mercoledì 19 ottobre 2011

L'Inchiesta di La Repubblica - Archeologia vs industria

A San Casciano (Firenze) è scontro tra le ragioni dell'archeologia e quelle del lavoro. Al centro un capannone industriale e una casa etrusca. Da mesi non si riesce a venirne a capo.

Come conciliare le ragioni della tutela di paesaggio e beni culturali e le ragioni della crescita industriale? La questione continua a proporsi in un paese come l'Italia ricco di un patrimonio inestimabile, sul quale gravano incuria e indifferenza. Talvolta le due ragioni riescono a convivere, ma molto spesso l'elemento che prevale è il conflitto. Nascono lunghi e faticosi contenziosi che producono solo paralisi. Tanto più insopportabili in un periodo di crisi.

realizzata da Francesco Erbani insieme a Mario Neri per il video della parte toscana, Le Inchieste di La Repubblica online, 17 ottobre 2011

1 IL CASO - I posti di lavoro o l'archeologia? Scontro nel cuore della Toscana
2 IL CONFRONTO - Fabbrica o casa etrusca?
3 IL CASO - Sepino, l'antico tratturo romano scassato dalla strada dell'eolico
4 LA CENSURA - E la Soprintendenza chiama i carabinieri
5 IL VIDEO - "Andatevene, le riprese qui sono vietate"
6 LE IMMAGINI - La casa etrusca pomo della discordia

Questa inchiesta si muove fra la Toscana e il Molise. L'ha realizzata Francesco Erbani insieme a Mario Neri per il video della parte toscana. A San Casciano vengono rinvenuti i reperti di due edifici, uno etrusco, l'altro romano, nel cantiere dove si costruisce un capannone industriale di 300 mila metri cubi. Il Comune e l'azienda decidono di smontare i reperti e di rimontarli su una collinetta artificiale. È un'archeopatacca, insorgono le associazioni ambientaliste, che già avevano contestato la localizzazione della fabbrica. Il braccio di ferro è durissimo. I nervi tesi, come dimostra il fatto che la Soprintendenza di Firenze, favorevole alla ricollocazione, ha fatto chiamare i carabinieri per impedire ai nostri giornalisti di filmare o fotografare il sito archeologico.

Nel Molise, invece, potrebbe sorgere un impianto eolico lungo il crinale di una collina che sovrasta il sito archeologico di Saepinum, città prima sannitica e poi romana. Inoltre le pale, alte centotrenta metri, verrebbero impiantate lungo un antico tratturo. La strada, dove è visibile la pavimentazione romana, è stata ricoperta di pietrisco e usata come strada di cantiere. La Procura indaga e il Gip ha sequestrato il sito.

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L'Inchiesta di La Repubblica - I posti di lavoro o l'archeologia? Scontro nel cuore della Toscana

IL CASO - I posti di lavoro o l'archeologia? Scontro nel cuore della Toscana
di Francesco Erbani, La Repubblica online, 17 ottobre 2011


Succede a San Casciano Val di Pesa, in provincia di Firenze. Nel costruire il nuovo capannone di una fabbrica di camper, sono stati trovati i resti di una casa etrusca e di una romana. Soprintendenza e Comune sono d'accordo per smontarli e rimontarli in un apposito "parco archeologico". Ma la polemica adesso infuria
La fabbrica o la casa etrusca? A San Casciano Val di Pesa, provincia di Firenze, la soluzione sembra trovata: la casa etrusca la smontiamo pezzo per pezzo e pezzo per pezzo la ricostruiamo su una collinetta artificiale che ospiterà anche i ruderi di una casa romana. L’importante è che non si intralci il capannone industriale - 326mila metri cubi, 300 metri di lunghezza per 100 - durante la costruzione del quale sono stati rinvenuti i reperti sia della casa etrusca che di quella romana. Erano tutti d’accordo: la Laika, proprietaria del terreno e del futuro capannone, un’azienda che fabbrica camper, di proprietà della tedesca Hymer; il Comune, con una giunta a guida Pd; la Soprintendenza archeologica e il Comitato di settore del ministero per i Beni culturali. Sembrava fatta. Il progetto risale al giugno del 2010, le autorizzazioni procedono spedite, nessuno in paese ne sa nulla. Improvvisamente, sul finir dell’estate 2011, la notizia buca il velo di riservatezza e scoppia il finimondo. Intervengono le associazioni di tutela (Italia Nostra, Legambiente, Wwf), la Rete dei comitati toscani presieduta da Alberto Asor Rosa, ne scrive Salvatore Settis: quei muri hanno senso solo nel loro contesto, spostarli è un falso, un’operazione culturalmente inattendibile, un’archeopatacca.

E così il cantiere è fermo, chiuso da un recinto. La vicenda vede schierati su fronti opposti parti della sinistra, anche di quella più radicale. Rifondazione comunista e una lista civica a favore di una soluzione che contempli tutela archeologica, valorizzazione del territorio e difesa dell’occupazione; Pd, Cgil e Fiom furenti contro gli ambientalisti che per difendere i reperti metterebbero a rischio 240 posti di lavoro (tanti sono i dipendenti della Laika, attualmente impiegati nei vecchi stabilimenti). Uno scontro ruvido che ha raggiunto il culmine durante il consiglio comunale che qualche sera fa doveva discutere un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi (eletta nella lista Laboratorio per un’altra San Casciano, alleata di Rifondazione). Assistono alla riunione un centinaio di operai. Contestazioni, urla, parole grosse.

"Da anni sosteniamo che localizzare lo stabilimento della Laika in un’area agricola, di grande pregio paesaggistico e archeologico, era uno sbaglio", spiega Lucia Carlesi. "E ora i ritrovamenti lo dimostrano. Tutti sanno che questa è zona archeologica. Non si potevano fare sondaggi preventivi? Non c’erano altre aree? Questa è un’operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con gli interessi dei lavoratori e della collettività". Replica dalle pagine fiorentine di Repubblica Alessio Gramolati, segretario della Cgil Toscana: "Non abbiamo nulla contro gli etruschi o contro l’ambientalismo. Siamo convinti che la sostenibilità è la frontiera obbligata dello sviluppo. Ma non un alibi per fermarlo. Perciò non ci convincono coloro che vedono la Toscana unicamente come terra del buon ritiro e non regione dove investire".

Se in dieci anni non si è riusciti a costruire il capannone non è colpa degli ambientalisti, insiste Claudio Greppi, geografo dell’Università di Siena e esponente della Rete. "Abbiamo sempre detto che questa era una soluzione poco praticabile. L’acquisto dell’area è del 2001, ma solo nel 2006 viene adottata la variante che trasforma in industriale un terreno che era agricolo". E poi, si domandano gli ambientalisti, perché il nuovo stabilimento è così grande, ben più grande dei capannoni dove attualmente si lavora? Sono stati presentati esposti e ricorsi, sempre respinti dai giudici. Fra gli avversari della localizzazione anche Anna Marson, docente di urbanistica e ora assessore regionale.

Favorevoli e contrari si fronteggiano da anni. Ma nel corso del 2010 spuntano i reperti. Sono resti di due case. Una, quella tardo etrusca (III secolo a.C.) è a un’estremità del perimetro del capannone, l’altra, quella di epoca romano-ellenistica, al capo opposto. Sono ambienti di diversa ampiezza. Ma di essi si sa poco o niente. Ancora non c’è una relazione definitiva della Soprintendenza che chiarisca quale sia il valore dei ritrovamenti. Subito dopo la scoperta, però, la Laika e il Comune si accordano per smontare i muri e ricollocarli sulla collinetta artificiale. A novembre del 2010 vengono informati la Direzione regionale dei Beni culturali e il Ministero. E dopo qualche mese, a gennaio 2011, arrivano le autorizzazioni.

La soprintendente archeologica, Maria Rosaria Barbera, non ha ancora visto i reperti. Dirige la sede fiorentina da gennaio. "I ritrovamenti non hanno grandissimo valore", assicura Barbera. "Lo smontaggio e il rimontaggio sono le uniche soluzioni possibili, vagliate e approvate da tutti gli organi tecnici", aggiunge la soprintendente ricordando che nel Comitato di settore del ministero siedono archeologi di esperienza come Giuseppe Sassatelli e Mario Torelli. Ma non era possibile lasciare lì i reperti e chiedere una leggera modifica al progetto? In fondo si trattava di arretrare di pochi metri, il capannone di metri ne conta 300... "Se avessimo deciso altrimenti lo scavo non sarebbe potuto andare avanti. E poi smontare e rimontare consente anche una migliore conoscenza delle strutture murarie". Chi paga per queste operazioni? "La Soprintendenza no di sicuro".

Stando agli accordi, la Laika paga lo smontaggio, la sistemazione e la valorizzazione spettano al Comune. Si parla anche della Regione, ma la giunta non si è ancora pronunciata. Il tema dei costi, insieme a quello della credibilità culturale dell’operazione, è fra i più dubbi, secondo Giuliano Volpe, archeologo di fama e rettore dell’Università di Foggia: "Smontare e rimontare è una procedura complessa e costosa, che l’archeologia conosce bene. È riservata a scoperte eccezionali oppure a mosaici o parti di pavimentazione. Meno alle murature. Nel 1998 abbiamo staccato i mosaici della chiesa paleocristiana di San Giusto, vicino a Lucera, che ancora sono in attesa di collocazione. Ma l’operazione è stata giustificata dalla costruzione di una diga. Non per far posto a uno stabilimento". Inoltre, se si tratta effettivamente di piccoli muri di scarso valore, perché, aggiunge Volpe, "spendere tanti soldi per un finto parco archeologico che tratta i reperti come componente d’arredo"? Si abbia il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze: "Si documenti e si pubblichi l’intero contesto archeologico, e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti".

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L'Inchiesta di La Repubblica - Fabbrica o casa etrusca?


IL CONFRONTO - Fabbrica o casa etrusca?
di Francesco Erbani, La Repubblica online, 17 ottobre 2011


Ecco il racconto, con i punti di vista dei diversi protagonisti, che va in onda da tempo nella pace della campagna fiorentina in quel di San Casciano. La Laika (camper) vuol costruire un capannone industriale, ma nel terreno saltano fuori importanti reperti archeologici. Si trova una soluzione (spostare i reperti) un po' "italiana" e scoppia la guerra.

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L'Inchiesta di La Repubblica - E la Soprintendenza chiama i carabinieri

LA CENSURA - E la Soprintendenza chiama i carabinieri

di Francesco Erbani, La Repubblica online, 17 ottobre 2011

Anche i carabinieri a difesa del sito etrusco contestato
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Nervi tesi a San Casciano Val di Pesa. Gli archeologi cercano di vietare le riprese di uno scavo pubblico e fanno intervenire l'Arma per stoppare il nostro cronista e il nostro operatore. Invano, come potete constatare guardando il video

"Andate via! Andate via subito!". "Siamo giornalisti, stiamo riprendendo lo scavo". "Non potete, è vietato dal Codice dei beni culturali. Se non ve ne andate chiamo i carabinieri". San Casciano Val di Pesa, pomeriggio di giovedì 13 ottobre. Con una telecamera ci avviciniamo al cantiere dove è in costruzione lo stabilimento della Laika e dove sono stati rinvenuti i reperti di una casa romana e di una casa etrusca. I muri sono scoperti. Rimaniamo fuori dal recinto e iniziamo le riprese. La giovane archeologa si avvicina a noi correndo e urlando. "Andate via! Andate via subito!". Noi continuiamo le riprese. Lei si gira, afferra il cellulare che ha in tasca e inizia a telefonare. Intanto un operaio esce dal cantiere, si avvicina alla nostra macchina e alla moto di Claudio Greppi, che aspetta di essere intervistato da noi. Su un foglio che ha in mano l’uomo annota i numeri di targa, neanche stessimo per scappare.

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I carabinieri arrivano, ci identificano e il maresciallo ci comunica che una funzionaria della Soprintendenza di Firenze, avvisata dall’archeologa che è sul cantiere, ci diffida: non possiamo pubblicare niente di quel che abbiamo ripreso con la telecamera. Niente immagini, niente foto. Niente di niente. Come se fossimo su un sito militare o stessimo frugando segreti industriali. "Altrimenti scatta una denuncia". Chiediamo a quale norma si appoggi questo divieto. Lui non sa darci una spiegazione. Ci riferisce solo quel che gli ha detto la funzionaria: lo vieta il Codice dei Beni culturali. Non abbiamo il testo sottomano, ma ci sembra poco verosimile. E in effetti il Codice, lo accertiamo con qualche telefonata, non vieta alcunché. Non riusciamo a capire come in Soprintendenza possano essere convinti del contrario. Il maresciallo ci chiede se siamo entrati dentro il cantiere, se abbiamo avuto un alterco. Gli rispondiamo che siamo rimasti fuori dal cancello e che contro di noi si è avventata una persona che urlava.

I nervi a San Casciano sono a fior di pelle, vibrano appena vengono sfiorati. La vicenda Laika è rimasta avvolta in una nube di riservatezza che qualcuno vorrebbe durasse ancora. Le immagini e il video, invece, è possibile guardarli qui. Si riferiscono a un cantiere in aperta campagna, cinto appena da una rete di plastica a maglie larghissime che lasciano scorgere ogni cosa all'interno. I muri etruschi e romani sono lì, è un patrimonio culturale di proprietà dello Stato. Cioè di tutti. Chiunque può avvicinarsi e vederli. Sarebbe un paradosso se fossero vietati ai giornalisti.

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A questo articolo ha fatto seguito una lettera firmata Mariarosaria Barbera, la Soprintendente per i Beni Archeologici della Toscana

La Soprintendenza: "Solo la reazione di un'archeologa"

Una lettera della dottoressa Barbera, Soprintendente della Toscana spiega che a San Casciano i nostri cronisti sono stati respinti da una persona che ha agito in proprio senza indicazioni del suo ufficio. Ma le immagini dimostrano che un funzionario ha ribadito che i giornalisti non potevano fare riprese


Dalla dottoressa Mariarosaria Barbera, Soprintendente per i beni Archeologici della Toscana, riceviamo e pubblichiamo questa precisazione sull'episodio accaduto a San Casciano dove i nostri cronisti sono stati respinti mentre riprendevano il cantiere di scavo archeologico oggetto di una dura polemica tra lavoratori della Laika e ambientalisti. I fatti, però, stando alle immagini da noi pubblicate, sono andati diversamente.

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Gentile Direttore

Una troupe di Repubblica. it si è recata alcuni giorni fa sul cantiere di scavo archeologico di S. Casciano Val di Pesa, loc. Ponterotto per riprendere l'area dell'erigendo stabilimento Laika. Uno scavo recentemente oggetto di una campagna di stampa che, tra i primi effetti, certamente non desiderati ma oggettivi, ha generato l'interesse di malintenzionati che già due volte sono entrati e hanno danneggiato le protezioni di scavo.

Nel video, pubblicato sul vostro sito, un'archeologa perde la calma e tenta di allontanare i giornalisti, pur rimasti in area pubblica a ridosso del cantiere, risolvendosi infine a chiamare i Carabinieri. Fin qui la cronaca.

Poi un pesante tocco di fiction: "la Soprintendenza  -  commenta il giornalista  -  ha ordinato agli archeologi sul cantiere di tenere alla larga i giornalisti e diffidarli dal pubblicare le immagini". Come dire: la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, da me attualmente diretta, ha di certo qualche "scheletro nell'armadio" e per questo complotta contro il quarto potere.

Sono francamente dispiaciuta per l'incidente. Ma non riesco a comprendere la ragione di tutto ciò: proprio la settimana scorsa ho rilasciato a Francesco Erbani un'intervista telefonica, né breve né omissiva, rispondendo alle domande poste e spiegando posizione e motivazioni della Soprintendenza (di cui peraltro ho assunto la direzione solo a gennaio). Perché non propormi di visitare lo scavo insieme, con la vostra telecamera? Avremmo organizzato tempestivamente e secondo regole che avrebbero tutelato sia la sicurezza dello scavo sia il diritto di cronaca. Senza spostare l'attenzione dalla consistenza dei reperti, il nocciolo della questione, alla reazione personale di un'archeologa.

Perché è dalla consistenza dei reperti che dipende la decisione del Ministero: le cui valutazioni tecniche e scientifiche saranno presto consultabili dal pubblico sulla rivista archeologica digitale Fasti on line, con un'ampia presentazione dello scavo e dei suoi risultati a cura della Soprintendenza. Le stesse valutazioni che forniamo in questi giorni a parlamentari e associazioni (? ndr).

Mariarosaria Barbera
Soprintendente per i Beni Archeologici della Toscana



Ed ecco la risposta degli inviati

"La replica della soprintendente di Firenze è stupefacente ed è smentita dal video che attesta come sono andati i fatti. E lascia senza parole l'intenzione di addossare ogni responsabilità all'archeologa che era sul sito di San Casciano e che avrebbe "perso la calma" e agito spinta da una "reazione personale". Noi siamo stati invitati con veemenza ad allontanarci dal cantiere e a non proseguire le riprese in virtù di una motivazione infondata ("lo vieta il Codice dei Beni culturali") che un funzionario della soprintendenza ribadisce parlando al telefono con il maresciallo dei carabinieri. Ciò è ampiamente dimostrabile sulla base della testimonianza di tutti i presenti alla scena, compreso il maresciallo dei carabinieri che ci riferisce il contenuto della telefonata".

Francesco Erbani e Mario Neri

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Fabbrica o casa etrusca?


di Francesco Erbani e Mario Neri, La Republica online, 17 ottobre 2011

Archeologia vs. industria

Ecco il racconto, con i punti di vista dei diversi protagonisti, che va in onda da tempo nella pace della campagna fiorentina in quel di San Casciano. La Laika (camper) vuol costruire un capannone industriale, ma nel terreno saltano fuori importanti reperti archeologici. Si trova una soluzione (spostare i reperti) un po' "italiana" e scoppia la guerra.


Come conciliare le ragioni della tutela di paesaggio e beni culturali e le ragioni della crescita industriale? La questione continua a proporsi in un paese come l'Italia ricco di un patrimonio inestimabile, sul quale gravano incuria e indifferenza. Talvolta le due ragioni riescono a convivere, ma molto spesso l'elemento che prevale è il conflitto. Nascono lunghi e faticosi contenziosi che producono solo paralisi. Tanto più insopportabili in un periodo di crisi.

Questa inchiesta si muove fra la Toscana e il Molise. L'ha realizzata Francesco Erbani insieme a Mario Neri per il video della parte toscana. A San Casciano vengono rinvenuti i reperti di due edifici, uno etrusco, l'altro romano, nel cantiere dove si costruisce un capannone industriale di 300 mila metri cubi. Il Comune e l'azienda decidono di smontare i reperti e di rimontarli su una collinetta artificiale. È un'archeopatacca, insorgono le associazioni ambientaliste, che già avevano contestato la localizzazione della fabbrica. Il braccio di ferro è durissimo. I nervi tesi, come dimostra il fatto che la Soprintendenza di Firenze, favorevole alla ricollocazione, ha fatto chiamare i carabinieri per impedire ai nostri giornalisti di filmare o fotografare il sito archeologico.

Nel Molise, invece, potrebbe sorgere un impianto eolico lungo il crinale di una collina che sovrasta il sito archeologico di Saepinum, città prima sannitica e poi romana. Inoltre le pale, alte centotrenta metri, verrebbero impiantate lungo un antico tratturo. La strada, dove è visibile la pavimentazione romana, è stata ricoperta di pietrisco e usata come strada di cantiere. La Procura indaga e il Gip ha sequestrato il sito.

Guarda il video

I posti di lavoro o l'archeologia?
 Scontro nel cuore della Toscana

di Francesco Erbani, La Repubblica online, 17 ottobre 2011

Succede a San Casciano Val di Pesa, in provincia di Firenze. Nel costruire il nuovo capannone di una fabbrica di camper, sono stati trovati i resti di una casa etrusca e di una romana. Soprintendenza e Comune sono d'accordo per smontarli e rimontarli in un apposito "parco archeologico". Ma la polemica adesso infuria


La fabbrica o la casa etrusca? A San Casciano Val di Pesa, provincia di Firenze, la soluzione sembra trovata: la casa etrusca la smontiamo pezzo per pezzo e pezzo per pezzo la ricostruiamo su una collinetta artificiale che ospiterà anche i ruderi di una casa romana. L’importante è che non si intralci il capannone industriale - 326mila metri cubi, 300 metri di lunghezza per 100 - durante la costruzione del quale sono stati rinvenuti i reperti sia della casa etrusca che di quella romana. Erano tutti d’accordo: la Laika, proprietaria del terreno e del futuro capannone, un’azienda che fabbrica camper, di proprietà della tedesca Hymer; il Comune, con una giunta a guida Pd; la Soprintendenza archeologica e il Comitato di settore del ministero per i Beni culturali. Sembrava fatta. Il progetto risale al giugno del 2010, le autorizzazioni procedono spedite, nessuno in paese ne sa nulla. Improvvisamente, sul finir dell’estate 2011, la notizia buca il velo di riservatezza e scoppia il finimondo. Intervengono le associazioni di tutela (Italia Nostra, Legambiente, Wwf), la Rete dei comitati toscani presieduta da Alberto Asor Rosa, ne scrive Salvatore Settis: quei muri hanno senso solo nel loro contesto, spostarli è un falso, un’operazione culturalmente inattendibile, un’archeopatacca.

E così il cantiere è fermo, chiuso da un recinto. La vicenda vede schierati su fronti opposti parti della sinistra, anche di quella più radicale. Rifondazione comunista e una lista civica a favore di una soluzione che contempli tutela archeologica, valorizzazione del territorio e difesa dell’occupazione; Pd, Cgil e Fiom furenti contro gli ambientalisti che per difendere i reperti metterebbero a rischio 240 posti di lavoro (tanti sono i dipendenti della Laika, attualmente impiegati nei vecchi stabilimenti). Uno scontro ruvido che ha raggiunto il culmine durante il consiglio comunale che qualche sera fa doveva discutere un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi (eletta nella lista Laboratorio per un’altra San Casciano, alleata di Rifondazione). Assistono alla riunione un centinaio di operai. Contestazioni, urla, parole grosse.

"Da anni sosteniamo che localizzare lo stabilimento della Laika in un’area agricola, di grande pregio paesaggistico e archeologico, era uno sbaglio", spiega Lucia Carlesi. "E ora i ritrovamenti lo dimostrano. Tutti sanno che questa è zona archeologica. Non si potevano fare sondaggi preventivi? Non c’erano altre aree? Questa è un’operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con gli interessi dei lavoratori e della collettività". Replica dalle pagine fiorentine di Repubblica Alessio Gramolati, segretario della Cgil Toscana: "Non abbiamo nulla contro gli etruschi o contro l’ambientalismo. Siamo convinti che la sostenibilità è la frontiera obbligata dello sviluppo. Ma non un alibi per fermarlo. Perciò non ci convincono coloro che vedono la Toscana unicamente come terra del buon ritiro e non regione dove investire".
 
Se in dieci anni non si è riusciti a costruire il capannone non è colpa degli ambientalisti, insiste Claudio Greppi, geografo dell’Università di Siena e esponente della Rete. "Abbiamo sempre detto che questa era una soluzione poco praticabile. L’acquisto dell’area è del 2001, ma solo nel 2006 viene adottata la variante che trasforma in industriale un terreno che era agricolo". E poi, si domandano gli ambientalisti, perché il nuovo stabilimento è così grande, ben più grande dei capannoni dove attualmente si lavora? Sono stati presentati esposti e ricorsi, sempre respinti dai giudici. Fra gli avversari della localizzazione anche Anna Marson, docente di urbanistica e ora assessore regionale.

Favorevoli e contrari si fronteggiano da anni. Ma nel corso del 2010 spuntano i reperti. Sono resti di due case. Una, quella tardo etrusca (III secolo a.C.) è a un’estremità del perimetro del capannone, l’altra, quella di epoca romano-ellenistica, al capo opposto. Sono ambienti di diversa ampiezza. Ma di essi si sa poco o niente. Ancora non c’è una relazione definitiva della Soprintendenza che chiarisca quale sia il valore dei ritrovamenti. Subito dopo la scoperta, però, la Laika e il Comune si accordano per smontare i muri e ricollocarli sulla collinetta artificiale. A novembre del 2010 vengono informati la Direzione regionale dei Beni culturali e il Ministero. E dopo qualche mese, a gennaio 2011, arrivano le autorizzazioni.

La soprintendente archeologica, Maria Rosaria Barbera, non ha ancora visto i reperti. Dirige la sede fiorentina da gennaio. "I ritrovamenti non hanno grandissimo valore", assicura Barbera. "Lo smontaggio e il rimontaggio sono le uniche soluzioni possibili, vagliate e approvate da tutti gli organi tecnici", aggiunge la soprintendente ricordando che nel Comitato di settore del ministero siedono archeologi di esperienza come Giuseppe Sassatelli e Mario Torelli. Ma non era possibile lasciare lì i reperti e chiedere una leggera modifica al progetto? In fondo si trattava di arretrare di pochi metri, il capannone di metri ne conta 300... "Se avessimo deciso altrimenti lo scavo non sarebbe potuto andare avanti. E poi smontare e rimontare consente anche una migliore conoscenza delle strutture murarie". Chi paga per queste operazioni? "La Soprintendenza no di sicuro".

Stando agli accordi, la Laika paga lo smontaggio, la sistemazione e la valorizzazione spettano al Comune. Si parla anche della Regione, ma la giunta non si è ancora pronunciata. Il tema dei costi, insieme a quello della credibilità culturale dell’operazione, è fra i più dubbi, secondo Giuliano Volpe, archeologo di fama e rettore dell’Università di Foggia: "Smontare e rimontare è una procedura complessa e costosa, che l’archeologia conosce bene. È riservata a scoperte eccezionali oppure a mosaici o parti di pavimentazione. Meno alle murature. Nel 1998 abbiamo staccato i mosaici della chiesa paleocristiana di San Giusto, vicino a Lucera, che ancora sono in attesa di collocazione. Ma l’operazione è stata giustificata dalla costruzione di una diga. Non per far posto a uno stabilimento". Inoltre, se si tratta effettivamente di piccoli muri di scarso valore, perché, aggiunge Volpe, "spendere tanti soldi per un finto parco archeologico che tratta i reperti come componente d’arredo"? Si abbia il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze: "Si documenti e si pubblichi l’intero contesto archeologico, e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti".

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lunedì 26 settembre 2011

Difendi le tue origini, un video di Toscanalady su YouTube


Il video di Toscanalady trovato questa mattina su YouTube, questo il testo:


AVVISO IMPORTANTE


Lo sapevate che nell'area dove vorrebbe costruire la “Laika” il suo stabilimento, zona “Ponterotto” durante i lavori di scavo sono stati riportati alla luce: un sito Etrusco, una villa romana ed una fontana del '700 che durante i lavori è andata distrutta.
Adesso, la Laika vorrebbe andare avanti con i lavori ed ha avuto il parere favorevole di proseguire. Chiaramente i beni archeologici andranno spostati in un altro posto probabilmente alla “Botte”.

NIENTE VALE IL PATRIMONIO AMBIENTALISTICO, ARCHEOLOGICO DELLA ZONA??
CI APPARTIENE, E' NOSTRO, FA PARTE DELLE NOSTRE RADICI, DA DOVE PROVENIAMO E ARRICCHISCE LA NOSTRA STORIA.

INVECE DI SPOSTARE IL SITO ARCHEOLOGICO DOBBIAMO DIFENDERLO E FARE IN MODO DI PRESERVARLO.

LA LAIKA POTREBBE COMUNQUE SCEGLIERSI UN'ALTRA ZONA SENZA PRIVARCI DELLA NOSTRA STORIA. SENZA ANDARE AD INQUINARE IL FIORE ALL'OCCHIELLO DEL NOSTRO PATRIMONIO AMBIENTALISTICO ED ARCHELOGICO.

SPESSO FACCIAMO MIGLIAIA DI KILOMETRI PER ANDARE A VISITARE DELLE ROVINE, CHE PUR TESTIMONIANDO UN'EPOCA, NON CI APPARTENGONO MENTRE IN QUESTO CASO CI APPARTIENE E CI RAPPRESENTA: PERCHE' INDICA LA NOSTRA “STORIA” E LA NOSTRA PROVENIENZA.

VORREI SENSIBILIZZARE IL VOSTRO ANIMO PORTANDOVI A CONOSCENZA DI UN “REATO” CHE SICURAMENTE NON ERAVATE A CONOSCENZA.

DIFENDIAMO QUELLO CHE ERAVAMO, PRESERVIAMO LA NOSTRA STORIA.

giovedì 25 gennaio 2007

Variante Laika: 'L'azienda ha manipolato le info sui bilanci'

Controradio, 25/01/2007

registrazione audio Pandolfi, Controradio

La denuncia arriva dai un pool di associazioni e comitati che oggi hanno presentato un video in cui, atti di bilancio alla mano, si proverebbe come l'azienda produttrice ed assemblatrice di camper e similari chiede di realizzare un nuovo stabilimento di Laika

La Laika ha manipolato i dati e le informazioni che riguardano il suo stato attuale e le sue previsioni economiche al fine di accreditare le finalità esclusivamente produttive dell'investimento per il nuovo insediamento di Ponterotto.

La denuncia arriva dai un pool di associazioni e comitati (da Legambiente al WWF a Italia Nostra al comitato per l'ambiente di San Casciano) che oggi hanno presentato un video in cui, atti di bilancio alla mano, si proverebbe come l'azienda produttrice ed assemblatrice di Camper e similari, in realtà, chiede di realizzare un nuovo stabilimento di 360 mila metri cubi per motivi che con la missione produttiva hanno evidentemente poco a che fare.

'I bilanci- dicono i comitati che domani interverranno al consiglio comunale aperto previsto per le 16 e 30 a San Casciano- ci dicono che non è vero che non c'erano alternative, né che l'azienda è in crescita, e nemmeno o che il nuovo stabilimento darà garanzie occupazionali'.

Per Giuseppe Pandolfi del circolo di Legambiente il Passignano 'i dati sulla reale superficie produttiva non tornano: la Liaka ha forzato i dati per ottenere concessioni su tre ettari; e poi non è vero che l'azienda ha una crisi di produzione, piuttosto non riesce a vendere e sta perdendo quote di mercato, con 10 milioni di motorom prodotti'. 'Infine- dice Pandolfi- l'azienda sta già riducendo l'occupazione'.

Secondo Pandolfi Laika intende in realtà fare un'operazione immobiliare che porterà ad una riorganizzazione dell'azienda e probabilmente anche ad una diminuzione del costo del lavoro, dunque, quasi certamente, a nuovi licenziamenti.
 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano