gestione amministrativa e locale del territorio.
Quanto più larga, perciò, sarà la concentrazione, pur mantenendo la sua interna coerenza, tanto più grande sarà la possibilità di cambiare il corso impresso attualmente alle cose dalle attuali maggioranze.
Sottoponiamo pertanto questo documento alle forze politiche che si presentano alle elezioni amministrative ed europee della primavera 2009, chiedendo la puntuale espressione di condivisione.

Territorialmente, il sito della Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio

lunedì 16 marzo 2009

W i Comuni Virtuosi!

La "capacità del sogno", se accompagnata dalla realizzazione di progetti concreti, e dunque da un riscontro reale verso il territorio e la sua comunità, è il punto comune che unisce le azioni politiche e amministrative dei Sindaci dei Comuni Virtuosi in giro per l'Italia.


L'incipit dal sito di Giorgio Del Ghingaro (http://www.delghingaro.it), Sindaco del Comune di Capannori (LU).

Capannori ne rappresenta forse l'esempio più eclatante. 46000 abitanti, il territorio più esteso d'Italia, una grande zona industriale ma anche una rete di piccoli centri sparsi in un paesaggio affascinante, il Comune toscano è stato il primo in Italia ad adottare la strategia "Rifiuti Zero", con l'obbiettivo di arrivare al 100% di differenziata, e dunque, appunto, a zero rifiuti prodotti, nel 2020.

"Chi me lo fa fare?.Con le elezioni alle porte poi, tanto c'è la discarica, magari costruiranno un inceneritore... Chi me lo fa fare?..." E' questo il pensiero dominante in tanti, troppi Amministratori italiani. Mancanza di coraggio, e di passione. Opportunismo di bassa lega, che si ferma al puro calcolo politico elettorale... Giorgio Del Ghingaro, ma anche Domenico Finiguerra, Marco Boschini, Sergio Blasi, Alessio Ciacci, Renato Puntieri e tanti altri invece non si fermano qui, non fanno calcoli. "Sognano", ma trasformano i loro sogni in progetti.

A breve, sollecitata da decine di contatti e richieste che continuano ad arrivare, l'Associazione nazionale dei Comuni Virtuosi pubblicherà sul suo sito istituzionale (http://www.comunivirtuosi.org) un documento contenente le linee guida per costruire un "Programma Virtuoso" per il Comune ed il suo territorio, per quanto riguarda la sostenibilità ambientale e il benessere dei propri cittadini. Con questo documento, l’Associazione intende mettere a disposizione di tutti, senza distinzione di parte o colorazione politica, quanto i Comuni attualmente soci (e non solo) stanno sperimentando a favore di una sostanziale riduzione dell’impronta ecologica comunale e di una partecipazione attiva dei cittadini alle scelte di governo dell’Ente locale.

Si tratta, semplicemente, di un contributo che favorisca una presa di coscienza, partendo dalla sperimentazione concreta in atto, di un modo diverso di amministrare, mettendo appunto al centro la sostenibilità ambientale e la qualità della vita dei cittadini che vivono e "fanno" una comunità.

Riferimenti concreti a progetti realizzati o in corso di realizzazione che, insieme, compongono l’identikit di quello che secondo l’Associazione e i Comuni soci dovrebbe essere il programma di una coalizione che si candidi a diventare virtuosa nei cinque anni di governo per i quali chiede la fiducia dei cittadini.

Le cinque linee di intervento su cui intervenire sono, non per ordine di importanza:
• gestione del territorio
• impronta ecologica della macchina comunale
• rifiuti
• mobilità
• nuovi stili di vita

Per ognuna di queste categorie i nostri Comuni stanno mettendo in pratica azioni, progetti concreti, strategie assolutamente rivoluzionarie e in controtendenza rispetto alla media dei Comuni italiani. Se tutte queste azioni si concentrassero in un programma omogeneo di governo del territorio potremmo quindi raggiungere un’importante obiettivo ancora oggi solo sulla carta: la nascita del primo Comune virtuoso italiano che risponde appieno ai principi ispiratori dello Statuto dell’Associazione e del nostro Manifesto: “convertire in progetti concreti i sogni e le utopie realizzabili”.

Luca Fioretti
Sindaco di Monsano AN
Presidente Ass. Nazionale Comuni Virtuosi

Le altre "Laika" d'Italia

È UN’IMMAGINE che bisognerà abituarsi a vedere sempre di più: capannoni nuovi di zecca con cartelli che recano la scritta "Vendesi" o "Affittasi". Le fabbriche chiudono e le zone industriali si riempiono, in maniera crescente, di fantasmi.

La crisi svuota i capannoni
Data di pubblicazione: 15.03.2009
Autore: Davide Carlucci

Per capire l’entità del fenomeno non bisogna attenersi tanto ai dati ufficiali, che registrano ancora poco. La Fiaip segnala, per esempio, un calo superiore al sette per cento per quanto riguarda le compravendite di capannoni.

Nomisma dice che anche i canoni sono in discesa, meno 1,1 per cento nel secondo semestre 2008, con un punte del meno 4,4 in provincia di Bergamo. Parlando con gli operatori del settore, però, si raccoglie molto più pessimismo. Valerio Uboldi sta tentando di vendere un capannone da 13mila metri quadrati, ultimato nel 2005, a Bariana, frazione di Garbagnate. «I prezzi sono calati del dieci per cento e in alcune aree si sono anche dimezzati. Siamo tornati ai valori del 2000. Io sto mettendo su un’azienda agricola per dare un futuro ai miei figli».
Per Legambiente è anche colpa della deregulation voluta dalla Regione. «In Lombardia nel decennio 1997-2006 - spiega Damiano Di Simine basandosi su dati Istat - si sono costruiti quasi 32.000 capannoni: una media di due all’anno in ogni Comune della nostra regione. Ora rischiano di diventare un tipico segno del nostro paesaggio, dove si costruiscono moltissimi contenitori, spesso in mezzo alla campagna, preoccupandosi molto poco del contenuto». È l’eredità, continua Di Simine, di una legislazione generosa: «Programmi integrati di intervento, piani attuativi in variante, sportelli unici, varianti ex-legge 23/97... E poi anche la legge Tremonti. Tutto va bene per realizzare insediamenti produttivi senza criterio».

Ma è anche nelle città che ora rischiano di aggiungersi nuovi strati di archeologia industriale. A Bollate, a due passi dal cimitero e di fronte alla Lidl, c’è la Syntess, industria tessile che gli operai avevano tentato eroicamente di salvare dalla chiusura provando ad acquisirla e a gestirla in proprio. Non ce l’hanno fatta e ora nel cortile dell’azienda un coniglio la fa da padrone. «È il mio - racconta la signora Lucia, la custode di origini campane - lo tengo qui, mi fa compagnia». A Garbagnate, invece, è in vendita lo stabilimento della Tc sistema servizi, azienda del settore hi-tech che a luglio ha licenziato 27 dipendenti. Le fabbriche sono transeunti e in ogni angolo della Lombardia ne restano le tracce. Come a Vimercate, dove campeggiano ancora le insegne della S. A., industria di lino e canapa, memoria di un’industria tessile che non c’è più. A Carpiano, invece, quel che resta di un grande allevamento intensivo gestito da un consorzio sono quattro enormi capannoni sulla Binaschese, quattro ecomostri in piena campagna. Quelli che un tempo erano gli uffici ora sono il ritrovo delle prostitute e dei loro clienti, come dimostrano i divani e i materassi sistemati qua e là. «Quei capannoni si vendono con tutti i terreni - dice il benzinaio della Q8 - quindici milioni di euro e te li compri tutti». Più avanti c’è la zona industriale del paese. Edifici appena ultimati, alcuni con le porte ancora imballate. I cartelli con la scritta vendesi, però, ormai non si notano quasi più: sono finiti per terra, piegati dal vento e dalla pioggia.

Da Magenta ad Arcore, da Zingonia ad Arese, nei nuovi insediamenti logistici del Lodigiano, ad Agrate e a Burago, in Brianza, la crisi lascia alle società immobiliari un grande patrimonio da vendere. Ma prima di trovare un acquirente o un affittuario si aspettano mesi e mesi, e il prezzo intanto scende. E più sono grandi gli insediamenti, più è difficile piazzarli. «Il dato su cui riflettere è questo - attacca Mario Agostinelli, capogruppo di Rifondazione in Regione - in Lombardia ci sono ormai 27 milioni di metri quadrati di aree dismesse». Maurizio Martina, segretario lombardo del Pd, punta l’indice contro la legge Tremonti, che ha consentito di costruire aree industriali con meno vincoli ma senza programmazione. «Gli effetti di questa incapacità di governare il territorio ora sono visibili. Basta andare, per esempio, in alcune zone della provincia di Bergamo, per vedere quanto si sia sacrificato l’ambiente senza creare ricchezza. Non è così che si incentiva il sistema produttivo: una riflessione su alcuni errori del passato va compiuta. E per il futuro, prima di andare a toccare il verde, si riqualifichino le aree ex industriali». L’assessore regionale all’Urbanistica, il leghista Davide Boni, ammette: «In passato il problema c’è stato, non l’ho mai nascosto. Si è costruito troppo sfruttando tutte le agevolazioni esistenti sul manifatturiero. Per il futuro rivedremo tutto, ci saranno controlli maggiori: bisogna ricominciare a utilizzare i capannoni che già ci sono e ridurre le semplificazioni che hanno consentito uno sviluppo disordinato».

postilla
Altro che “da Magenta a Arcore …” eccetera, come recita l’articolo: anche scavalcando il Po, gli Appennini, e addirittura Tirreno o Stretto di Messina, salta all’occhio la criminale idiozia delle ineluttabili zone produttive che servono quasi esclusivamente a “produrre” sé stesse. Basta farci un giretto in certe mattine per capire che il valore aggiunto della cementificazione e sbancamento di terreni non sta nei posti di lavoro o nella trasformazione di materie prime in prodotti finiti o semilavorati, ma nel solito “sviluppo del territorio”. Che ora con la crisi mostra più impudiche che mai le chiappe scoperte della foia trasformatrice di certi nostrani “policy makers ”, di amministrazioni abituate a reagire in automatico a qualunque proposta di questo tipo considerandola fonte di “ricchezza”. Come poi insegnano le crisi più “avanzate”, in testa quella americana, a svuotarsi ci sono poi anche i parchi per uffici, e dulcis in fundo anche le cattedrali del consumo, tirate su in fretta e furia contro ogni logica dentro a bacini di potenziali consumatori di fatto virtuali (ogni scatolone presenta i conti come se il bacino di utenza fosse suo in esclusiva), e che ora giocoforza consumeranno ancora di meno. È troppo tardi per aspettarsi un ripensamento, magari anche solo delle logiche più perverse come la concessione delle fasce autostradali per insediamenti produttivo-commerciali FUORI dai piani regolatori? Una pensata per ora solo lombarda, ma che visti i precedenti forse non mancherà di suscitare anche l’entusiasmo di altre regioni di vari colori (f.b.)

Articolo: Eddyburg
 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano