sabato 16 luglio 2011

SUBITO L'ACQUA PUBBLICA!!!

Novità sul trasporto pubblico locale

Nel prossimo consiglio comunale di San Casciano del 18 luglio si discuterà l'adesione del comune di San Casciano alla convenzione tra Regione Toscana, province e comuni per l'esercizio associato delle funzioni in materia di trasporto pubblico locale.
La convenzione è finalizzata alla gestione del servizio in un unico ambito regionale attraverso l'affidamento tramite gara unica. Tutto potrà succedere...anche che il trasporto pubblico nel Chianti venga gestito in futuro da una multinazionale...E i comuni sempre meno partecipi della gestione del servizio e il servizio sempre più lontano dal controllo dei territori e della collettività.
Ma non c'è stato un referendum il 12-13 giugno scorso? Il voto popolare ha dato chiara indicazione  chiedendo un percorso trasparente per la gestione pubblica dei servizi locali. Infatti l'abrogazione dell'art.23 bis del decreto Ronchi permette la gestione “in house”, cioè pubblica, di acqua, rifiuti e autobus. I comuni sono liberi di scegliere che fare.
Sarebbe giusto partire da questo e provare a fare considerazioni rispettose dell'esito referendario.
E' necessaario che, in attesa di una nuova legge nazionale, sul territorio si fermino tutti i processi di riforma della gestione dei servizi, a partire dalle gare di ambito per i rifiuti, di quella unica regionale per il trasporto pubblico e del processo di aggregazione dei gestori del servizio idrico.
Niente di tutto ciò sta avvenendo con questa convezione della Regione Toscana, nessun approfondimento, non c'è tempo per discutere, si chiede ai comuni l'approvazione... punto e basta!
E la gestione in ambito regionale con affidamento attraverso gara aperta non dà alcuna certezza di efficienza, risparmio, investimenti per migliorare la qualità del servizio dei trasporti. Ci dicono che è indispensabile per fronteggiare i tagli dei trasferimenti statali alla Regione. Giusto, i tagli ci sono, ma occorre scegliere quale sia lo strumento giusto per far fronte alla situazione.
Dopo i referendum le Amministrazioni ad ogni livello dovrebbero iniziare un percorso che permetta la gestione pubblica e partecipata dei servizi essenziali, rimettendo in discussione la logica di mercato e lo spirito aziendalista. Un nuovo governo partecipato dei beni comuni (quindi anche del nostro trasporto locale), capace di coinvolgere in modo diretto utenti e lavoratori, una gestione legata al territorio (quindi in mano ai nostri Comuni), e non a quelli di altre province o regioni magari attraverso grandi società quotate in Borsa. Da qui dovremmo partire, come sostenevano i promotori dei referendum. Questa convenzione non ci sembra proprio che vada in questa direzione.
E l'Amministrazione di San Casciano? Vuol guardare avanti, impegnarsi a non tradire lo spirito del referendum o continuerà a privilegiare l'unico “fronte” del pedaggiamento dell'Autopalio?

Consiglio Comunale 18 luglio 2011: mozione sull'inceneritore di Testi e il nuovo piano interprovinciale di gestione dei rifiuti

Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presentano al prossimo Consiglio comunale del 18 luglio 2011  una mozione sull'inceneritore di Testi e il nuovo piano interprovinciale di gestione dei rifiuti.

il testo della mozione

Consiglio Comunale 18 luglio 2011: interrogazione sulla gestione del servizio idrico integrato

Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione Comunista presentano al prossimo Consiglio comunale del 18 luglio 2011  un'interrogazione sulla gestione del servizio idrico integrato.

il testo dell'interrogazione

Dopo i referendum i beni comuni tornano in discussione in consiglio comunale a San Casciano

Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione Comunista presentano al prossimo Consiglio comunale del 18 luglio 2011  un'interrogazione sulla gestione del servizio idrico integrato e una mozione sull'inceneritore di Testi e il nuovo piano interprovinciale di gestione dei rifiuti.

La battaglia di civiltà per l'acqua e per una gestione dei rifiuti improntata al rispetto delle risorse, dei territori e della salute  sono valori primari che si inseriscono in un orizzonte  più vasto: quello della tutela dei diritti e dei beni comuni.
Con i referendum 26 milioni di donne e di uomini di questo paese hanno deciso: la gestione dell'acqua deve essere pubblica e sull'acqua non si possono fare profitti.
In Toscana e a San Casciano, quindi, i cittadini hanno bocciato il modello di gestione rappresentato da   Publiacqua, già privatizzata al 40% da un centro sinistra  che nella nostra Regione ha voluto una gestione dell'acqua di stampo privatistico. A quel modello di gestione dei servizi la maggioranza degli cittadini sancascianesi ha detto no. E' stata sonoramente sconfitta la cultura del liberismo, dell'individualismo e del consumismo, l'idea che l'intera vita delle persone debba essere assoggettata al mercato.
Publiacqua, dunque, deve tornare ad una gestione pubblica, trasparente e partecipata dalle comunità locali. A tal fine si deve convocare l'assemblea dei sindaci dell'Ato3, aperta alla partecipazione dei cittadini e dei comitati, per definire immediatamente i tempi e i modi di ripubblicizzazione del servizio e l'immediata riduzione della bolletta del 7%, quella remunerazione del capitale privato che è stata abrogata dal referendum.
Chiediamo al Sindaco e alla Giunta di San Casciano come intendono rispettare l'esito referendario e quali proposte sosterranno per non tradire le aspettative dei cittadini.
Anche la gestione privatistica del ciclo dei rifiuti è stata rimessa  in discussione dai referendum. E’ in dirittura d'arrivo il nuovo piano interprovinciale dei rifiuti per le province di Firenze, Prato e  Pistoia. Ci pare necessario che le forze politiche, anche in sede istituzionale, si esprimano chiaramente e dicano se hanno la volontà di cambiare l'attuale pianificazione tutta centrata sulla combustione dei rifiuti ed esprimere quindi la volontà di presentare un nuovo piano improntato al rispetto dei territori e delle popolazioni, che  scelga di valorizzare i materiali e non bruciarli con conseguente danno alla salute ed anche notevole perdita in termini economici.
Nel Chianti vediamo una crescente opposizione delle popolazioni locali alla previsione dell'inceneritore a Testi, l'Amministrazione di Greve in Chianti ha chiesto una moratoria per l'impianto finalizzata alla necessità di riscrivere il piano dei rifiuti abbandonando il binomio inceneritori-discariche. Invece in Sindaco di San Casciano con una posizione di assoluta retroguardia continua a sostenere l'inceneritore a Testi.
Con la nostra mozione vogliamo rimettere al centro della discussione la necessità e l'urgenza di abbandonare la scelta della combustione dei rifiuti per avviare una pianificazione centrata sulla riduzione, il riuso e il riciclo della materia  prevedendo l'utilizzo delle risorse economiche in centri di riciclo, raccolta porta a porta in area vasta e nell'incentivazione economica dei cittadini, imprese e comuni virtuosi che permetterebbe il rilancio di tutta la filiera con un conseguente indotto importantissimo per creare nuovi posti di lavoro. Partendo da queste premesse  chiediamo che l'Amministrazione di San Casciano si impegni nella ridefinizione del nuovo Piano Interprovinciale dei Rifiuti a partire dalle necessità impiantistiche precedentemente previste e quindi a partire dall'annullamento dell'inceneritore a Testi.
La gestione di un bene di vitale importanza come l'acqua e di un servizio strategico come quello del ciclo dei rifiuti rappresentano scelte fondamentali per la nostra collettività, le forze politiche dicano chiaramente in quale direzione vogliono andare.

Mozione di Laboratorio: acqua pubblica e no all'inceneritore di Testi

Il Nuovo Corriere di Firenze, 15 luglio 2011

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martedì 12 luglio 2011

La vittoria dei referendum e i nostri beni comuni


Che cosa lega un’oliveta alla Romola e l’inceneritore del Chianti ai referendum? Il 12 e 13 giugno in Italia e a San Casciano la partecipazione popolare e il voto per il SI hanno fatto vincere la difesa dei beni comuni e dei diritti collettivi: oltre il 69% degli elettori sancascianesi hanno detto no alla privatizzazione dell’acqua, hanno chiesto il diritto alla salute e alla sicurezza (contro la scelta nucleare) e hanno proclamato la uguaglianza dinanzi alla legge come valore non negoziabile.
Il dato è tanto più significativo se pensiamo al fatto che la raccolta delle firme e la campagna referendaria hanno visto la quasi totale assenza dei grandi partiti, con il PDL che per non risultare sconfitto ha lasciato “libertà di coscienza” e con il PD che si è ricordato strumentalmente del voto solo poche settimane prima e si è pronunciato per il Si scansando una seria discussione interna con il settore filonucleare e con i propri amministratori pubblici delle partecipate (che a livello locale hanno fatto pubblicamente campagna per il NO a partire proprio dal presidente di Publiacqua).
Noi pensiamo che questo voto rappresenti una sconfitta per quella cultura liberista e della deregulation che ha trovato in Italia incarnazione a livello nazionale nel cosiddetto “berlusconismo”, ma che a livello sia locale sia nazionale ha però contagiato anche il centro-sinistra: la svendita dei BENI COMUNI, la privatizzazione del servizio idrico, la distruzione del paesaggio per fare cassa con la cementificazione, sono purtroppo pratiche comuni e diffuse dell’attuale maggioranza che anche a San Casciano abbiamo tentato di contrastare.
Il voto dei cittadini, e di larga parte dell’elettorato di centro sinistra, dovrebbe portare ad una riflessione profonda e ad una rimessa in discussione di tali pratiche se davvero i partiti vogliono recuperare un rapporto con un elettorato sempre più deluso e scollato dalle scelte delle segreterie e degli apparati.
Ricordiamo la scelta scellerata, sottoscritta anche dall'Amministrazione di San Casciano, di far entrare in PUBLIACQUA la multinazionale SUEZ (attraverso ACEA di Roma), che ha di fatto privatizzato il nostro gestore dell’acqua pubblica. Noi proveremo oggi a rimettere in discussione questa scelta, forti del voto referendario, e chiederemo anche che non sia più caricato in bolletta quell’utile garantito del 7% sconfitto dal referendum. Purtroppo quel che vediamo è l'opposto delle aspirazioni collettive: si persevera in una logica di PRIVATIZZAZIONE dei beni comuni e non si considera prioritario il diritto alla salute e all'ambiente. Sconcerta che a pochi giorni dal voto, il sindaco Pescini abbia ribadito in una intervista la sua scelta ultra ideologica a favore dell’inceneritore del Chianti contro l’evidenza dei dati scientifici (sulla insalubrità di tali fabbriche di tumori) ed abbia  schierato la sua maggioranza contro i cittadini della Romola che, con una osservazione ben argomentata, hanno tentato di impedire la svendita di un terreno donato da privati alla amministrazione comunale con il vincolo di farne un giardino pubblico. Quella oliveta tra via della Liberazione e via Treggiaia verrà sbancata, gli olivi scompariranno insieme probabilmente al bel muro a retta in pietra per fare dei parcheggi e su quei terreni si realizzeranno tre villette con giardinetto privato (“inserite nel paesaggio” che hanno distrutto). Si fa cassa svendendo beni di tutti, distruggendo il paesaggio, sottraendo alla comunità locale spazi pubblici e bellezza.
L’opposto di quel che hanno chiesto trasversalmente agli schieramenti politici milioni di elettori, e che potrebbe stare a fondamento di una alternativa vittoriosa al liberalismo catastrofico che ci ha regalato l’attuale crisi mondiale.

Manovra economica e speculazioni finanziarie: il commento di Guido Viale

Uragano in arrivo
di Guido Viale

Tanto tuonò che piovve. Messa a confronto con la potenza della finanza internazionale, la situazione dell’Italia si rivela ormai ben poco differente da quella della Grecia. Non importa che i cosiddetti «fondamentali» dell’economia siano differenti. La finanza internazionale ha ormai la forza e gli strumenti, se lo volesse, per mettere alle corde persino la Germania. È da mesi che gli economisti lo sanno (o lo temono). Ma non lo dicono, per scaramanzia. Al massimo lo accennano: ma solo per chiedere più lacrime (le loro: di coccodrillo) e più sangue (quello di chi non ne ha quasi più).
Il problema è che non sanno che altro dire. Mario Draghi, per esempio, ha affermato che non ci sono precedenti di fallimento (default) di uno Stato da cui trarre insegnamenti. Intanto non è vero e, vista la posizione che andrà a occupare, sarebbe meglio che anche lui – e non solo lui – studiasse meglio il problema. Perché non c’è solo la Grecia, né solo gli Stati membri più deboli – i cosiddetti PIGS, a cui ora si è aggiunta anche l’Italia: PIIGS – a essere a rischio. Persino Obama teme il default: e non ha solo il problema, anche lui, dei tagli di bilancio: tra un po’ deve rinegoziare una fetta di debito e potrebbe non trovar più sottoscrittori disponibili come un tempo, poi deve confermare l’ultimo stock di moneta creata dal nulla: una cosa (che adesso si chiama quantitave easing) con cui gli Stati Uniti hanno dominato l’economia mondiale per sessant’anni, ma che non è detto gli riesca ancora. Neanche la Francia naviga in buone acque. E la Germania, locomotiva d’Europa, vive di export verso il resto del continente e verso la Cina. Ma se metà dei paesi membri dell’Ue sarà messa alle strette la bonanza tedesca potrebbe finire. E neanche la Cina va più tanto bene: scioperi, rivolte, aumenti salariali vertiginosi, inflazione, «bolle» finanziarie. Ben scavato vecchia talpa, direbbe Marx. Se sullo sfondo non ci fosse una crisi ambientale di dimensioni planetarie. Insomma: non c’è «aria di crisi». C’è un uragano in arrivo. Per mesi gli economisti hanno trattato Tremonti come un baluardo contro il default del paese: solo perché lui sostiene di esserlo. Ma è un ministro – il secondo della serie – che non si accorge nemmeno che la casa dove abita viene pagata, vendendo cariche pubbliche a suon di tangenti, da una persona con cui (e con la cui compagna) lui lavora da anni gomito a gomito. Affidereste a quest’uomo i vostri risparmi?
Qualcuno però ha trovato la soluzione: azzerare tutto il deficit pubblico subito. “Lacrime e sangue” ora e non tra due anni: così Perotti e Zingales sul IlSole24ore di sabato scorso. Tagliare subito pensioni, sussidi alle imprese, costi della politica; e giù con le privatizzazioni. Che originalità! Segue un bell’elenco di “roba” – aziende e servizi pubblici – da vendere subito (per decenza non hanno citato anche l’acqua). Per le manovre “intelligenti”, aggiungono gli autori, non c’è tempo. Infatti la loro proposta non è una manovra intelligente. Intanto, in queste condizioni, vendere vuol dire svendere. E azzerare il deficit non è possibile, perché poi, anche se non si emettono nuovi titoli, bisognerà rinegoziare quelli in scadenza; i tassi li farà la finanza con le sue società di rating; e non saranno certo quelli di prima. Così il deficit si ricrea di continuo, in una rincorsa senza fine. Prima o dopo il default arriva. Naturalmente, per mettere alle corde pensionati, lavoratori e welfare, e svendere il paese, ci vuole il “consenso”, ci avvertono gli autori. Per loro il consenso è il “coinvolgimento dell’opposizione”. Forse ci sarà; ma non servirà a niente.
Perché il consenso è un’altra cosa: è il coinvolgimento delle donne e degli uomini che hanno animato l’ultima annata di resistenza nelle fabbriche, di mobilitazioni nelle piazze, di occupazione di scuole e università, di campagne referendarie, di elezioni amministrative, di processi molecolari per ricostruire una solidarietà distrutta dal liberismo e dal degrado politico, morale e culturale del paese. E’ il popolo degli indignados, che ormai, con i nomi e le proposte più diverse, ha invaso la scena anche in Italia: forse con una solidità persino maggiore, dovuta a una storia più lunga, che risale indietro nel tempo, fino al G8 di Genova; e forse anche a prima. Un popolo che quel consenso non lo darà mai.
Se per Perotti e Zingales il problema è “far presto”, per altri economisti continua invece a essere la crescita: non quella che permette di ricostituire redditi e occupazione strangolati; ma quella necessaria per ricostituire un “avanzo primario” nei conti pubblici, con cui azzerare il deficit e cominciare a ripagare il debito ai pescecani della finanza internazionale; ben nascosti dietro chi ha investito in Bot qualche migliaia di euro. Questi economisti li rappresenta tutti Paolo Guerrieri sull’Unità del 10.7: “Il paese è fragile – spiega – ma la ricetta per la crescita la conosciamo tutti”. E qual è? “Concorrenza, nuove infrastrutture (il Tav?), ricerca (di che?), liberalizzazione (forse voleva dire “privatizzazione”) dei servizi (anche dell’acqua?). Cose che sappiamo – aggiunge – ce l’hanno consigliate tutti”. Paolo Guerrieri ha appreso questa ricetta dall’economia mainstream e probabilmente continuerà a insegnarla ai suoi allievi per tutto il resto della sua vita. Pensa che per tornare alla crescita, che per lui è la “normalità”, basti premere un bottone; perché il disastro attuale è solo una sua momentanea interruzione: non si sa se dovuta agli “eccessi” della finanza o all’inettitudine di Berlusconi.
Ma le cose non stanno così. In un mondo al cappio, è la finanza internazionale che fa le “politiche economiche”. Quelle che vedete. Gli Stati non ne fanno più; o ne fanno solo più quel poco che la finanza gli permette di fare; a condizione di poter continuare a speculare e a mandare in malora il pianeta. Anche “la crescita”, ormai, le interessa solo fino a un certo punto; se non c’è, poco male: per lo meno finché restano pensioni, salari, welfare, servizi pubblici e beni comuni da saccheggiare. Non è la prima volta nella storia che questo succede. Anche Luigi XIV, il Re Sole, diceva: dopo di me, il diluvio.
Adesso sta a noi – a tutti gli “indignati” che non accettano questo stato di cose e questo futuro – ricostruire dal basso quello che Stati e Governi non sono più in grado di promuovere; e nemmeno di concepire. Cioè il progetto di una società, di un sistema produttivo e di modelli di consumo condivisi, più equi, più sobri, più efficienti, più onesti; ma soprattutto le strade da percorrere – itinerari mai tracciati – per realizzarli. E tutto in un mondo che sarà sempre più – e a breve – cosparso di macerie: sociali, ambientali e morali. Ma anche di reazioni furibonde e, verosimilmente, violente (basta pensare all’occupazione militare della Valle di Susa per imporre il “loro” modello di crescita; o a quella della Campania per imporre la “loro” gestione dei rifiuti). Non sarà una passeggiata per nessuno.
Un programma per realizzare quel progetto oggi non c’è; e non c’è il “soggetto” – per usare un’espressione ormai logora – per elaborarlo e portarlo avanti. Non a caso. Perché è un programma irrinunciabilmente plurale; che può nascere solo dal concorso di mille iniziative dal basso, se saranno in grado di tradursi in proposte che consentano un coordinamento e se avranno la capacità di imporsi con la forza della ragione e dei numeri. Ci aiuta il fatto che per ciascuno di noi l’agire locale è sempre orientato da un pensiero globale. L’opposto di quello che fanno i Governi e le forze che li sorreggono. Provocano disastri globali in nome di convenienze dettate da un meschino pensiero locale. La disfatta delle cosiddetta governance europea non è altro.
Tra i criteri ispiratori della nostra progettualità c’è innanzitutto un salto concettuale: nell’era industriale lo “sviluppo” economico è stato promosso e diretto dall’aumento della produttività del lavoro. Che è andata talmente avanti che oggi è praticamente impossibile misurare il valore di un bene con la quantità di lavoro che esso contiene, anche se ci sono ancora – e sono tanti – dinosauri come Marchionne che lasciano credere di poter battere la concorrenza tedesca o cinese rubando agli operai dieci minuti di pausa, qualche ora di straordinario, o qualche giorno di malattia. Tutto ciò è avvenuto a scapito dell’ambiente e delle sue risorse, saccheggiate come se non avessero mai fine. Da ora in poi, invece, si tratta di valorizzare le risorse ambientali e renderle sempre più produttive: con la condivisione, la sobrietà, l’efficienza, il riciclo, le fonti rinnovabili, la biodiversità (ecco un modo di distinguere la ricerca che vogliamo dalle vuote declamazioni in suo favore). Perché è dall’uso più accorto delle risorse che dipenderà anche la produttività del lavoro, che non può più essere misurata in giorni, ore, minuti e secondi; ma solo con il grado di cooperazione e condivisione che quell’uso saprà sviluppare.

guidoviale@blogspot.com

 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano