giovedì 31 marzo 2011

Fusione Safi Quadrifoglio: operazione nell'interesse dei cittadini o della società per azioni? Il nostro comunicato stampa


COMUNICATO STAMPA
La fusione societaria Safi Quadriglio ci viene presentata come la  soluzione per la gestione dei rifiuti nella provincia di Firenze. A nostro giudizio le cose non stanno così.
Le Amministrazioni locali da tempo hanno rinunciato a svolgere un ruolo diretto nella gestione dei servizi pubblici essenziali, lasciando la gestione dei rifiuti, acqua e trasporti a società per azioni e ricoprendo  un duplice e contraddittorio  ruolo di controllori, come amministrazioni pubbliche, e controllati come azionisti.
Il governo dell'impresa è stato assunto come modello di gestione dei servizi, quindi è prevalso l'obiettivo, legittimo per società di diritto privato, del profitto che, gioco forza, viene caricato sulle tariffe, cioè sulle tasche dei cittadini. Non c'è più spazio né funzione per i beni comuni pubblici.
Le politiche perseguite ormai da anni di aziendalizzazione e privatizzazione dei servizi locali di pubblica utilità non hanno mantenuto le promesse fatte di efficienza e risparmio: i servizi non migliorano, non abbiamo maggiore efficienza e le tariffe  aumentano in modo consistente: Publiacqua Spa., già privatizzata al 40%, in tal senso insegna. 
Pensiamo che la  fusione Safi-Quadrifoglio relegherà ancor di più le amministrazioni del Chianti  a un ruolo marginale nella gestione del servizio (il comune di Firenze detiene oltre l'80% delle quote azionarie), il controllo e la trasparenza saranno ancora più problematici e incerti, i cittadini meno tutelati.
La nuova Spa è solo l'inizio del cambiamento: presto avremo ulteriori  concentrazioni societarie finalizzate alla creazione di un gestore unico dei rifiuti per le province di Firenze Prato e Pistoia e andremo a grandi passi verso la privatizzazione almeno al 40% in vista delle gare per l'appalto della costruzione degli inceneritori (per l'impianto della Piana le grandi holding Hera e Veolia si sono già candidate).
La società avrà come obiettivo prioritario la costruzione degli impianti di incenerimento, vero e unico interesse economico di tutta l'operazione. Se l'inceneritore di Testi non fosse realizzato, i comuni del Chianti dovranno rispondere economicamente del mancato realizzo: un atto di pressione fortissimo  perché le nostre comunità accettino la costruzione dell'inceneritore di Testi. 
Sono scelte deleterie per i cittadini e per il territorio.  La futura Spa avrà grande interesse a costruire l'inceneritore. Crediamo che l'interesse della collettività, dell'ambiente e della salute, beni comuni per eccellenza, stia da un'altra parte: politiche concrete per la riduzione dei rifiuti, riuso,  riciclo e recupero dei materiali, pianificazione di area del servizio di raccolta porta a porta con tariffazione puntuale. Per queste scelte noi continueremo ad impegnarci; scelte prioritarie che sono state adottate da un numero sempre più esteso di Comuni (Capannori, Montespertoli, etc.), dimostrandone così i vantaggi in termini economici, ambientali e occupazionali.
La realtà è che queste società sono sempre più distanti dai territori, sempre più attente  al profitto e alla creazioni di posizioni di potere per i politici, sempre meno finalizzate a rappresentare l'interesse della collettività. 
Ci dovremmo invece orientare verso modelli innovativi di “pubblico partecipato”, recuperando la centralità del soggetto pubblico in questioni centrali per la vita e il benessere delle popolazioni.



2 aprile: manifestazione a Roma e in tante piazze italiane per dire NO alla guerra


APPELLO COORDINAMENTO 2 APRILE
Le persone, le organizzazioni e le associazioni che in questi giorni hanno sentito la necessità, attraverso appelli, prese di posizioni e promozione di iniziative, di levare la propria voce
       CONTRO LA GUERRA E LA CULTURA DELLA GUERRA
PER SOSTENERE LE RIVOLUZIONI E LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA DEI POPOLI MEDITERRANEI E DEI PAESI ARABI
     PER L'ACCOGLIENZA E LA PROTEZIONE DEI PROFUGHI E DEI MIGRANTI
CONTRO LE DITTATURE, I REGIMI, LE OCCUPAZIONI MILITARI,
LE REPRESSIONI IN CORSO
   PER IL DISARMO, UN'ECONOMIA ED UNA SOCIETÀ GIUSTA E SOSTENIBILE

 CHIEDONO
LO STOP AI BOMBARDAMENTI E IL CESSATE IL FUOCO IN LIBIA
per fermare la guerra, la repressione ed aprire la strada a una soluzione politica coerentemente democratica.
IL 2 APRILE 2011 SARÀ UNA GRANDE GIORNATA DI MOBILITAZIONE E PARTECIPAZIONE ATTIVA A ROMA E IN TANTE PIAZZE D'ITALIA.
A partire da quella data ci impegniamo a dar vita ad un percorso diffuso sul territorio di mobilitazioni, iniziative, informazione, assemblee, incontri e solidarietà con i movimenti dei paesi arabi.

per adesioni: coordinamento2aprile@gmail.com
Prime adesioni:
Arci, Action, Associazione Ya Basta Italia, Associazione per il rinnovamento della sinistra, Associazione per la pace, A Sud, Attac Italia, AteneinRivolta, Comitato Fiorentino Fermiamo la guerra, Cobas, Democrazia Chilometro Zero, Emergency, ESC, FIOM–CGIL, Gruppo Abele, Horus Project, Lega diritti dei Popoli, Legambiente, Libera, Lunaria, Mediterranea, Rete@Sinistra, Rete della Conoscenza, Rete Romana Solidarietà al Popolo Palestinese, Rete Studenti Medi, Sinistra Euromediterranea, Stryke-Yomigro, UDU, Un ponte per
FedS, FGCI, GC, PCdL, PdCI, Prc, Sinistra Critica, Se

Acqua o nucleare, la logica è la stessa, di Ugo Mattei


Sovente ripetiamo che per poter essere difesi i beni comuni devono essere riconosciuti come tali e che per riconoscerli occorre praticare il pensiero critico. Per esempio, tutti diamo per scontato che la terra sia ferma perché è proprio la terraferma ad averci garantito la possibilità di sviluppare il nostro modello di vita stanziale. La sismicità è rimossa dalla collettività, ma chi ha responsabilità di governo del bene comune «territorio» deve necessariamente tenerne conto. Male gestisce i beni comuni chi miri al profitto o alla concentrazione del potere, ed è per questo che essi devono essere governati in modo partecipato e diffuso da quanti ne assorbono i benefici e ne subiscono i costi. In questo modo, i beni comuni non rispondono alla logica della produzione ma, guardando alla sostenibilità di lungo periodo (ossia anche all' interesse delle generazioni future) devono rispondere alla logica della riproduzione: la logica eco-logica che è qualitativa e non quantitativa. 
Chi mira al profitto e alla concentrazione del potere investe in modo sostanziale nell'occultamento dei beni comuni, proprio perché profitto privato e potere politico si soddisfano entrambi nel loro saccheggio. È interesse convergente tanto del potere economico quanto di quello politico, che ne è sempre più servo, indebolirne le difese democratiche (come per esempio il referendum). I beni comuni divengono molto più facilmente riconoscibili quando posti a rischio letale e la loro emersione pubblica ne facilita enormemente la difesa. In questi momenti , il potere mette in campo, disordinatamente, ogni possibile tattica per occultare la verità. 
Queste considerazioni solo apparentemente astratte ci consentono di interpretare e di ridurre ad unità il dibattito politico di questi giorni. Un certo senso di tranquillità si era impadronito dell'opinione pubblica meno critica di fronte all'opzione nucleare, sebbene questa sia il principale paradigma della concentrazione estrema del potere non democratico nella società tecnologica «avanzata». L'opzione nucleare infatti non solo concentra gli investimenti energetici incanalando il patrimonio pubblico in una sola direzione, ma soprattutto richiede la costruzione di un imponente apparato poliziesco per evitare che il materiale radioattivo finisca nelle «mani sbagliate». In nome della sicurezza nucleare, siamo pronti ad accettare qualsiasi limitazione della libertà personale ed è inevitabile la militarizzazione di ampie porzioni del territorio circostante alle centrali. Paradossalmente, è la stessa portata micidialmente globale delle conseguenze di un disastro nucleare ad incentivare questa politica suicida. Proprio come nella famosa «tragedia dei comuni». Si ripete spesso che «tanto le centrali ci sono già in Francia e Svizzera e quindi il rischio c'è lo stesso e noi non ne traiamo alcun beneficio». 
Un tale atteggiamento egoistico, nazionalistico e di breve periodo spiega l'atteggiamento irresponsabile del governo italiano che così incrementa (a scopo di profitto e potere) il letale rischio per il nostro pianeta vivo, bene comune per eccellenza. La fede incrollabile nella tecnologia, gonfiata ad arte dal capitale, porta i più a bere la propaganda nuclearista di Veronesi, e si ripete lo spettacolo deprimente di Chicco Testa (ex presidente di Legambiente) che in televisione sdottora di terza e quarta generazione di centrali.
Ammettiamolo: se non ci fosse stato lo tsunami giapponese, al referendum sul nucleare saremmo stati forse perfino sotto il 20%, ma del resto anche quello scorso si vinse solo «grazie» a Chernobyl. In effetti, perfino molti fra quanti si sono battuti per il referendum sull'acqua pubblica non vedevano bene quello sul nucleare, pensando che ci avrebbe «fatto perdere». La tattica (vincere sull'acqua) stava facendo premio sulla strategia (invertire la rotta rispetto ad un modello di sviluppo suicida). Ecco oggi un esempio (molto comune in politica) di eterogenesi dei fini, perché sarà proprio il nucleare a motivare adesso la partecipazione alle urne. Ecco soprattutto beni comuni emergere prepotenti e visibili durante un emergenza che scuote (letteralmente) le false certezze ed illusioni della modernità. 
La certezze che la tecnologia possa rendere sicuro il nucleare, un dato tanto vero quanto il fatto che la terraferma sitia ferma. L'incidente giapponese mostra come diritto e politica dovrebbero garantire un bene comune fondamentale come la sicurezza di tutti nei confronti delle conseguenze delle fughe in avanti della mitologia progressista (ciò è vero oggi in Italia rispetto a Enel Edf che vogliono fare le centrali come era vero rispetto alla Bp che ha devastato il golfo del Messico). Soprattutto esso indica come, in prospettiva ecologica, si debba apprezzare la natura dell'energia come un bene comune globale. Essa va governata nell'interesse della ri-produzione e non in quello della produzione, evitando così ogni «tragedia» dettata dall'egoismo e dalla logica di breve periodo, sia essa pubblica o privata. Per questo il nucleare va respinto e per questo dobbiamo unire ogni sforzo in questa battaglia referendaria. Respingere il nucleare significa scommettere sulla produzione diffusa ed ecologica di energia, sulla diffusione del potere e dunque sulla democrazia e sui beni comuni. Proprio come per l'acqua.
Alla luce dei beni comuni il referendum sul nucleare e quelli sull'acqua sono accomunati da una medesima logica. Occorre invertire la rotta rispetto alla false certezze del pensiero unico; denunciare una classe dirigente irresponsabile e corrotta dalla concentrazione e dalla commistione del potere politico con quello economico; aprire gli occhi rispetto all' ipnosi colettiva che per anni è stata prodotta da strategie culturali volte a occultare i beni comuni a fini di saccheggio. Occorre cominciare a pensare in modo ecologico e sistemico. La piena consapevolezza di come l'interesse comune non possa coincidere con quello dello Stato deve essere assolutamente raggiunta per far risorgere la democrazia. Ciò è assai importante nella giornata in cui le celebrazioni dei 150 anni dall'unità d'Italia producono inevitabilmente confusione fra quanto è comune agli italiani (da decine di secoli) e quanto è Stato (da appena un secolo e mezzo). Ma qui si fonda la distinzione fra identità culturale e patriottismo, quest'ultimo sempre un po' fascisteggiante. 
Altro esempio di questi giorni. il patrimonio pubblico non appartiene allo Stato ma a tutti noi. Il governo in carica deve amministrarlo nell'interesse di tutti e non dilapidarlo in quello proprio, anche se politico. Ogni sua scelta di gestione deve essere giustificabile ed «imparziale». C'è quindi un dovere civile di tutti noi ad indignarci per la decisione di respingere l'election day, sperperando 300 milioni in un momento di grande crisi. La Costituzione non può consentirlo, quali che possano essere gli argomenti formalisti dietro cui troppo spesso si nasconde la cosiddetta cultura giuridica. Dobbiamo porre il governo ma anche la Corte Costituzionale e le altre magistrature di fronte al dovere di fermare questa vergogna, anch'essa figlia della confusione fra Stato e bene comune.

FONTE: Il manifesto, 18 marzo 2011


    

martedì 29 marzo 2011

Acqua, ecco come con i privati salgono i prezzi


di Salvatore Cannavò

Il corteo del “popolo dell’acqua” ha aperto la campagna referendaria che porterà al voto del 12 e il 13 giugno. Quel referendum è stato garantito da oltre un milione e quattrocentomila firme che hanno passato il vaglio della Corte di cassazione e della Corte costituzionale (un analogo referendum presentato dall’Idv è stato invece bocciato). Spiega al Fatto Quotidiano Marco Bersani, uno dei promotori del referendum: “Questa è una battaglia dei cittadini contro i poteri forti”.
Da quando l’acqua è stata messa a disposizione di società per azioni, siano esse private, pubbliche o miste privato-pubblico, il suo scopo è diventato, naturalmente, quello di produrre degli utili e di creare dividendi per gli azionisti. “Ma gli effetti di questa logica – spiega Bersani – sono tutti socialmente dannosi”. Perché gli utili derivano da “aumento delle tariffe, riduzione del costo del lavoro, riduzione della qualità del servizio, aumento dei consumi di acqua”. Secondo i dati del Co.n.vi.ri., il Comitato ministeriale di Vigilanza sulle Risorse idriche e del centro Civicum di Mediobanca, negli ultimi dieci anni le tariffe sono aumentate del 68 per cento mentre l’inflazione solo del 21. Da quando esistono le Spa, l’occupazione del settore si è ridotta del 15-20 per cento con un’impennata della precarizzazione. “Si potrebbe sostenere Bersani – che si sia trattato di una riduzione dei privilegi delle aziende pubbliche, ma in questo caso il fenomeno si sarebbe dovuto limitare ai primi anni di privatizzazione. Invece non accenna a fermarsi”. 
Dicono i fautori delle privatizzazioni: lo Stato non ha un soldo, la rete idrica italiana è allo stremo, i privati portano soldi, investimenti, servizi migliori. Ai promotori del referendum, infatti, viene contestato in particolare il secondo quesito, quello che abroga la norma secondo la quale le tariffe vengono integrate per remunerare in forma adeguata il capitale investito. Insomma, profitti sicuri garantiti dalle bollette dei cittadini. Bersani prende ancora i dati del Co.n.vi.ri.: “Nel decennio precedente alla legge Galli, dal 1986 al 1995, gli investimenti erano 2 miliardi di euro l’anno. In quello successivo sono crollati a 700 milioni”. Il movimento referendario ha una linea sul finanziamento degli investimenti idrici: “Per ammodernare la rete servono 40 miliardi in venti anni, 2 miliardi all’anno”. Almeno 1 miliardo potrebbe essere recuperato dalla riduzione delle spese militari, poi c’è l’ipotesi del “prestito irredimibile”, una somma versata dai cittadini allo Stato in cambio di un interesse del 6,5 per cento per un numero di anni da definire.
L’Italia è tra i paesi che consumano più acqua, che utilizzano moltissima acqua minerale in cui “esiste una tendenza culturale al consumo dell’acqua e quindi se non si fanno campagne mirate non si producono risparmi”. Da quando esistono le Spa sono aumentati tra il 17 e il 20 per cento all’anno e la tendenza resta di crescita. 
Ma allora sono meglio i “carrozzoni pubblici”, le Acea controllate da giunte come quella di Alemanno che si è distinta per la parentopoli all’Ama o all’Atac? “In realtà, risponde Bersani, indipendentemente dal capitale pubblico, chi controlla e gestisce un’azienda idrica sono i privati che compongono il Cda al di là delle loro quote azionarie. Chi ha deciso gli investimenti dell’Acea in Armenia, Albania, Perù, Santo Do-mingo, Honduras? I cittadini romani non ne sanno nulla”. E quindi il problema è anche quello di migliorare la democrazia, controllare le decisioni, passare da organismi nominati a organismi democraticamente eletti. 
Per cercare di far crescere l’attenzione il movimento referendario sta per lanciare la campagna delle “Bandiere dell’acqua appese ai balconi” (un lenzuolo azzurro con il simbolo dei 2 Sì), un modo per far crescere il passaparola. Si sono poi inventati una sottoscrizione originale: se il quorum sarà raggiunto il Comitato beneficerà del rimborso elettorale e quindi i cittadini che avranno sottoscritto si vedranno restituire i soldi.

Il Fatto Quotidiano, 27 marzo 2011

lunedì 28 marzo 2011

Libia: da Emergency a Libera, no a guerra, sì a diritti umani


LIBIA: PACIFISTI, NO GUERRA SI' DIRITTI UMANI
DA EMERGENCY A LIBERA, CORRIDOIO UMANITARIO E COMANDO ONU
(ANSA) - ROMA, 21 MAR - No all'intervento militare in Libia, ridare la parola alla politica: è un grido unanime quello che proviene dalle associazioni dei pacifisti e dalle organizzazioni umanitarie italiane, che chiedono l'apertura immediata di un corridoio per portare assistenza alla popolazione libica. "Nessuna guerra può essere umanitaria" sostiene Emergency. L'organizzazione di Gino Strada è in prima fila nel chiedere che si riprenda il dialogo, anche attraverso l'invio di ispettori delle Nazioni Unite e di osservatori della comunità internazionale e l'apertura immediata di un corridoio umanitario per portare assistenza alla popolazione libica. L'Italia non doveva e non deve bombardare, fa eco Flavio Lotti, della Tavola della pace, che chiede di "cambiare subito rotta". L'iniziativa militare contro Gheddafi, secondo Lotti, è stata "assunta in fretta da un gruppo di paesi che hanno fatto addirittura a gara per stabilire chi bombardava per primo, che non ha nemmeno una strategia comune, che non ha un chiaro comando unificato ma solo una forma di coordinamento, con una coalizione internazionale che si incrina ai primi colpi e che deve già rispondere alla pesante accusa di essere andata oltre il mandato ricevuto. Si poteva iniziare in modo peggiore?". Ora l'Italia "ha una sola grande missione da compiere: fermare l'escalation della violenza, togliere rapidamente la parola alle armi e ridarla alla politica, promuovere il negoziato politico a tutti i livelli per trovare una soluzione pacifica e sostenibile. L'Italia deve diventare il crocevia dell'impegno europeo e internazionale per la pace e la sicurezza umana nel Mediterraneo". Uno stop all'escalation che chiede anche Libera, associazione contro le mafie fondata da don Ciotti: "c'è un Nord Africa che coraggiosamente sta cercando di rialzare la testa, prova a riscattarsi da decenni di oppressione, disuguaglianze e bugie e come contraltare assistiamo alla debolezza delle politica, che in Italia e in Europa si preoccupa soprattutto di presidiare le frontiere alzando lo spettro delle 'invasioni barbariche'". Una condanna senza mezzi termini dell'intervento militare giunge anche da Pax Christi, che chiede di "operare in ogni ambito possibile di confronto e di dialogo perché si faccia ogni sforzo così che l'attuale attacco armato non diventi anche una guerra di religione". Mentre per il presidente delle Acli, Andrea Olivero, "il comando delle operazioni in Libia deve passare il prima possibile all'Onu: solo le Nazioni Unite possono garantire la trasparenza e la legittimità internazionale di un intervento che sia davvero e solamente a scopi umanitari". (ANSA).

Bilancio di previsione 2011 e triennale 2011-2013 Comune San Casciano Val di Pesa: le motivazioni del nostro voto contrario


Le Amministrazioni locali sono in grande difficoltà finanziaria per i tagli alle risorse decisi dal governo nazionale. Proprio per questo sarebbe stato necessario un ripensamento sulle scelte politiche complessive e sugli strumenti di attuazione che si scelgono. Questo stanno facendo numerosi comuni virtuosi che hanno messo al centro della loro azione amministrativa  la difesa del territorio e dei beni comuni, quali patrimonio della collettività, garantendo la partecipazione attiva e non consuntiva dei cittadini alle  scelte, anche difficili, da operare nella gestione delle risorse.
Non vediamo questa impostazione di fondo nel bilancio di previsione del Comune di San Casciano.
Nelle entrate la voce “permessi di costruzione” è molto alta (anche se in flessione per la generale crisi dell'edilizia) e incide per il 65% sulla spesa corrente. Il dato è preoccupante ed è evidente,         tanto più in questo momento di grave crisi, quanto pesi negativamente questa consolidata scelta politica delle Amministrazioni locali di reperire risorse contando sulla cementificazione del territorio: si è instaurato da tempo un meccanismo perverso per cui si considera “normale” finanziare i servizi tramite l'uso e l'abuso del consumo di suolo.
L'altro dato assolutamente negativo è la scelta di alienare parte del patrimonio pubblico per garantire, si dice, il pareggio di bilancio. Abbiamo allora l'alienazione di un terreno a La Romola e della ex scuola di Chiesanuova. Nel 2012-2013 sono previste l'alienazione di un altro terreno a Cerbaia e di parte  del cantiere comunale. Sono scelte sbagliate e miopi: l'anno prossimo, che pare di capire non sarà certo migliore, cosa si inventeranno? Sulle potenzialità edificatorie e l'alienazione del patrimonio si gioca una partita decisiva per la gestione del territorio. Continuiamo a sostenere che occorre svincolare il futuro del territorio dalle esigenze di bilancio, pensare cos'è giusto tutelare, puntare a fermare il consumo di suolo che non può essere più utilizzato come “moneta corrente” per i bilanci comunali. Invece si vendono terreni e immobili, cambiando la destinazione d'uso (da agricolo a edificabile, da destinazione pubblica a residenziale) così avremo ancora tanti bei appartamenti e varianti urbanistiche: così si tutela davvero la collettività?
Fermare il consumo di suolo non vuol dire fermare l'economia. Se il soggetto pubblico indirizza l'urbanistica verso il recupero, il mercato si adegua. Ma ancora il Comune di San Casciano non ha approvato il Regolamento Urbanistico: si va avanti con varianti al Piano Regolatore. Ma, ad esempio, sappiamo quanti sono gli immobili inutilizzati nel nostro comune? Ovviamente no, non è stata fatta alcuna ricognizione; in ogni caso si prevede con il prossimo RU una “limitata espansione edilizia” che ancora non si riesce a tradurre in dato concreto, a cui dovremo aggiungere tutto ciò che rimane da edificare secondo il PRG: presumibilmente non sarà poco, intanto comunque continuiamo con le varianti...
L'altro grande capitolo di dissenso profondo non lo troviamo nel bilancio di previsione, per il semplice motivo che la gestione di servizi essenziali per i cittadini come acqua e rifiuti non sono più gestiti dall'Amministrazione. Si parla di servizi locali che vengono gestiti da tempo attraverso società per azioni, pubbliche o miste. Negli anni le SPA hanno sottratto beni comuni, soldi e democrazia ai cittadini e ai territori. Su questo tema occorre aprire un capitolo nuovo: questi sono beni comuni che devono tornare nella piena disponibilità, gestione e controllo delle comunità locali. Per una questione di democrazia e di trasparenza. Le Spa non possono rappresentare il futuro per i servizi di pubblica utilità. Sono imprese di diritto privato e come tali perseguono l'obiettivo, legittimo, del profitto, che viene assicurato tramite le tariffe, cioè le tasche dei cittadini.
20 e più anni di aziendalizzazione, privatizzazione e false liberalizzazioni hanno dimostrato che le promesse di efficienza e risparmio non sono state mantenute: peggiore qualità dei servizi, aumento della precarizzazione del lavoro e aumento consistente delle tariffe. I consigli comunali svolgono un ruolo di “ratificatori” di bilanci societari, cambi azionari, dismissioni, perdono il ruolo di indirizzo politico e di tutela dell'equità sociale. Non si rappresentano così gli interessi collettivi.
Possiamo parlare di Publiacqua, privatizzata al 40% (Acea e Suez). Gli effetti della privatizzazione sono  evidenti: anche se formalmente la maggioranza azionaria rimane in mano al “pubblico”, non sfugge a nessuno che la gestione vera, e dunque il controllo societario e le scelte industriali, sono espressione diretta degli interessi del socio industriale, non delle amministrazioni pubbliche.
Con Publiacqua privatizzata abbiamo raggiunto il primato di avere l'acqua più cara d'Italia, negli anni 2008-2010 abbiamo avuto aumenti del 40%. Nel 2011 abbiamo aumenti della quota fissa di oltre il 6% e aumenti ben più  consistenti nella parte variabile, e sono certi aumenti nei prossimi anni. Che dire poi della storia incredibile dell'aumento della cauzione (vera e propria gabella) imposta da Publiacqua... Chi difende i diritti dei cittadini? Forse i sindaci in quanto controllori tramite gli organismi degli Ato? Forse i rappresentanti dei soci pubblici nel soggetto gestore? Le domande sono retoriche... Così come è intollerabile che Publiacqua spa, all'insaputa dell'Ato3, quindi dei sindaci e dei consigli comunali, stia procedendo a cessioni di rami d'azienda, costituzione di aziende di scopo, in probabile, se non certa violazione degli atti di concessione, legislazione di settore, diritti dei lavoratori: emblematico il caso di “Ingegnerie Toscane”.
Possiamo anche parlare di Safi Quadrifoglio Spa e quindi di gestione dei rifiuti. Abbiamo una fusione societaria che è solo il primo passo verso concentrazioni maggiori, in previsione della privatizzazione della società almeno al 40%. Abbiamo criticato questa fusione, penalizzante per i comuni del Chianti, finalizzata essenzialmente alla costruzione e gestione degli  inceneritori previsti, per il Chianti ovviamente l' inceneritore di Testi. Intanto insieme al bilancio di previsione comunale è stato approvato il piano finanziario di Safi Spa per il 2011 che  comporterà un aumento medio della tariffa del 7%: un piano finanziario che non indica una pianificazione di area della raccolta differenziata “porta a porta” che quindi rimane un servizio
sperimentale, senza investimenti e strumenti specifici di attuazione; che non utilizza l'impianto di compostaggio di Ponterotto che continua a rimanere chiuso e inutilizzato. Non pare proprio che le politiche che noi abbiamo sempre indicato come prioritarie -riduzione dei rifiuti, riuso e riciclo dei materiali- siano all'ordine del giorno del gestore! Si continuano ad utilizzare le discariche e l'unico obiettivo vero delle spa che gestiscono i rifiuti è la realizzazione degli inceneritori, impianti dannosi e diseconomici. Non vediamo l'interesse pubblico in queste scelte!
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione Comunista è in Consiglio Comunale per rappresentare obiettivi e scelte diverse.
Il concetto di “benessere” andrebbe ridefinito da ciascuno di noi e le istituzioni dovranno sempre più misurarsi con questo tema cruciale. Francesco Gesualdi nel suo saggio “L'altra via, dalla crescita al benvivere, programma per un'economia della sazietà” ben ci spiega la necessità di riformulare il nostro sistema economico, per un'economia che tuteli i diritti e i beni comuni, quindi il ruolo prioritario che le Amministrazioni locali potrebbero avere in questo processo di cambiamento.
Il PIL cresce molto se facciamo una colata di cemento in un campo agricolo o se privatizziamo un servizio in più. Invece il PIL si muove appena se quello stesso campo è coltivato a ortaggi da pensionati per un gruppo di acquisto solidale o se viene garantita la fornitura dell'acqua anche a chi è moroso per necessità, venendo meno alla logica del profitto della Spa di turno. Qui sta la differenza fondamentale. 
Noi cerchiamo di rappresentare gli interessi della collettività, avendo come obiettivo la salvaguardia del territorio, bene comune per eccellenza, dei diritti inalienabili e della equità sociale che possono e potranno essere garantiti solo se saremo capaci di operare un profondo cambiamento nella gestione della cosa pubblica e se in generale si riuscirà a prospettare un progetto di società che sappia garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali nel rispetto della capacità di tenuta del pianeta, dei suoi equilibri naturali, dei suoi tempi di rinnovamento, rivedendo in profondità non solo come produrre, ma anche cosa e quanto produrre. Stiamo cercando di dare un piccolo contributo  proprio in questo senso, quindi esprimiamo un voto contrario al bilancio di previsione e alle scelte complessive che l'Amministrazione sta portando avanti sui servizi di pubblica utilità.

 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano