giovedì 22 dicembre 2011

Laika: approvato in Consiglio Comunale l'accordo integrativo

CONSIGLIO COMUNALE SAN CASCIANO VAL DI PESA 19 DICEMBRE 2011
ACCORDO INTEGRATIVO DELLA CONVENZIONE URBANISTICA DEL 30.10.2008 TRA IL COMUNE DI SAN CASCIANO VAL DI PESA E LA SOCIETA' LAIKA PER LA REALIZZAZIONE DEL NUOVO COMPLESSO IN LOCALITA' PONTEROTTO

La delibera è stata approvata con il voto favorevole del PD e PDL e il voto contrario di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista. Assente Futuro Comune e UDC.

Intervento di Lucia Carlesi, capogruppo Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista.

ll cantiere Laika è stato aperto dopo dieci anni di procedure burocratiche che si sarebbero benissimo potute evitare se per il nuovo stabilimento fosse stata individuata fin da subito un'area industriale idonea, anziché terreni agricoli. Rendita immobiliare abbiamo detto e nessuna garanzia per l'occupazione. Infatti ancora oggi le maestranze della Laika lavorano in capannoni insalubri, senza neanche aver avuto la possibilità di utilizzare lo stabilimento di Sambuca, ottenuto anche quello con variante urbanistica ad hoc, mai utilizzato e ora messo in vendita dalla proprietà. Anche la convenzione stipulata fra Laika e Comune non prevede alcun divieto rispetto al cambio di destinazione d'uso dell'immobile, ma solo un impegno dell'azienda.
La falsa area archeologica è l'artificio tramite il quale si consente la costruzione dello stabilimento come da progetto. Sarebbe bastato rivedere la planimetria del capannone, un'operazione di buon senso certo non più complessa della realizzazione del parco archeologico fasullo, per salvare i ritrovamenti, evitando di mettere così in conflitto l'interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori.
In modo strumentale si è voluta attribuire a chi difende il territorio e il patrimonio culturale la responsabilità dei ritardi nella realizzazione dello stabilimento Laika, contrapponendo ancora una volta ambiente e lavoro, quando è chiara la responsabilità dell'amministrazione che in 10 anni non ha saputo dare una risposta concreta a questo problema
E di fronte a quella che noi riteniamo un'operazione di rendita immobiliare della multinazionale, l'amministrazione di San Casciano ha investito proprie risorse per un progetto di rimozione e ricollocazione dei reperti, che a nostro avviso non rappresenta l'interesse pubblico, e lo ha fatto senza neanche dichiarare l'impegno economico a cui dovrà far fronte per vari anni.
Questo abbiamo affermato nel nostro odg del 29 settembre nonostante l'attacco condiviso in modo bipartisan da centro sinistra, centro destra e lista civica.
Adesso, dopo la ratifica dell'accordo stipulato ad ottobre fra comune di San Casciano, Soprintendenza, Ministero, Regione Toscana e Laika, il consiglio comunale di San Casciano è chiamato a deliberare sull'integrazione alla convenzione Laika del 2008 per adeguare la convenzione stessa al progetto di rimozione e ricollocazione dei reperti etruschi e romani rinvenuti a Ponterotto.
Facciamo alcune considerazioni politiche in merito, fermo restando la nostra posizione contraria:
  1. Soltanto oggi viene comunicato al consiglio la quantificazione della spesa e si indicano le modalità di copertura attraverso un'integrazione della convenzione
  2. Riteniamo invece che fosse competenza del consiglio comunale esprimersi preventivamente su spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi
  3. Il fatto che ora tramite l'approvazione della convenzione si faccia questo passaggio in consiglio rende chiaro che i nostri dubbi e le nostre perplessità erano fondate. Se per assurdo oggi questa convenzione non fosse approvata dal consiglio, si aprirebbe una grave contraddizione rispetto all'accordo stipulato ad ottobre
  4. L'amministrazione si impegna per 100 mila euro, cifra che Laika anticipa e il comune si impegna a restituire in 10 anni. Sarebbe stato ragionevole e opportuno che il privato si assumesse l'intero onere dell'intervento, visto che i vantaggi li ha ottenuti tutti. Si interviene su un bene pubblico (i ritrovamenti) rinvenuti su area privata e anziché adeguare l'intervento edificatorio (cosa fattibilissima) si è scelta la strada della rimozione e ricollocazione che a nostro parere non può essere definita valorizzazione. I reperti vengono rimossi per consentire l'intervento inamovibile del privato e dobbiamo anche pagare per consentirlo.
Come abbiamo già sostenuto sulla base di autorevoli pareri tecnici, se i reperti sono rilevanti è assurdo pensare ad una rimozione; i ritrovamenti dovrebbero rimanere nella loro sede, il progetto del privato si adegua e allora sarebbe evidente l'interesse pubblico rispetto alla valorizzazione di un'autentica area archeologica. Invece il progetto presentato e la rimozione dei reperti determina vantaggi solo per il privato; in questo contesto ci saremmo aspettati che questo privato si facesse carico interamente dei costi, minimi se si pensa agli ingenti fondi pubblici di cui Laika ha beneficiato.100 mila euro rappresentano mediamente il costo di un camper e mezzo, com'è possibile non aver ottenuto nella contrattazione con il privato la copertura economica di tutta l'operazione?
  1. Così come desta perplessità la predisposizione del computo metrico, presentato ad agosto senza importi e senza che nessun tecnico l'abbia firmato; ora appaiono gli importi e dalla documentazione relativa alla variante comprendiamo che era stato redatto da Laika. Ad alimentare la confusione il computo metrico presentato ora si differenzia da quello allegato alla delibera di giunta dell'ottobre 2011 nella descrizione e attribuzione delle voci, ma parrebbe chiaro l'intervento del comune nell'opera di rimozione, quindi si presuppone un aggravio nell'impegno economico dell'amministrazione

Infine due ultime riflessioni di carattere generale
La prima:
è paradossale e al tempo stesso preoccupante che la voce del dissenso solo per essere tale venga definita calunnia. Si dimentica che il confronto democratico, anche quando si fa duro e aspro, è garantito se non si demonizza l'avversario, a meno che non si voglia togliere legittimità a chi fa opposizione politica e contesta scelte magari avvallate ai massimi livelli, ma non per questo esenti dal poter essere criticate. Fino ad oggi l'abbiamo chiamata democrazia.
Perché in una democrazia rappresentativa non conta unicamente chi ha il diritto/dovere di governare, Bene dunque ribadire che anche chi non ha raggiunto la maggioranza concorre a fare politica esprimendo una voce diversa, un dissenso, una controproposta che deve avere spazio e riconoscimento per alimentare un confronto di idee che è garanzia di libertà e democrazia.
E per ultimo una valutazione politica sull'intera vicenda:
Noi abbiamo rappresentato e continueremo a farlo un altro modo di coniugare diritto al lavoro e diritto all'ambiente, e abbiamo indicato un'altra modalità con cui le pubbliche amministrazioni devono lavorare in modo trasparente per l'interesse generale della collettività.
Il trasloco degli etruschi di Ponterotto è diventato un caso emblematico ed ha avuto risonanza nazionale perché ha posto chiaramente sotto gli occhi di tutti le contraddizioni e l'inadeguatezza delle politiche economiche di quelle forze di governo che proprio in Toscana svendono beni comuni e territorio, ferme ad un modello ormai superato di sviluppismo senza futuro: una cartolina della Toscana sempre più deteriorata, ci pare.

La difesa del paesaggio, del patrimonio storico e culturale, della “bellezza” di un territorio non sono né un lusso riservato a pochi, né un “capitale” da poter mettere in vendita di fronte alle logiche di un'economia di mercato sempre più devastanti, ricattatorie e rappresentative degli interessi di pochi. Costituiscono invece un valore assoluto, un bene comune non negoziabile, sul quale fondare una proposta di riconversione economica equa e sostenibile, l'unica strategia in grado di garantire qualità della vita alle nostre comunità. In questa prospettiva Il territorio è il vero patrimonio collettivo, quel valore aggiunto che va difeso piuttosto che consumato e distrutto.
Queste sono le nostre proposte che non smetteremo di sostenere, sentendoci parte di un movimento sempre più vasto che chiede grandi cambiamenti alla politica e alle istituzioni.
La vicenda Laika dimostra in modo inequivocabile la necessità di trovare risposte innovative e coraggiose per superare positivamente le contraddizioni del presente, acuite oltretutto dall'attuale crisi economica. Chi oggi si è dichiarato vincitore in questa vicenda certamente non ha salvato il passato e non ci pare all'altezza di costruire il futuro.

Lucia Carlesi

domenica 23 ottobre 2011

Marson fra le ombre etrusche. L'assessore: "Attaccano me, ma qual è il veo obiettivo?"

Corriere Fiorentino, 22 ottobre 2011


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martedì 11 ottobre 2011

Il paesaggio è pane. Ma alla sinistra piace poco

Il Corriere Fiorentino, 11 ottobre 2011

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lunedì 10 ottobre 2011

Gli Etruschi e la CGIL

Eugenio Tassini, Corriere Fiorentino, 10.10.2011

Uno stupito Alessio Gramolati si domanda sull’edizione fiorentina di La Repubblica di ieri come sia possibile di questi tempi (fabbriche che chiudono, operai in cassa integrazione, economia che stenta, investimenti che non arrivano) perder tempo a discutere di quattro cocci etruschi e romani trovati in mezzo al campo dove la Laika (d’accordo il Comune di San Casciano), vorrebbe costruire il suo nuovo stabilmento. Si perde inutilmente tempo (dieci anni) e si rischia di far perdere la pazienza ai manager e ai padroni della multinazionale tedesca. Fin qui Gramolati potrebbe anche aver ragione.

Sicuramente l’aveva un tempo, quando la sensibilità e l’attenzione per il consumo del nostro territorio era un valore meno importante di altri. Però poi, proprio alla fine, il segretario della Cgil si lascia un pò andare. E dopo aver scritto che non ha nulla contro gli etruschi (e ci mancherebbe altro), «popolo gaudente e laborioso», sostiene che il ritardo nella costruzione della fabbrica di camper è colpa di quelli che vedono la Toscana «unicamente come terra di buon ritiro, e non regione dove investire». Insomma quelli coi golfini di cashmere e il rustico ristrutturato in collina. Che sarebbbero poi gli stessi che non vogliono la Tirrenica costruita sull’Aurelia che taglia in due la Maremma, il rigassificatore a Rosignano davanti ai bagni, i campi «coltivati» a pannelli solari, il resort al parco di Rimigliano, i tralicci di Terna sulle colline del Valdarno, le pale eoliche davanti a Viareggio. Oppure che si fermano alle Cascine un momento a guardare quanto è brutta la scatola grigia del Nuovo Maggio.

La questione è più drammatica della contrarietà di quattro vecchietti ricchi in collina che non vedono più bene il tramonto. E purtroppo per Gramolati coinvolge tutti noi, anche se non abbiamo cashmere e villette, e neanche tramonti. Però abbiamo scoperto la bellezza, e che anche questa è una risorsa. Una volta era semplice: se un grande imprenditore voleva investire gli davi quello che voleva, consumavi (a volte sciupavi) la tua terra (anche per sempre), ma avevi lavoro. Oggi sono cambiati la nostra sensibilità, attenzione, sistema di valori.

La Solvay si è inventata Rosignano, e ha dato di che vivere a migliaia di persone. Ma oggi nessuno si sognerebbe di consegnare un pezzo di costa e di bellezza e di spiagge a una fabbrica anche se importante. Così siamo tutti stretti fra la necessità di lavorare (e pensare a uno sviluppo industriale) e l’urgenza di conservare quel che ci resta di bellezza, di storia, di cultura, di Toscana insomma.

In realtà, e qui sta l’errore di Gramolati, in entrambi i casi si pensa al futuro. E la soluzione non è scegliere fra Laika e etruschi, ma scegliere Laika e etruschi.

sabato 8 ottobre 2011

Gli ambientalisti non faranno da capro espiatorio

La repubblica, 8 ottobre 2011

venerdì 30 settembre 2011

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI - comunicato di solidarietà della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI …

Personalmente e a nome della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio esprimo piena solidarietà a Lucia Carlesi, consigliere comunale di San Casciano per il gruppo Laboratorio per un’altra San Casciano – Rifondazione Comunista, che nel corso di una movimentata seduta, nel pomeriggio del 29 settembre, è stata oggetto di violenze verbali, di insulti e di un vero e proprio tentativo di linciaggio politico.

L’occasione è stata la discussione su un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi a proposito dei reperti archeologici (etrusco-ellenistici, romani, settecenteschi) venuti alla luce nel corso della costruzione del nuovo stabilimento Laika Caravans al Ponterotto (sulla vicenda tutta la documentazione è reperibile su: archeopatacca.blogspot.com). L’ordine del giorno è stato spostato al primo posto per dar modo a un folto gruppo di dipendenti Laika di partecipare alla seduta, con cartelli e striscioni dentro e fuori la sala comunale. In questo modo si è voluto mettere in violenta contrapposizione chi difende il patrimonio culturale del territorio da chi difende il posto di lavoro, scaricando sugli ambientalisti la responsabilità dei ritardi nella realizzazione del progetto Laika, che prese il via ormai dieci anni fa.

Davvero la colpa dei ritardi è degli ambientalisti? Non sapevamo di essere così potenti … Ma andiamo con ordine: la trattativa per l’acquisto del terreno da parte di Hymer AG, la multinazionale tedesca che aveva rilevato l’azienda della Sambuca, iniziava nel 2001, sotto la guida del Sindaco di San Casciano e con l’accordo dei sindacati. Il terreno, di circa 15 ha (di cui 10 in fondovalle), era a destinazione agricola e quasi tutto faceva parte della fattoria di Sorbigliano, un’azienda agricola in perenne crisi. Il consiglio di amministrazione di Laika ne deliberava l’acquisto il 9 settembre 2002, e il consigliere delegato assicurava che i lavori si sarebbero conclusi (addirittura!) entro l’estate del 2004, mentre per il momento nessun atto ufficiale prevedeva il cambio di destinazione. Nell’estate del 2004 finiva però la legislatura, lasciando in eredità soltanto una mozione approvata dal Consiglio Comunale che auspicava il trasferimento di Laika al Ponterotto. La nuova amministrazione si impegnava in una complicata procedura urbanistica, barcamenandosi fra un Piano Strutturale appena adottato (ma non approvato, e poi abbandonato) e un vecchio PRG. Si scelse la via della variante a quest’ultimo, che venne adottata dopo ben due anni, nell’agosto del 2006. Ed è solo in questa fase che le associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF, Italia Nostra) entrano in campo presentando una serie di osservazioni, come previsto dalla legislazione regionale. Da notare che una di queste osservazioni segnalava che la variante mancava del tutto della necessaria verifica cartografica di dettaglio, perché era disegnata in scala 1:10.000: ma neppure questa osservazione fu presa minimamente in considerazione, mentre un serio rilievo del terreno avrebbe consentito già allora l’indagine di archeologia preventiva.

A questo punto le associazioni ambientaliste hanno provato, inutilmente, a fermare l’operazione, denunciando la ferita che un capannone così grande (300.000 mc!) avrebbe inferto al territorio e proponendo alternative in zone industriali vicine: alla stessa Sambuca, dove nel frattempo si liberavano numerosi spazi, o alla Zambra in comune di Barberino, per non parlare delle aree industriali in val d’Elsa, dove si è formato il vero e proprio distretto della camperistica. Nessuno ha mai sostenuto che Laika non dovesse costruire un nuovo capannone, ma si contestava la scelta del Ponterotto. Si contestava con ricorsi ed esposti: che non hanno minimamente inciso sui tempi della progettazione del capannone stesso. Forse era l’azienda che non aveva molta fretta? Fatto sta che per la concessione edilizia dobbiamo aspettare il 2008, e per l’approvazione di un’ulteriore variante (richiesta dall’azienda stessa) il 2009. Ed eccoci al presente: appena cominciamo i lavori, nel 2010, saltano fuori i reperti.

Tutti sapevano, al Ponterotto, che quella era una zona “sensibile” all’archeologia, bastava grattare il terreno per trovare dei cocci: l’indagine preventiva (che evidenzia le strutture murarie) avrebbe evitato di trovarsi impreparati proprio al momento in cui i lavori dovevano iniziare. I lavori del cantiere venivano seguiti giorno per giorno da chi si aspettava che qualcosa venisse fuori: e siccome quei reperti non passavano inosservati fu necessario coinvolgere la Soprintendenza: altro tempo perso, che non dipendeva certo dagli ambientalisti, i quali stavano a vedere e aspettavano di capire quali fossero gli sviluppi della situazione.

Ma da questo momento in poi, per più di un anno, della questione non si sa più niente, in Comune si trincerano dietro un “è tutto in mano alla Soprintendenza”, alla Soprintendenza rispondono con un “lasciateci lavorare, è tutto sotto controllo”. Fino a scoprire, ma soltanto nello scorso agosto, che era già stato proposto (da Laika) e autorizzato (dal Ministero) il trasferimento dei reperti in altra sede. Di questo trattava, appunto l’ordine del giorno di Carlesi: se è vero, come sostengono gli archeologi più qualificati, che il trasferimento fuori dal contesto di reperti di questo tipo non ha senso, perché accordarsi (in gran segreto) per un finto parco archeologico, con una forte spesa da parte del Comune, e nuovi ritardi di mesi e mesi, invece di adeguare il progetto del capannone, che fra l’altro non sembra nemmeno destinato a utilizzare tutti i 20.000 mq della superficie utile? Oppure, ci dicevano gli stessi archeologici, se i reperti non hanno grande valore, si faccia il rilievo e poi si ricoprano, come si fa in tante situazioni, o si distruggano, se ci si vuole prendere la responsabilità di farlo. Come ha detto la presidente di Confindustria toscana, perché quattro sassi devono intralciare un progetto così rilevante?

E qui veniamo alla seduta del Consiglio Comunale. Lucia Carlesi è rimasta da sola con il suo ordine del giorno, contro destra e sinistra, padroni, sindacati e operai. Una vera e propria ammucchiata, che il Sindaco Pescini ha avuto la sfacciataggine di definire “la vera comunità di San Casciano”. Nel Consiglio Comunale Carlesi era sola, ma al di fuori non lo è, come dimostra la partecipazione sulla rete, sul blog e su Facebook. E’ vero, su oltre 500 iscritti al gruppo Fb, molti non sono sancascianesi: ma è proprio questo che conta. Se alziamo un momento lo sguardo dal campanilino del paese e guardiamo un po’ più in là, ci accorgiamo che è il Comune di San Casciano ad essere isolato: si veda l’articolo di Salvatore Settis, il più autorevole esperto di paesaggio, del 28 settembre scorso su la Repubblica, dove la vicenda del Ponterotto è citata come scempio di portata nazionale. La scelta di volere per forza un insediamento industriale di quella portata dentro i propri confini comunali è miope e campanilistica, se non vogliamo pensare ancora peggio. Se i lavoratori Laika stanno ancora aspettando questo benedetto trasferimento, dopo dieci anni, devono solo ringraziare i propri rappresentanti politici e sindacali.

30 settembre 2011,
Claudio Greppi per la Rete dei Comitati

Comunicato stampa delle associazioni ambientaliste

20 settembre 2011

Ieri sera a San Casciano, in un consiglio comunale teso e “blindato”, i gruppi consiliari (sia di destra sia di sinistra) hanno rigettato la mozione della consigliera di opposizione Lucia Carlesi, che chiedeva con solidi argomenti tecnici, scientifici, legali ed economici di fermare la procedura di rimozione dei reperti archeologici a Ponterotto, con ciò rappresentando il sentire non solo delle associazioni ambientaliste e di chi ha a cuore la tutela dei beni culturali, ma anche di quella grande parte di opinione pubblica che vuole una economia sostenibile e rispettosa dei beni comuni.

La delibera di giunta appare irregolare sotto molti punti di vista, al limite dellla nullità: si mette a carico delle casse comunali una grande quantità di lavori finalizzati al “trasloco” dei reperti, ma non si dice quanto questo costerà ai cittadini (il computo senza cifre allegato alla convenzione enumera opere che da un calcolo sommario da noi fatto su una decina di voci sicuramente supera i 100.000 euro), non si spiega da quali capitoli di spesa verranno prese le risorse e soprattutto non si spiega bene quale interesse pubblico esista nel pagare i tecnici che sovrintendono (in una proprietà privata) alla documentazione e alla organizzazione dei lavori di demolizione di un sito archeologico. Di più, tutto questo appare corredato di un documento di regolarità contabile che non si capisce a cosa si riferisca, visto che non c’è una sola cifra dichiarata.

Con quella delibera di fatto la giunta di San Casciano autorizza un tecnico di servizio a prendere accordi economici per non si capisce quali importi.

Con una dichiarazione incredibile il sindaco Pescini ha affermato in consiglio che le cifre saranno messe dopo che privati e enti sovraordinati avranno firmato l’accordo: in tal modo il Comune (ed i cittadini) si troverebbe a dover far fronte a spese addirittura pluriennali non si capisce da chi decise, in una logica di esproprio del Consiglio comunale (unica istituzione a ciò abilitata dalla legge).
Ma di tutto questo ieri sera non si è discusso.

Come non si è discusso nel merito delle argomentate critiche che archeologi di rilevanza nazionale hanno indirizzato all’intervento (per ultimo Salvatore Settis), ridicolizzati al punto che alcuni consiglieri hanno strappato applausi dichiarando che se fossero stati loro sulle ruspe “quelle pietre” le avrebbero direttamente spazzate via…

Il consiglio comunale è stata una rassegna di interventi platealmente demagogici tesi a ridicolizzare la rilevanza dell’ambiente, dei beni culturali , del paesaggio, di una agricoltura sostenibile, messi in antagonismo CON IL LAVORO: quel capannone sembra il futuro del Chianti, e nessuno si accorge che LAIKA vive la pesante crisi mondiale ed europea della camperistica, ha ridotto i propri fatturati AL DI SOTTO DI QUELLI DI 10 anni or sono (secondo quanto dichiarato ieri sera dagli stessi lavoratori), e non ha nessun bisogno oggi di quelle superfici che sono IL TRIPLO DI QUANTO OGGI è realmente in produzione. Gli ambientalisti sono stati addirittura accusati di aver provocato loro un ritardo di 10 anni nella costruzione dello stabilimento con le loro critiche, ritardo dovuto ai pasticciati percorsi individuati per regolarizzare la trasformazione di terreni agricoli individuati e acquistati fuori da ogni pianificazione con la promessa di futura edificabilità.

Dispiace che i lavoratori LAIKA massicciamente presenti e organizzati in platea abbiano creduto alla demagogia di chi trasforma gli affari immobiliari della Hymer in garanzie sicure di lavoro, come fu a suo tempo per i dipendenti della STIANTI (che ottenne un enorme volumetria nel centro di San Casciano sotto il ricatto della occupazione, salvo poi mandare a casa i propri dipendenti una volta realizzato l’affare). A suo tempo fu chiesto da chi si opponeva al progetto che almeno i lavoratori fossero tutelati con una clausola di convenzione che vincolasse la Hymer a mantenere i livelli occupazionali ATTUALI pena la decadenza della concessione dei volumi aggiuntivi, ma quella richiesta fu bocciata dalla Amministrazione comunale (che oggi si presenta a paladina del lavoro) come vessatoria della libertà di impresa.

Crediamo che lo stabilimento Laika sarebbe stato già realizzato da anni in maniera rispettosa dell’ambiente, dando risposte concrete e non demagogiche alle esigenze dei lavoratori, se per 11 anni l’amministrazione comunale e la Hymer non avessero perseguito con forzature e procedure ad hoc quella localizzazione.

Crediamo che difendere i beni comuni, tra i quali sono anche il paesaggio e i beni archeologici e culturali, sia invece la vera garanzia di un futuro e di un lavoro per i nostri figli, e continueremo a farlo opponendoci ad un atto che appare oltre che sbagliato anche palesemente viziato da irregolarità.


LEGAMBIENTE circolo IL PASSIGNANO
WWF Firenze
RETE DEI COMITATI
ITALIA NOSTRA Firenze

giovedì 29 settembre 2011

Le associazioni a Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana

AL PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA Enrico Rossi
Alla Giunta Regionale Toscana
Ai lavoratori LAIKA
Alla RSU LAIKA



In questi giorni la Regione deve decidere su una questione importante, controversa e difficile, che riguarda la tutela dell’interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che può essere anche una risorsa economica fondamentale dal punto di vista turistico.

Nell’area destinata alla costruzione del nuovo stabilimento LAIKA a San Casciano sono emersi reperti etruschi e romani. Tali reperti vengono così descritti nel “PROGETTO di VALORIZZAZIONE DEI SITI ARCHEOLOGICI E DEL PARCO SPORTIVO “LA BOTTE” ATTRAVERSO UN SISTEMA INTEGRATO DI SEGNALETICA TURISTICA” presentato dalla Amministrazione Comunale di San Casciano a bando di finanziamento e che ha ottenuto un contributo di 68.000 di euro con atto del GAL START n°8/313AA del 29/03/2011: “Il territorio di San Casciano è stato disegnato dalle presenze antropiche che lo hanno caratterizzato fin da tempi preistorici, testimoniate dalla presenza di ben 40 siti di interesse archeologico …. Fra gli altri, si distinguono tre siti di significativo interesse archeologico risalenti al periodo etrusco-romano, ubicati lungo la fertile pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: la struttura funeraria etrusca di Sant’Angelo a Bibbione (VII sec. a.C.), l’insediamento etrusco di Poggio La Croce (VII-V sec. a. C.), l’insediamento etrusco-ellenistico di Ponterotto (IV-III sec. a.C.). Il paesaggio chiantigiano che si estende attraverso tali siti archeologici merita di essere conosciuto e valorizzato all’interno di un circuito turistico,….

Questo “sito di significativo interesse archeologico” viene invece smantellato con successivo “progetto di rimozione” deliberato dalla medesima amministrazione comunale nell’agosto 2011 e diventa “…alcune pietre di origine etrusca” che “certo ambientalismo in cashmere” non vuol spostare rischiando di” bloccare un investimento di 30 milioni di euro di LAIKA” nelle parole della Presidente di Confindustria Toscana.

Abbiamo un’altra idea di quel che è uno sviluppo sostenibile del territorio toscano, e ci dispiace rilevare la miopia dell’Associazione Industriali (che in teoria rappresenta anche gli interessi del settore turistico) la quale vede nei beni culturali un semplice impiccio invece che una grande opportunità. Ma siamo ancor più dispiaciuti del vedere accodarsi a questa miope idea le rappresentanze sindacali di LAIKA, che in un loro comunicato attaccano movimenti ambientalisti e comitati locali.

Per dovere di verità, ci sentiamo di dover rispondere ad alcune affermazioni, senza nessuna intenzione polemica nei loro confronti in quanto riteniamo che una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.

Il comunicato RSU dichiara che la richiesta di salvaguardia dell’area archeologica mette a rischio, un «investimento che potrebbe dare serenità a tutti i dipendenti Laika e creare opportunità di lavoro». La Rsu fa anche riferimento alla recente notizia secondo cui la famiglia Hymer, il gruppo tedesco di cui fa parte Laika, avrebbe deciso di riacquisire il controllo completo, acquistando le azioni sul mercato, per un totale di 38 milioni. Un segnale «inequivocabile circa la volontà del gruppo di investire in un progetto industriale concreto». E concludono: «Non possiamo permetterci altri ritardi a causa di comitati”.


Ci sembra necessario puntualizzare quanto segue:

• Il 9 settembre 2002 il Consiglio di Amministrazione di Laika Caravans S.p.A. – da poco acquistata dalla tedesca HYMER AG - deliberava l’acquisto del terreno del Ponterotto per la somma di 3.5 milioni di euro. Il capannone appena finito di costruire alla Sambuca con variante del Comune di Tavarnelle (Laika 3) veniva messo in vendita per una cifra compresa fra i 12 e i 13 milioni di euro. Il consigliere delegato Heinrich Dumpe assicurava che il trasferimento nella nuova sede del Ponterotto sarebbe stato realizzato entro l’agosto del 2004. Solo uno dei consiglieri, il prof. Sergio Pivato della Bocconi, avanzava qualche dubbio sui rischi che l’operazione comportava e chiedeva se non fossero state previste alternative. I rischi non riguardano certamente l’eventuale presenza di comitati ambientalisti, ma la stessa complessità di un’operazione che trasforma un terreno agricolo in terreno industriale, al di fuori da qualsiasi strumento urbanistico.

• E infatti per procedere ad una variante ad hoc bisogna aspettare il 2006, poi ci vogliono ancora due anni per approvare il progetto, poi ancora un anno per una variante: e arriviamo al 2009. Il progetto è stato fermo a causa delle procedure arzigogolate introdotte per “regolarizzare” l’uso di terreni agricoli acquistati in una zona del tutto inadatta a quello stabilimento procedure oltretutto onerose e complesse. Se davvero esisteva la URGENZA imprenditoriale di avere quelle volumetrie, le si poteva realizzare da anni in altre zone industriali già infrastrutturate presenti nel territorio (per esempio a Barberino o a Poggibonsi). Evidentemente al gruppo Hymer interessa più l’investimento immobiliare che non la produzione.

• LA Hymer ha chiesto una superficie di 32.000 mq che è più del doppio della superficie attualmente in produzione (senza contare le superfici esterne impermeabilizzate per fare parcheggi). Nei fatti LAIKA ha perso occupati passando da 250 dipendenti nel 2003 (il massimo decennale) a 189 nel 2010, ha perso produzione calando a 55 milioni di euro nel 2010 rispetto ai 71 del 2000. Il progetto esecutivo depositato in Comune prevede una terza parte circa del capannone attrezzata e per il resto una enorme superficie vuota (in attesa di vendita? Forse con la prospettiva di lucrarci come già fatto con il capannone Laika 3, mai entrato in produzione?) Non siamo noi ambientalisti a mettere in crisi LAIKA ma gli andamenti del mercato europeo e nordamericano, che hanno visto crollare la domanda. Il nuovo capannone non risponde a pressanti esigenze produttive visto che le stesse previsioni aziendali parlano per il 2011 di una crescita possibile del fatturato che non recupererà tutte le perdite di mercato del passato. Mettere in discussione volumetrie o profili o localizzazione dell’edificio non può quindi essere un tabù.

• La Hymer aveva sovradimensionato anche il proprio stabilimento tedesco (investimento di 16 milioni di euro) trovandosi poi nel 2009 a far pagare ai lavoratori tedeschi il costo della crisi e dell’errore (600 posti di lavoro in meno) pur di mantenere comunque dividendi agli azionisti della Hymer (per l’80% di proprietà della famiglia Hymer). L’andamento decennale degli utili di esercizio dei bilanci LAIKA vede a parità di produzione incrementi o decrementi dell’ordine del 30%. Basti pensare che se nel 2001 con 42 milioni di valore produzione LAIKA realizza un utile di 711.000 di euro, mentre nel 2009 con 51 milioni di valore produzione ha avuto un disavanzo di esercizio di 3,5 milioni. Non capiamo quindi quale fiducia sia possibile avere in una operazione di rastrellamento azionario che sicuramente tutelerà ancor meglio gli interessi della proprietà ma che NON NECESSARIAMENTE si lega ad un rilancio produttivo, in quanto l’obbiettivo di ripartire dividendi è del tutto scollegato da quello di valorizzazione delle risorse produttive.

• La Hymer ha licenziato in tutta Europa, ed ha addirittura smantellato nell’anno passato la HYMER FRANCE in Alsazia, il marchio ERIBA (fallimento dichiarato a marzo 2010, 190 dipendenti sul lastrico ”colpevoli” per la Hymer di comportamenti sindacali giudicati troppo conflittuali), a fronte di un calo globale della produzione di HYMER AG : da 26000 a 19000 autoveicoli a inizio 2010, perdite dichiarate di 40 milioni di euro. L’azienda LAIKA dimostra sicuramente un grande dinamismo: vediamo per esempio i finanziamenti pubblici che questa azienda sta rastrellando (750.000 euro solo di fondi strutturali per l’innovazione di prodotto), ma vediamo anche il rischio che HYMER cerchi di far pagare ai contribuenti italiani e ai lavoratori i costi di una ristrutturazione che viene dopo anni di utili e dividendi ripartiti fra gli azionisti. In tale contesto, l’operazione immobiliare a Ponterotto non ci sembra certo una partita dettata dall’urgenza di por fine a dieci anni di inutili attese per passare a una nuova stagione produttiva (il trasferimento dei reperti archeologici comporterà comunque altri due anni di lavori!), tantomeno ci pare corretto paragonarla con la costruzione della diga di Assuan come ha fatto la presidente di Confindustria toscana (dimenticando che quella era, per quanto controversa, una OPERA PUBBLICA) ; siamo piuttosto di fronte ad una scelta legata all’investimento sul MATTONE, alla RENDITA IMMOBILIARE, come, secondo i dati CGCIA di Mestre sull’uso dei finanziamenti all’impresa, continuano a fare aziende medie e grandi a scapito della innovazione e della produzione materiale.

Infine, non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l’intervento con cospicue risorse del Comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente INTERESSE PUBBLICO: invitiamo su questo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell’impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell’ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di BENI COMUNI fondamento di una economia equa e SOSTENIBILE che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli.


LEGAMBIENTE circolo Il Passignano
WWF Firenze
Rete dei Comitati per la difesa del territorio
ITALIA NOSTRA Firenze

Consiglio comunale: si invita tutti a partecipare

OGGI, giovedì 29 settembre 2011 a partire dalle h17 si terrà la seduta del consiglio comunale.
Tra i punti all'ordine del giorno anche la questione dei reperti archeologici rinvenuti nell'area del cantiere Laika al Ponterotto.

INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE!

L'inizio del CC è alle 17, ma non è possibile dare un orario preciso per la discussione del punto in oggetto.


RIMOZIONE DEI REPERTI ARCHEOLOGICI A SAN CASCIANO: SOSPENDIAMO E PROVIAMO A RIPENSARCI.
Il nostro gruppo consiliare presenta al prossimo consiglio comunale un ordine del giorno sui reperti rinvenuti nell'area del cantiere Laika.

La valle della Pesa, a Ponterotto, ha custodito come in uno scrigno, un tesoro di 2000 anni, un frammento di storia del nostro territorio e della nostra gente: i reperti archeologici emersi durante gli scavi per il cantiere Laika rappresentano un patrimonio importante che abbiamo il dovere di tutelare oggi perché anche domani questa testimonianza possa continuare ad essere patrimonio di tutta la comunità.
L'amministrazione di San Casciano invece di rendere possibile la tutela massima dei ritrovamenti, obbligando il privato ad adeguare il proprio intervento al mantenimento dei reperti in situ, ha accettato la proposta della multinazionale Hymer di rimuovere l'intero complesso edificato e riposizionarlo in un'area al di fuori del perimetro interessato dai lavori edili, definendo questa scelta una “valorizzazione” dei reperti. Addirittura investe soldi pubblici e proprie risorse (in un momento di grave crisi e di contrazione dei servizi) per coprire il costo ingente di ricostruzione della falsa area archeologica. Tutto ciò negando trasparenza e informazione, durante un iter autorizzativo durato più di un anno.
In realtà smantellare muri, ciottoli e fondamenta del fabbricato etrusco e della villa romana e andarli a ricomporre altrove creando un'area archeologica fasulla snaturerà completamente il valore dei ritrovamenti, si perderà per sempre l'autenticità della testimonianza storica.
Non a caso succede tutto questo. Ancora una volta si dimostra quanto fosse sbagliato il percorso iniziato dall'Amministrazione di San Casciano oltre dieci anni fa, finalizzato a localizzare il nuovo stabilimento Laika a Ponterotto, Allora il risultato fu un'operazione di rendita immobiliare che ha garantito soltanto la multinazionale Hymer, ma che niente ha avuto e ha a che fare con l'interesse della collettività e del territorio, tanto meno sono stati tutelati i lavoratori. Oggi assistiamo all'ennesima forzatura e si arriva addirittura a prevedere lo smantellamento di un'area archeologica pur di garantire l'intervento privato. Sarebbe una scelta ancora una volta perdente: cancelleremmo una traccia significativa del passato, un bene comune assoluto rappresentativo del patrimonio culturale e paesaggistico e nello stesso tempo un altro bene comune, la dignità del lavoro e dei diritti non avrà nessuna garanzia; la Hymer da anni perde occupazione e produzione e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi. Rimane la grave responsabilità di chi, non attuando una pianificazione corretta del territorio. ha messo ancora una volta in contrapposizione ieri l'ambiente oggi il patrimonio archeologico con i diritti del lavoro.
Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenta un ordine del giorno al prossimo consiglio comunale del 29 settembre per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto con la quale l'Amministrazione di San Casciano ha deciso lo smontaggio dei reperti. Crediamo sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto sia in consiglio comunale, sia nelle commissioni consiliari e favorire un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per individuare scelte alternative che salvaguardino la nostra storia.

Settembre 2011, Gruppo Consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista

Gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano/Rifondazione Comunisti Italiani

Vicenda Laika - Laboratorio chiede la revoca della delibera dello smontaggio dei reperti


Il Nuovo Corriere di Firenze, 28 settembre 2011

Opposizioni al contrattacco sulla vicenda Laika. Nel corso della seduta del Consiglio, che si svolgerà domani, il gruppo Laboratorio per un'altra San Casciano/PRC, presenterà infatti un ordine del giorno per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto, quella con la quale l'amministrazione comunale di SanCasciano ha deciso lo "smontaggio" dei reperti del cantiere Laika in località Ponterotto...

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mercoledì 28 settembre 2011

CHI VUOL SVENDERE I MONUMENTI

Salvatore Settis con Giorgio Napolitano


Di Salvatore Settis, La Repubblica, 28 settembre 2011

Saldi di fine stagione per paesaggio e patrimonio artistico. Nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino.

Nel grande (e irrealizzato) progetto che si incarnò nella Costituzione del 1948, l´idea di un´Italia giusta, libera e democratica s´impernia sulla condivisione di beni comuni, intesi come proprietà di tutti i cittadini e garanzia di attuabilità del disegno costituzionale. Tali sono prima di tutto i beni del Demanio, elemento costitutivo di uno Stato sovrano; tali sono i beni pubblici indirizzati a scopo di utilità sociale (per esempio per scuole, ospedali, musei); tale è l´ambiente e il paesaggio, scenario della nostra vita individuale e sociale e strumento di salute fisica e mentale (o di patologie); tale è il patrimonio artistico come memoria storica.

Di qui l´articolo 9 della Costituzione, secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», e deve farlo in modo identico dalle Alpi alla Sicilia. Essenziale alla legalità repubblicana, questo principio si lega ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2), al «pieno sviluppo della personalità umana» (art. 3), alla tutela della salute «come fondamentale diritto dell´individuo e interesse della collettività» (art. 32). Il bene comune non comprime, ma limita i diritti di privati e imprese: alla proprietà privata deve essere «assicurata la funzione sociale» (art. 42), la libertà d´impresa «non può svolgersi in contrasto con l´utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41). Contro questa architettura di valori è in atto un feroce attacco. Smontando l´art. 41 si vuole una libertà d´impresa senza limiti: e dunque anche in contrasto con l´utilità sociale, anche se calpesta sicurezza, libertà, dignità umana. L´indegna farsa del "federalismo demaniale" già devasta l´orizzonte dei beni comuni.

Un esempio, Agrigento. Atto I: il 4 agosto la Regione Sicilia annuncia che lo Stato ha ceduto alla Regione la Valle dei Templi, che diviene «patrimonio dei siciliani». Atto II: il 31 agosto il sindaco mette all´asta la Valle dei Templi, con l´idea di «cederla ai privati, affittarla a grandi multinazionali, a griffe internazionali». Ma di chi erano i templi di Agrigento prima della "legittima restituzione ai siciliani"? Erano di tutti gli italiani, dai siciliani ai veneti; come le Dolomiti (ufficialmente valutate 866.294 euro) erano proprietà dei veneti, ma anche dei siciliani. Lo spezzatino dei beni pubblici, ridistribuiti su base regionale o comunale per favorire il secessionismo leghista, svuota il portafoglio proprietario degli italiani, ci rende tutti più poveri.

Massimo simbolo della cultura italiana della tutela è l´ordine del Real Patrimonio di Sicilia del 21 agosto 1745, che simultaneamente impose la conservazione delle antichità di Taormina e dei boschi del Carpinetto ai piedi dell´Etna: prima norma al mondo in cui la tutela del paesaggio e quella del patrimonio artistico sono tutt´uno, secondo una linea che giungerà fino alla Costituzione. Eppure la Regione «intende privatizzare, per far cassa, il patrimonio boschivo e forestale siciliano» (La Sicilia, 23 agosto). In questa generale devastazione, il depotenziamento delle Soprintendenze mediante il blocco delle assunzioni e il taglio dei fondi (ne ha scritto su queste pagine, l´8 settembre, Francesco Erbani) colpisce la tutela alla radice.

Ma che cosa c´è da aspettarsi da un Ministero che ormai espressamente invita non a proteggere il paesaggio, ma a genuflettersi davanti alle imprese? Lo dice chiaro e tondo un documento del 13 ottobre 2010, che in materia di autorizzazione paesaggistica invita sfacciatamente i soprintendenti a «pervenire ad espressioni di pareri la cui formulazione si configura come una prescrizione di buone maniere», evitando come la peste «pareri che siano in contrapposizione alle proposte progettuali».

Esempio estremo di questa deriva (auto)distruttiva è, nella Toscana un tempo "rossa", la vicenda di uno scavo archeologico a San Casciano in Val di Pesa. Importanti resti di edifici ad uso abitativo e agrario di età etrusca e romana, ancora inediti, sono emersi durante i lavori per l´estensione di uno stabilimento della multinazionale Laika Caravans. Fino a pochi anni fa una scoperta come questa avrebbe comportato la salvaguardia dei reperti in situ, e obbligato la ditta a spostare altrove i suoi capannoni. Ma il Comune (governato da una giunta di "sinistra") ha adottato la cultura delle "buone maniere", cioè della resa alle imprese, e ha stretto con Laika un accordo per sfrattare l´archeologia in favore dei capannoni, smontando fattoria etrusca e villa romana per spostarle in un "parco archeologico" fasullo che i comitati locali hanno subito battezzato "archeopatacca". [n.d.R., il grassetto è nostro]

Il modello è chiaro:
si applica all´area archeologica lo scambio di volumetrie già previsto da perfidi codicilli del recente decreto sviluppo, il principio di «libera cubatura in libero Stato», secondo il quale ogni terreno, anche inedificabile, è per sua natura dotato di una "capacità edificatoria" virtuale che può formare oggetto di diritti, essere venduta o scambiata con nuove edificazioni. Così, ha commentato Il Sole (24 agosto), «in nome della giustizia economica, sui terreni agricoli piomberanno d´incanto milioni di euro di nuove cubature». Anche sui terreni archeologici, a quel che pare: basta rimontare i ruderi altrove, come assemblando mattoncini Lego.

Alla cultura della tutela si sostituisce il più volgare mercatismo parassitario, e sfrattare gli Etruschi diventa una virtù. Interessante principio: che anche i Templi di Agrigento, finalmente "restituiti ai siciliani" a cui gli italiani li avevano rubati, possano essere smontati e trasferiti da una multinazionale, regalando ai "legittimi proprietari" qualche scampolo di "capacità edificatoria"?


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martedì 27 settembre 2011

Rimozione dei reperti archeologici a San Casciano: sospendiamo e proviamo a ripensarci.

Il nostro gruppo consiliare presenta al prossimo consiglio comunale un ordine del giorno sui reperti rinvenuti nell'area del cantiere Laika.

La valle della Pesa, a Ponterotto, ha custodito come in uno scrigno, un tesoro di 2000 anni, un frammento di storia del nostro territorio e della nostra gente: i reperti archeologici emersi durante gli scavi per il cantiere Laika rappresentano un patrimonio importante che abbiamo il dovere di tutelare oggi perché anche domani questa testimonianza possa continuare ad essere patrimonio di tutta la comunità.

L'amministrazione di San Casciano invece di rendere possibile la tutela massima dei ritrovamenti, obbligando il privato ad adeguare il proprio intervento al mantenimento dei reperti in situ, ha accettato la proposta della multinazionale Hymer di rimuovere l'intero complesso edificato e riposizionarlo in un'area al di fuori del perimetro interessato dai lavori edili, definendo questa scelta una “valorizzazione” dei reperti. Addirittura investe soldi pubblici e proprie risorse (in un momento di grave crisi e di contrazione dei servizi) per coprire il costo ingente di ricostruzione della falsa area archeologica. Tutto ciò negando trasparenza e informazione, durante un iter autorizzativo durato più di un anno.

In realtà smantellare muri, ciottoli e fondamenta del fabbricato etrusco e della villa romana e andarli a ricomporre altrove creando un'area archeologica fasulla snaturerà completamente il valore dei ritrovamenti, si perderà per sempre l'autenticità della testimonianza storica.

Non a caso succede tutto questo. Ancora una volta si dimostra quanto fosse sbagliato il percorso iniziato dall'Amministrazione di San Casciano oltre dieci anni fa, finalizzato a localizzare il nuovo stabilimento Laika a Ponterotto, Allora il risultato fu un'operazione di rendita immobiliare che ha garantito soltanto la multinazionale Hymer, ma che niente ha avuto e ha a che fare con l'interesse della collettività e del territorio, tanto meno sono stati tutelati i lavoratori. Oggi assistiamo all'ennesima forzatura e si arriva addirittura a prevedere lo smantellamento di un'area archeologica pur di garantire l'intervento privato. Sarebbe una scelta ancora una volta perdente: cancelleremmo una traccia significativa del passato, un bene comune assoluto rappresentativo del patrimonio culturale e paesaggistico e nello stesso tempo un altro bene comune, la dignità del lavoro e dei diritti non avrà nessuna garanzia; la Hymer da anni perde occupazione e produzione e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi. Rimane la grave responsabilità di chi, non attuando una pianificazione corretta del territorio. ha messo ancora una volta in contrapposizione ieri l'ambiente oggi il patrimonio archeologico con i diritti del lavoro.

Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenta un ordine del giorno al prossimo consiglio comunale del 29 settembre per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto con la quale l'Amministrazione di San Casciano ha deciso lo smontaggio dei reperti.

Crediamo sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto sia in consiglio comunale, sia nelle commissioni consiliari e favorire un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per individuare scelte alternative che salvaguardino la nostra storia.

Settembre 2011
Gruppo Consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista

domenica 25 settembre 2011

Il Senatore Pardi presenta un'interrogazione al Ministro per i beni e le attività culturali sulla vicenda "Archeopatacca"

Ecco il testo dell'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato sulla vicenda "Archeopatacca" al Ministro per i beni e le attività culturali.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

PARDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Premesso che:
in località Ponterotto, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (FI), è prevista la localizzazione di un capannone di tre ettari da parte della multinazionale Hymer, proprietaria di Laika caravan, nonostante le proteste di molti comitati e associazioni che ne denunciavano l'elevato impatto ambientale e paesaggistico;
durante gli scavi per la realizzazione dello stabilimento sono emersi notevoli reperti archeologici: in particolare sono stati rinvenuti i resti di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. La realizzazione del progetto, risalente al 1997, appare avvolta nel mistero: le procedure legate all'attuazione sono state operate in totale assenza di trasparenza, la localizzazione dello stabilimento è stata operata senza pianificazione e senza i necessari rilievi archeologici e, ad oggi, non è stata pubblicata alcuna relazione sugli scavi;
la scelta dell'amministrazione comunale, dettata da motivi occupazionali, lascia pensare invece ad una semplice operazione di rendita immobiliare, dal momento che la struttura è ancora lontana dall'essere aperta e la Laika ha pesantemente ridotto i posti di lavoro negli ultimi anni. Sembra dunque evidente che non vi è alcuna certezza che l'azienda garantisca in futuro il livello occupazionale promesso;
si apprende ora che, con delibera n. 132 del primo agosto 2011, la Giunta comunale di San Casciano ha fatto propria la richiesta di rimozione dei reperti, avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio degli scavi, decidendo di intervenire con proprie risorse ad un progetto di rimozione e ricollocazione dei reperti in un altro sito. A parere dell'interrogante il trasferimento dei reperti distruggerebbe il valore scientifico del sito di Ponterotto, contribuendo invece alla nascita di un falso storico e topografico, una vera e propria "archeopatacca";
rilevato che:
all'art. 9, comma 2, la Costituzione prevede che il patrimonio storico, artistico e paesaggistico debba godere della più ampia tutela;
il codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, all'art. 1 sancisce come la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrano a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, mentre all'art. 29 precisa che la conservazione del patrimonio culturale debba essere assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. Infine all'art. 30 il decreto impone a Stato, Regioni ed enti territoriali l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza;
considerato che:
se è vero che il codice dei beni culturali e del paesaggio prevede l'ipotesi di trasferimenti, questi devono essere motivati da ragioni di straordinario interesse pubblico, come ad esempio una grande infrastruttura, e inoltre devono essere orientati ad una maggiore tutela, che certamente non può essere subordinata ad interessi prettamente privati. Tanto più che i reperti in questione rappresentano resti di edifici e dunque non possono essere considerati alla stregua di suppellettili o elementi di arrendo, facilmente trasferibili. La mancanza di trasparenza, che ha accompagnato tutta la vicenda, rende lecito pensare che l'opera di trasferimento sia semplicemente un modo per rispondere alle istanze poste da comitati, associazioni culturali ed ambientaliste,

si chiede di sapere:
quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di garantire una coerente e programmata attività di conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico del nostro paese;
se non ritenga di interesse primario la salvaguardia di reperti che, allontanati dal sito di provenienza, risulterebbero decontestualizzati e snaturati.

ARCHEODisneiland

sabato 24 settembre 2011

San Casciano come Archeo Disneyland

Il manifesto appeso nella bacheca comunale in questi giorni...

Nel corso del 2010 in località Ponterotto, durante le opere di scavo del cantiere Laika, sono emersi importanti resti di un fabbricato etrusco e di una villa romana. A poco tempo dal ritrovamento Laika ha chiesto di rimuovere il complesso archeologico e ricollocarlo in altra sede. Invece di valorizzare queste testimonianze storiche, che rappresenterebbero tra l’altro un'ottima occasione per un turismo di qualità, e quindi una importante risorsa economica per il territorio, l'Amministrazione comunale ha aderito alla richiesta di Laika ed interviene, con denaro pubblico, per rendere possibile la demolizione dei ritrovamenti e la loro ricostruzione come finte rovine in altra sede: una Disneyland etrusca, un finto parco archeologico che costituisce una scelta dispendiosa e non tutela né valorizza il nostro patrimonio culturale e paesaggistico.

Da più di un anno il Comune e Laika hanno percorso l'iter autorizzativo, senza dare visibilità alla vicenda e negando trasparenza e confronto pubblico. In un momento di grande crisi, mentre i servizi subiscono tagli, il Comune usa i soldi dei cittadini per aiutare la multinazionale Hymer a smantellare il sito, distruggendo così una risorsa della comunità.

Ma la rimozione del complesso archeologico è solo l'ultimo di una serie di errori. Da più di 10 anni il Comune di San Casciano persevera nella scelta di una localizzazione sbagliata e ad alto impatto ambientale e paesistico per il capannone Laika, in un sito privo delle necessarie infrastrutture; questa decisione non tutela i lavoratori e non salvaguarda il territorio. Da anni l’azienda perde occupazione e produzione per la crisi generale del settore e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi già preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi.

In discussione non è, dunque, il lavoro, ma una più corretta pianificazione territoriale:
le alternative esistono, e sono praticabili!


Per ulteriori informazioni:
http://www.luciacarlesi.blogspot.com
http://www.archeopatacca.blogspot.com

Su Facebook: gruppo ArcheoPatacca

venerdì 23 settembre 2011

L'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato al Ministro per i beni e le attività culturali

Il testo dell'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato sulla vicenda "archeopatacca", nella seduta di ieri, disponibile online sul sito del Senato. http://www.senato.it/


PARDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. -

Premesso che:

in località Ponterotto, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (FI), è prevista la localizzazione di un capannone di tre ettari da parte della multinazionale Hymer, proprietaria di Laika caravan, nonostante le proteste di molti comitati e associazioni che ne denunciavano l'elevato impatto ambientale e paesaggistico;

durante gli scavi per la realizzazione dello stabilimento sono emersi notevoli reperti archeologici: in particolare sono stati rinvenuti i resti di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. La realizzazione del progetto, risalente al 1997, appare avvolta nel mistero: le procedure legate all'attuazione sono state operate in totale assenza di trasparenza, la localizzazione dello stabilimento è stata operata senza pianificazione e senza i necessari rilievi archeologici e, ad oggi, non è stata pubblicata alcuna relazione sugli scavi;

la scelta dell'amministrazione comunale, dettata da motivi occupazionali, lascia pensare invece ad una semplice operazione di rendita immobiliare, dal momento che la struttura è ancora lontana dall'essere aperta e la Laika ha pesantemente ridotto i posti di lavoro negli ultimi anni. Sembra dunque evidente che non vi è alcuna certezza che l'azienda garantisca in futuro il livello occupazionale promesso;

si apprende ora che, con delibera n. 132 del primo agosto 2011, la Giunta comunale di San Casciano ha fatto propria la richiesta di rimozione dei reperti, avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio degli scavi, decidendo di intervenire con proprie risorse ad un progetto di rimozione e ricollocazione dei reperti in un altro sito. A parere dell'interrogante il trasferimento dei reperti distruggerebbe il valore scientifico del sito di Ponterotto, contribuendo invece alla nascita di un falso storico e topografico, una vera e propria "archeopatacca";


rilevato che:

all'art. 9, comma 2, la Costituzione prevede che il patrimonio storico, artistico e paesaggistico debba godere della più ampia tutela;

il codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, all'art. 1 sancisce come la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrano a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, mentre all'art. 29 precisa che la conservazione del patrimonio culturale debba essere assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. Infine all'art. 30 il decreto impone a Stato, Regioni ed enti territoriali l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza;


considerato che:

se è vero che il codice dei beni culturali e del paesaggio prevede l'ipotesi di trasferimenti, questi devono essere motivati da ragioni di straordinario interesse pubblico, come ad esempio una grande infrastruttura, e inoltre devono essere orientati ad una maggiore tutela, che certamente non può essere subordinata ad interessi prettamente privati. Tanto più che i reperti in questione rappresentano resti di edifici e dunque non possono essere considerati alla stregua di suppellettili o elementi di arrendo, facilmente trasferibili. La mancanza di trasparenza, che ha accompagnato tutta la vicenda, rende lecito pensare che l'opera di trasferimento sia semplicemente un modo per rispondere alle istanze poste da comitati, associazioni culturali ed ambientaliste,


si chiede di sapere:

quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di garantire una coerente e programmata attività di conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico del nostro paese;

se non ritenga di interesse primario la salvaguardia di reperti che, allontanati dal sito di provenienza, risulterebbero decontestualizzati e snaturati.

San Casciano: gli antichi reperti non fermano il cantiere industriale



Di Francesco Bevilacqua, Il Cambiamento, 23 Settembre 2011

Come troppo spesso oggi accade, gli interessi economici prevaricano la tutela del territorio, dei suoi abitanti e delle sue peculiarità. Questa volta a farne le spese sono degli importanti resti archeologici ritrovati in un sito industriale nei pressi di San Casciano, in Toscana.

Ambiente non è solo natura. Resti archeologici, testimonianze delle civiltà che ci hanno preceduto e che hanno contribuito a forgiare la nostra, antiche vestigia che costituiscono il nostro stesso retroterra culturale e spirituale sono tesori da conservare e valorizzare, tanto quanto colline, fiumi e foreste. Purtroppo, così come scarso è l’interesse che la società moderna ha nei confronti dell’espressione della natura, l’attenzione per la tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico, che fra l’altro in Italia costituisce un unicum a livello mondiale, è troppo bassa.

La notizia più recente che conferma questa triste tendenza viene dalla Toscana, per l’esattezza da San Casciano.
Lì è infatti prevista la costruzione di un nuovo capannone della Laika, marchio della Hymer, una delle principali case di costruzione di camper e caravan. Già la comunità locale vedeva di cattivo occhio questo progetto per altri motivi, dalla sospetta e frettolosa variazione concessa in deroga al Piano Strutturale Comunale, già stilato da tempo, fino alla discutibile politica occupazionale del costruttore, che sta portando avanti da diversi anni una campagna di riduzione del personale.

Il solito dilemma “tutela ambientale o posti di lavoro”, che già in passato ha scatenato molte battaglie (come per esempio quella di Porto Tolle), stavolta dunque non sussiste neanche.

La ciliegina sulla torta di questo controverso piano industriale è stato il ritrovamento sul luogo del cantiere di una serie di importanti resti archeologici, un edificio di epoca etrusco-ellenistica e una villa romana di età imperiale. Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti, che prevede la demolizione degli stessi, asportazione dal cantiere e ricostruzione dei resti in un altro luogo.
Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti
Da un lato questa decisione evidenzia una volta di più la posizione di profonda soggezione e subordinazione in cui si trova il mondo politico e istituzionale italiano nei confronti di portatori di interessi economici che fra l’altro non corrispondono quasi mai alle esigenze e al benessere della comunità. Dall’altro viene messa in risalto la scarsa attenzione di cui gode l’ambiente, sistematicamente retrocesso a fronte di inalienabili e prioritarie esigenze economiche.

Fortunatamente c’è chi reagisce a questa situazione: la Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana e Wwf Toscana si sono mobilitati per far pervenire a Cristina Scaletti, Assessore alla Cultura della Regione Toscana, un’istanza di tutela di questo importante patrimonio rinvenuto e inoltrare la richiesta di bloccare la decisione del Comune di San Casciano di asportare i reperti e far proseguire il cantiere.

Ovviamente invitiamo tutti ad accogliere, sottoscrivere e rilanciare questo appello, in modo da rendere chiaro a chi ci amministra, e soprattutto a chi pretende di relegare in un angolo il benessere di una comunità e del suo territorio a vantaggio del proprio tornaconto, che gli ostacoli che dovrà superare per riuscire in questo suo intento sono ostici e numerosi.
Per approfondire l’argomento e portare il vostro contributo, consigliamo di visitare il sito archeopatacca.blogspot.com


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Resti archeologici al Ponterotto - Il capogruppo di Laboratorio per un'altra San Casciano-Prc accusa il Comune di aver operato a danno della storia e senza trasparenza


Ritrovamenti archeologici a Ponterotto: fermiamo la distruzione e la falsa valorizzazione di una testimonianza importante della nostra storia.
Lucia Carlesi, consigliere comunale a San Casciano Val di Pesa di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, risponde alle domande di Metropoli Chianti.

L'articolo di Matteo Pucci con un intervista a Lucia Carlesi, Metropoli Chianti, 23 settembre 2011

Un sito archeologico, quello rinvenuto al Ponterotto durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento Laika, che rischia di essere rovinato per sempre. Lo sostiene il capogruppo di opposizione Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione comunista che in questa intervista, per bocca del capogruppo in consiglio comunale Lucia Carlesi, rincara la dose.

Quale secondo voi il rischio che corrono i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo per la nuova Laika?
Non parliamo di rischio ma di certezze perché dalla visione che abbiamo potuto avere del progetto dell’Amministrazione emerge la demolizione a pezzi dei muretti, la loro traslazione e ricomposizione, lo smantellamento delle pavimentazioni e la loro riproduzione fasulla.
La rimozione dell'intero complesso dei reperti e la successiva ricollocazione in un'area vicina, fuori dal perimetro interessato dalla costruzione dello stabilimento Laika, ci viene proposta come un'opera di valorizzazione, quando invece si cancella di fatto l'autenticità della testimonianza storica; trasferire i reperti è un'operazione ipocrita, avremo un falso parco archeologico, “un'archeopatacca”, così l'abbiamo voluta definire.
I reperti, una fattoria etrusca e una villa romana (oltre a una fontana settecentesca che verrà demolita), sono emersi nel corso del 2010 ma ad oggi non si conosce la relazione della Soprintendenza che ha svolto l'indagine archeologica, per cui non sappiamo l'esatto valore e lo stato di conservazione dei ritrovamenti e se vi sia ancora altro materiale da studiare. Sull'opportunità di un trasferimento di reperti di questo genere ci sembra sufficiente quanto scritto da un autorevole archeologo come Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia e Rettore dell'Università di Foggia, che è intervenuto proprio in merito alla vicenda dei reperti rinvenuti a Ponterotto: si tratta di opere che hanno senso solo nel proprio contesto.

Come valutate le ampie rassicurazioni date dal ministero per i beni culturali date nei giorni scorsi?
Ci sembra necessario approfondire le scelte che sono state fatte. Per quanto di nostra conoscenza
non ci risulta che alcun esperto di nomina ministeriale abbia risposto alle autorevoli obiezioni tecniche al progetto avanzate recentemente . Se parliamo del consenso dato all’origine al progetto vorremmo capire come si arriva a sostenere che “il mantenimento in situ dei resti è risultato incompatibile con le opere da realizzare”, sulla base di quali valutazioni e documentazioni si è considerato ineluttabile il trasferimento dei ritrovamenti e non si sono prese in considerazione soluzioni alternative.

Cosa "imputate" all'Amministrazione comunale di San Casciano?
Si persevera in scelte sbagliate. La rimozione dei reperti è soltanto l'ultima forzatura per coprire le responsabilità di chi ha voluto a tutti i costi , tramite una variante urbanistica ad hoc, localizzare lo stabilimento Laika in un'area agricola, di alto valore ambientale e paesaggistico, chiaramente inadeguata ad ospitare un intervento industriale di tali proporzioni: un'operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con l'interesse della collettività e dei lavoratori. E oggi la vicenda si ripete: invece di tutelare al massimo i ritrovamenti che sono un bene comune del nostro territorio, si decide di rimuovere l'intero complesso archeologico, pur di garantire la realizzazione dell'intervento privato. Ci chiediamo perché a suo tempo l'area non fu sottoposta ad un' indagine archeologica preventiva, metodologia ormai consolidata quando si interviene in zone di presunto interesse archeologico. Ora è paradossale che l'unica soluzione prospettata sia la rimozione di questa testimonianza storica di oltre 2000 anni e che l'Amministrazione intervenga con soldi pubblici e addirittura con proprie risorse (in una fase di grande crisi e di contrazione dei servizi) per coprire i costi di ricollocazione dei reperti, così la falsa area archeologica sarà pure a carico dei cittadini!
La procedura di autorizzazione alla rimozione dei reperti archeologici va avanti da più di un anno, ma in tutto questo tempo l'Amministrazione non ha ritenuto opportuno dare visibilità all'intera vicenda. In più di un'occasione abbiamo denunciato la mancanza di trasparenza non essendo assolutamente chiaro il tipo di intervento che si andava delineando sul sito archeologico.
Per mesi siamo rimasti in attesa della relazione finale dell'indagine archeologica svolta dalla Soprintendenza, documento che avrebbe chiarito la portata dei ritrovamenti e determinare quindi gli interventi successivi. In realtà fin dal giugno del 2010, in mancanza di qualsiasi relazione, con scavi iniziati da poco (ancora la villa romana non era emersa) la multinazionale Hymer proprietaria di Laika presenta domanda di autorizzazione alla rimozione dei reperti; nello stesso mese di giugno viene negata l’accessibilità al cantiere da parte della commissione Ambiente e Territorio del Comune (avanzata da gran parte delle opposizioni) e nell'agosto l'Amministrazione di San Casciano esprime la volontà di partecipare al progetto. E' stata negata trasparenza e informazione, è mancato il confronto pubblico su un progetto di assoluta importanza per il territorio e la nostra comunità.

Come avete intenzione di muovervi adesso?
Facciamo il possibile per far conoscere questo episodio, che non riguarda solo San Casciano, come dimostra l’eco che ha avuto la nostra iniziativa (http://archeopatacca.blogspot.com/).
A nostro parere vengono ora a galla tutti gli errori fatti da dieci anni a questa parte, da quando si è voluto a tutti i costi impegnare l’area del Ponterotto, senza considerare altre soluzioni. Oggi è assurdo che venga proposto un progetto che non tutela il nostro patrimonio culturale e paesaggistico e dà invece priorità alle richieste poste da un soggetto privato.
La vicenda ovviamente è seguita con la massima attenzione dalle associazioni ambientaliste, è uscita dall'ambito locale grazie alla presentazione di un'interrogazione in Regione da parte del consigliere di Federazione della Sinistra-Verdi Mauro Romanelli ed ha suscitato l'interesse di autorevoli esperti come il prof. Giuliano Volpe.
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenterà al prossimo consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre un documento per chiedere la revoca della delibera con la quale nel mese di agosto l'Amministrazione di San Casciano ha approvato la bozza di accordo per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche di Ponterotto, affinché sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto in consiglio comunale e un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per verificare la correttezza della soluzione individuata e proporre alternative possibili e condivise.

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giovedì 22 settembre 2011

L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper


di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper


di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano