sabato 16 aprile 2011

APERTURA DELLA CAMPAGNA PER I REFERENDUM SU ACQUA PUBBLICA E NUCLEARE A SAN CASCIANO VAL DI PESA

18 APRILE ORE 21 PRESSO IL CIRCOLO ARCI DI SAN CASCIANO
SIETE INVITATI ALL'INCONTRO ORGANIZZATIVO DELLE REALTA' ASSOCIATIVE PRESENTI SUL TERRITORIO
APPELLO
Il 12 e 13 giugno prossimi si vota su due quesiti referendari riguardanti l'acqua bene comune e uno riguardante il ritorno al nucleare. Il silenzio mediatico che avvolge questo appuntamento cruciale per il futuro della nostra democrazia impone a tutti di attivarsi in prima persona per diffondere le ragioni che portano a sostenere il sì sulle schede e per spingere alla partecipazione popolare al voto per evitare il non raggiungimento del quorum.
Sostenere la campagna per questi tre sì sulle schede è importante perché:
2 SI' per l'Acqua bene comune
Per fermare la privatizzazione e i profitti sull'acqua. Per il riconoscimento dell'acqua quale diritto umano universale, diritto calpestato dalle norme che vogliamo abrogare con i referendum
1 SI'per fermare il nucleare
Contro l'imposizione di una scelta che mette a rischio la vita, che non risolve i problemi energetici, che presenta enormi costi economici e sociali, che confligge con la crescita delle energie pulite
Questi referendum sono fondamentali per la difesa dei beni comuni, dei diritti e della democrazia, per tutte le donne e gli uomini che guardano ad un altro modello di società, di benessere e al futuro del pianeta.
Per questo ci appelliamo a tutte le organizzazioni, alla società civile, ai singoli individui del nostro territorio affinché si possa dar vita a una rete più articolata possibile che sostenga la campagna referendaria per i tre sì.
Unisciti a noi, partecipa all'incontro a San Casciano Val di Pesa il prossimo 18 aprile.
Comitato provinciale referendario 2 sì per l'acqua bene comune di Firenze


Francesco Gesualdi e gli allievi di Don Milani lanciano un appello-da sottoscrivere- al Presidente della Repubblica

Lettera aperta al Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano.
11 Aprile 2011

Signor Presidente,
lei non può certo conoscere i nostri nomi: siamo dei cittadini fra tanti di quell'unità nazionale che lei rappresenta.
Ma, signor Presidente, siamo anche dei "ragazzi di Barbiana". Benchè nonni ci portiamo dietro il privilegio e la responsabilità di essere cresciuti in quella singolare scuola, creata da don Lorenzo Milani, che si poneva lo scopo di fare di noi dei "cittadini sovrani". Alcuni di noi hanno anche avuto l'ulteriore privilegio di partecipare alla scrittura di quella Lettera a una professoressa che da 44 anni mette in discussione la scuola italiana e scuote tante coscienze non soltanto fra gli addetti ai lavori.
Il degrado morale e politico che sta investendo l'Italia ci riporta indietro nel tempo, al giorno in cui un amico, salito a Barbiana, ci portò il comunicato dei cappellani militari che denigrava gli obiettori di coscienza. Trovandolo falso e offensivo, don Milani, priore e maestro, decise di rispondere per insegnarci come si reagisce di fronte al sopruso. Più tardi, nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il diritto - dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.
Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo ad un uso costante della legge per difendere l'interesse di pochi, addirittura di uno solo, contro l'interesse di tutti. Ci riferiamo all’attuale Presidente del Consiglio che in nome dei propri guai giudiziari punta a demolire la magistratura e non si fa scrupolo a buttare alle ortiche migliaia di processi pur di evitare i suoi.
In una democrazia sana, l'interesse di una sola persona, per quanto investita di responsabilità pubblica, non potrebbe mai prevalere sull'interesse collettivo e tutte le sue velleità si infrangerebbero contro il muro di rettitudine contrapposto dalle istituzioni dello stato che non cederebbero a compromesso. Ma l'Italia non è più un paese integro: il Presidente del Consiglio controlla la stragrande maggioranza dei mezzi radiofonici e televisivi, sia pubblici che privati, e li usa come portavoce personale contro la magistratura. Ma soprattutto con varie riforme ha trasformato il Parlamento in un fortino occupato da cortigiani pronti a fare di tutto per salvaguardare la sua impunità.
Quando l'istituzione principe della rappresentanza popolare si trasforma in ufficio a difesa del Presidente del Consiglio siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia e tutti abbiamo l'obbligo di fare qualcosa per arrestarne l'avanzata.
Come cittadini che possono esercitare solo il potere del voto, sentiamo di non poter fare molto di più che gridare il nostro sdegno ogni volta che assistiamo a uno strappo. Per questo ci rivolgiamo a lei, che è il custode supremo della Costituzione e della dignità del nostro paese, per chiederle di dire in un suo messaggio, come la Costituzione le consente, chiare parole di condanna per lo stato di fatto che si è venuto a creare. Ma soprattutto le chiediamo di fare trionfare la sostanza sopra la forma, facendo obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a promulgare leggi che insultano nei fatti lo spirito della Costituzione. Lungo la storia altri re e altri presidenti si sono trovati di fronte alla difficile scelta: privilegiare gli obblighi di procedura formale oppure difendere valori sostanziali. E quando hanno scelto la prima via si sono resi complici di dittature, guerre, ingiustizie, repressioni, discriminazioni.
Il rischio che oggi corriamo è lo strangolamento della democrazia, con gli strumenti stessi della democrazia. Un lento declino verso l'autoritarismo che al colmo dell'insulto si definisce democratico: questa è l'eredità che rischiamo di lasciare ai nostri figli. Solo lo spirito milaniano potrà salvarci, chiedendo ad ognuno di assumersi le proprie responsabilità anche a costo di infrangere una regola quando il suo rispetto formale porta a offendere nella sostanza i diritti di tutti. Signor Presidente, lasci che lo spirito di don Milani interpelli anche lei.
Nel ringraziarla per averci ascoltati, le porgiamo i più cordiali saluti
Francesco Gesualdi, Adele Corradi, Nevio Santini, Fabio Fabbiani, Guido Carotti, Mileno Fabbiani, Nello Baglioni, Franco Buti, Silvano Salimbeni, Enrico Zagli, Edoardo Martinelli, Aldo Bozzolini

Per sottoscrivere questo appello scrivete a letteranapolitano@altreconomia.it

Meglio spendere per l'acqua che per le armi


Sabato 9 aprile l'Unità ha ospitato un intervento di Luca Martinelli di Altreconomia a nome del Comitato referendario "2 sì per l'acqua bene comune". L'articolo risponde a due articoli di Erasmo D'Angelis, presidente di Publiacqua (in allegato), e Alfredo Di Girolamo, di Cispel-Confservizi Toscana, pubblicati dal quotidiano diretto da Concita De Gregorio nei giorni precedenti.

Con la lettera aperta di Erasmo D'Angelis e l'intervento di Alfredo Di Girolamo, pubblicate nelle ultime settimane, le pagine de l'Unità hanno ospitato critiche diffuse ai due quesiti referendari contro la privatizzazione dell'acqua. Per non ingenerare confusione negli elettori, chiamati a votare il 12 e 13 giugno, riteniamo doveroso replicare ad alcune affermazioni. Di Girolamo, intanto, mette in bocca ai referendari parole che non sono nostre. Nessuno si sogna di “ripubblicizzare” il servizio idrico integrato con l'“abolizione” dell'articolo 23 bis (del dl 112 del 2008). Il referendum, è, per sua natura, abrogativo, e perciò non può produrre diritto positivo. Ciò che contestiamo, è che l'articolo 23 bis (come modificato dalla legge Ronchi, la numero 166 del 2009) impone, sostanzialmente, di affidare la gestione del servizio tramite il meccanismo della gara. Tanto Di Girolamo, quanto D'Angelis, dovrebbero avere ben presente il provvedimento numero 17623 con cui l'Antitrust ha multato (nel 2007) le imprese Acea e Suez, per un accordo di cartello che ha viziato le gare per il servizio che si sono svolte in Toscana, comprese quella che ha portato a scegliere il socio privato della società oggi presieduta da D'Angelis. Purtroppo, nemmeno una sentenza dell'Antitrust ha il potere di sciogliere affidamenti che derivano da gare palesemente falsate. Ed è questo il motivo per cui, intanto, con il primo quesito referendario ci poniamo l'obiettivo di non vedere, in tutto il Paese, svolgersi gare secondo il “modello toscano”, che prevede un unico concorrente e il risultato scontato. Un successo referendario potrebbe invece servire a calendarizzare in Parlamento la legge d'iniziativa popolare del 2007 sottoscritta da 406mila cittadini, il cui testo parla invece di “ripubblicizzazione”. 
Il nodo centrale è però il secondo quesito referendario. Quello che fa riferimento al “tasso di remunerazione del capitale investito”. Il problema, però, non è lo spettro degli utili, dei profitti sull'acqua. Ciò che spaventa Di Girolamo è che, spiegando questo quesito, possiamo finalmente informare i cittadini che, in base alla dottrina tariffaria basata sul full recovery cost, dalla legge Galli (16/94) in avanti pagano di tasca propria (non con le tasse, ma in bolletta) gli investimenti sulla rete e anche gli interessi sui mutui aperti dalle società che gestiscono gli acquedotti. Il secondo quesito è quello che ci permette di tornare a parlare, in relazione al servizio idrico integrato (ma anche agli altri servizi pubblici locali) di fiscalità generale e di finanza pubblica. Cosa sono, in fondo, 2 miliardi di euro all'anno d'investimenti a fronte di un bilancio dello Stato che sfiora gli 800? Lo Stato dovrebbe garantire a tutti i cittadini depurazione e fognature (oggi tocca solo ai tre quarti degli italiani) o i cacciabombardieri F35 (il conto, 18 miliardi di euro, è a carico dei contribuenti)? È una questione di investimenti, certo, ma anche di priorità. Noi le nostre le abbiamo scelte.

venerdì 15 aprile 2011

Emergency: in ricordo di Vittorio Arrigoni

Vittorio Arrigoni è l’ennesima vittima civile della guerra e della logica della guerra. Da anni Vittorio era un testimone delle violazioni dei diritti umani nei Territori Occupati e lavorava per affermare il diritto della popolazione civile dei Territori a vivere, e a vivere con dignità.
La sua uccisione ci lascia sgomenti. Quello che possiamo e dobbiamo fare, adesso, è non dimenticarci di lui e del suo lavoro, anche quando la notizia della sua morte sarà scomparsa dai giornali.
La pratica dei diritti umani, violati ogni giorno nella maggior parte del mondo, è l’unico modo per uscire dalla logica della guerra. Quella logica che toglie vita e dignità ai cittadini del mondo, dai Gaza a Tel Aviv, da Kabul a Misurata, da Haiti a Lampedusa. La stessa logica che ha ucciso Vittorio.

Emergency, 15 aprile 2011

12 e 13 giugno per i REFERENDUM OCCORRE ANDARE A VOTARE E VOTARE 4 SI PER L'ACQUA BENE COMUNE, CONTRO IL NUCLEARE E IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO













 
Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione Comunista ha aderito al ComitatoToscano Referendum
"2 SI per l'acqua bene comune"  e al Comitato Referendario Toscano "Vota SI per fermare il nucleare".

2 SI ai due quesiti referendari per l'acqua bene comune.
Perché l'acqua è un bene essenziale che appartiene a tutti e un diritto umano universale.
Perché vogliamo togliere l'acqua dal mercato e i profitti dall'acqua.
Perché vogliamo una gestione pubblica e partecipativa.

1 SI al referendum sul ritorno al nucleare.
Perché vogliamo fermare la costruzione di nuove centrali nucleari nel nostro Paese.
Perché scegliamo le energie sostenibili e rinnovabili, contro l'energia nucleare, costosa e pericolosa, fonte di inquinamento e grande affare solo per le lobby dei costruttori.

Ci appelliamo a tutti i cittadini, a tutte le associazioni, i movimenti, i comitati, le forze politiche per costituire anche a San Casciano Val di Pesa una vasta mobilitazione civile in vista dei referendum del 12-13 giugno.

martedì 12 aprile 2011

Rifiuti, Rifondazione contro la fusione Safi-Quadrifoglio

La Nazione, 6 aprile 2011

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Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano