sabato 9 luglio 2011

Una domenica di civile indignazione

5 luglio 2011

di LUCA MERCALLI

Sono appena rientrato dopo 6 ore di marcia a Chiomonte. Incredibile, un serpente umano colorato e festante proveniente da tutta Italia percorreva i boschi verdeggianti della media Valsusa in una giornata calda e luminosissima. La stima minima è di 50.000 persone, quella massima 100.000, fate voi… Statale del Monginevro bloccata e autostrada pure.

In queste ore ancora si sparano lacrimogeni, un teatro osceno per un Paese civile nel museo archeologico del villaggio neolitico della Maddalena di Chiomonte, che la polizia ha usurpato come suo quartier generale. Là, nel punto di contatto tra manifestanti e poliziotti io non sono stato, e qualche ferito c’è, qualche sasso è volato, qualche episodio da deplorare può darsi che ci sia, ma aspettiamo a parlare quando avremo sentito i racconti e visto i video di chi era là… Il 412 della polizia ha volato sopra di noi come fossimo stati in Afghanistan, dalle 8 alle 18 almeno, e sono 100 euro al minuto… io non ci sto, è uno scenario surreale per aprire un cantiere.

Ciò che vi vorrei dire a caldo è:

1) già  ora le prime pagine dei giornali titolano di guerriglia, di black bloc e altre amenità  simili: si tratta di elementi del tutto marginali della giornata, ciò che conta, e che doveva essere oggetto dei titoli, è l’enormità  della gente normale qui confluita, cittadini italiani ed europei, famiglie con bambini, pensionati, professionisti, docenti, medici, artigiani, studenti che da tutta italia (pullman da Pisa, Macerata, Udine, Bologna, Genova…) hanno affrontato levatacce e disagi, per venire a passare una domenica di civile indignazione insieme a noi. Chapeau a tutti loro, che dimostrano come vi sia una presa di coscienza sempre più vasta del problema dei beni comuni e una voglia individuale di “contare” qualcosa sul piano delle scelte. Mi sembra che politica e giornalisti siano terribilmente indietro, impegnati a proteggere i loro privilegi o tremebondi a sperare che il loro servilismo porti una promozione sulla scala sociale. Ma la gente sta correndo più veloce di loro. Ho parlato con centinaia di persone e ne ho tratto una grande impressione di competenza, di coraggio, di onestà , di passione. Altro che black-bloc!

2) tutti hanno ben chiaro, per vivere ogni giorno sulla propria pelle altre simili usurpazioni sui loro territori, che le priorità per il Paese sono altre, che nessuno vuole questi monumenti faraonici ma desidera interventi semplici, evidenti e efficaci sulla quotidianità . Tutti hanno ben chiaro che i tempi stanno cambiando in fretta. Nelle ore di marcia sotto il sole, i discorsi che sentivo fare erano dei rapporti dell’Asia con il mondo occidentale, della crisi delle risorse, dell’opposizione economia capitalistica-benessere, dell’impossibiltà  della crescita continua, della crisi petrolifera… insomma, un campione interessante di pubbliche riflessioni sul presente e sul futuro.

3) speriamo che ognuno di loro stasera su Facebook dica: “C’ero anch’io e vi spiego quali menzogne i giornali e la tv diffondono su di noi e su questa faccenda”.

4) fino al 12 luglio 1980 non c’era il traforo autostradale, quindi sulla ferrovia attuale passavano tutte le merci e i passeggeri per la Francia, inclusa la navetta per le automobili Bardonecchia-Modane. Nel 1980 eravamo forse all’età  della pietra? La ferrovia attuale bastava allora, basterebbe a maggior ragione in un mondo futuro con meno risorse. Ma Chiamparino è al delirio sviluppista e vede il Tav Valsusa come una fede: o il Tav o la terribile decrescita! Allora Tav sia. Aggiungo che un’opera di questo genere avrebbe un overhead di sistema enorme rispetto a opere più semplici e resilienti. In un’epoca postpicco petrolifero, l’imponente infrastruttura tecnologica ed energetica necessaria a garantire la sicurezza di un tunnel di 54 km con temperature interne di oltre 50 C, collasserebbe dopo pochi mesi, anche solo per via dei costi. Vedere Rutilio Namaziano… le mitiche strade di Roma, poco dopo la caduta dell’impero erano impraticabili per mancanza di manutenzione e si preferiva il periglioso viaggio via mare da Roma alla Liguria piuttosto che affrontare il fango dei tratturi maremmani…

5) finanziamento europeo: per ora, a inizio cantiere, si parla di sbloccare 671 milioni di euro, pari a circa il 4,5% del valore del progetto (calcolato dell’ordine dei 15 miliardi di euro, anche qui non ci sono mai numeri trasparenti). In caso di realizzazione successiva, si parla di ulteriore finanziamento EU del 30% della sola tratta internazionale, che escluderebbe quindi i circa 2 miliardi di euro della tratta di adduzione Torino-Chiomonte, interamente a carico italiano. Sono dati vaghi perché è quel poco che si riesce a leggere sui giornali locali. Anche questo fatto dovrebbe indignare tutti: non c’è uno straccio di rapporto ufficiale che faccia chiarezza verso i cittadini. I promotori, che i dati immagino li avranno, con fior di tecnici pagati per far solo quello, tacciono, lasciando tutti noi a baloccarci con stime e supposizioni. Anche questo è strano: se avessero dati seri, certi e inoppugnabili a sostegno dell’opera, non pensate che avrebbero già  convocato una conferenza stampa internazionale, spazzando via ogni nostra chiacchiera? Invece stanno nascosti nelle gallerie, lasciando che la gente si arrabbi, che i politici sfornino la loro retorica, che i pochi come noi che tentano di ragionare si spacchino la testa su dati faticosamente estratti qua e là .

6) la stretta alleanza politica bipartisan, che mostra un tenacissimo blocco favorevole all’opera, è un altro elemento di sospetto. In genere il politico, massimamente quello italico, quando trova un muro invalicabile nei propri affari, lo aggira, scantona, sceglie altri obiettivi più facili, ma non si mette contro una marea montante di rabbia popolare che sta diventando un elemento incognito estremamente instabile. Qui invece sono passati vent’anni di proteste e continuano tutti imperterriti ad andare in rotta di collisione contro il massiccio d’Ambin. Butto là, non è che devono aver fatto tante e tali facili promesse sulla divisione di questa appetitosa torta, che ora qualcuno ha la canna di fucile puntata dietro la schiena se non le mantiene e non paga pegno?

Ciao a tutti dalla Valsusa, qui comunque è una serata ancora molto calda.

Speriamo che serva a qualcosa.

http://www.democraziakmzero.org/2011/07/05/una-domenica-di-civile-indignazione/

Quel che ho visto in Val Susa

5 luglio 2011

di ANGELA MARY PAZZI *

Ero alla manifestazione No Tav in Val di Susa, sono partita dalle Marche come cittadina che riconosce il valore della parola degli abitanti sul destino dei loro luoghi. Sono consapevole di  essere “di parte”, di avere avuto un punto limitato di osservazione – vista l’estensione della protesta – e di aver vissuto con pathos l’evento e non con la freddezza  e il distacco del  giornalista. Non amo raccontare, ma in treno, di ritorno, da Torino leggo le pagine della Repubblica e dell’Unità e mi indigno.

Si può anche discutere sull’opportunità di fare una manifestazione nazionale in un territorio con quelle caratteristiche dopo gli ultimi eventi  nella Valle, la militarizzazione della zona, l’esasperazione della popolazione. Si deve sicuramente discutere di questo, ma io ho ancora vive le immagini della partenza di un corteo pacifico e della unificazione tra le montagne dei vari rami prima di arrivare alla Centrale elettrica di Chiomonte.

Ho sostato insieme ad altri amici al bivio dove con un megafono un ragazzo informava su quale fosse il percorso ufficiale autorizzato. Ricordo di aver aspettato per avere maggiori informazioni sull’altro percorso, quello che passava da Ramats, e di aver avuto consigli per evitare poi di scendere attraverso sentieri non così accessibili. Ricordo che tanti di noi hanno fatto tranquillamente un pezzo del percorso non autorizzato  per poi tornare indietro alla Centrale.

Un clima tranquillo, un assedio simbolico, qualche tentativo di mettere la bandiera No Tav nella zona recintata.  Nella fase iniziale, alla Centrale, di violento solo le urla e l’ironia contro gli elicotteri e la presenza massiccia della polizia.

Vista la cronaca, e la violenza di alcuni episodi, si può anche discutere ora di questo ma non si possono forzare e piegare troppo gli eventi.  Io c’ero, e mi indigno di fronte ai resoconti che ho letto. Io non ho visto i 2000 “antagonisti”, non ho sentito lingue strane, confesso però che ho visto ragazzi esasperati, alcuni con maschere di protezion,e discutere animatamente con Perino presso la Centrale perché volevano reagire ai primi lacrimogeni.  Ho sentito Perino urlare e argomentare che tutto doveva essere simbolico, che lì la polizia non avrebbe poi fatto nulla.

Si può anche discutere ora della necessità di avere forme di tutela interne al movimento per arginare “i violenti” quando si organizzano manifestazioni nazionali. Ricordo ragazzi, lungo il percorso, invitati dai manifestanti a lasciare bastoni con i quali battevano soltanto per provocare rumore. Non li consideravo così minacciosi, e confesso che ho anche pensato che forse quei cittadini allarmati stessero esagerando.  E’ vero ho visto anche qualche gruppo di ragazzi  che si aggiravano tra i manifestanti, si informavano,  erano diversi per l’aspetto “minaccioso”,  le maschere e l’abbigliamento, ma non ho sentito lingue strane né percepito movimenti organizzati.

Dopo i fatti, ora mi chiedo se un movimento popolare come quello No Tav abbia la possibilità di arginare i violenti, come possa farlo in maniera efficace senza dover ricorrere alla vecchia idea dei servizi d’ordine militarizzati che scortavano i cortei nel passato.  Si può continuare a discutere.  Il movimento No Tav lo dovrà fare, ma ora – da cittadina – penso che quello di arginare i violenti fosse compito delle forze dell’ordine, assenti nel tragitto ma impegnate in forza a difendere il cantiere e a presidiare  l’autostrada.

Si può discutere ora dell’opportunità che Grillo intervenisse in una manifestazione che non era in cerca di leader, si può criticare il  linguaggio “di rivolta”, l’appello  alla “guerra civile”, agli “eroi”, alla “straordinaria rivoluzione”, alle “prove tecniche di dittatura”,  ma non si può dire, come ha fatto la stampa, che il suo discorso incitava gli animi e non distingueva la critica radicale dalla violenza. Ero lì alla Centrale mentre Grillo parlava in mezzo a famigli, bambini ed anziani, nel corso di un assedio  simbolico. Non ho digerito l’associare le parole di Grillo alle foto degli scontri modificandone il contesto e stravolgendo i tempi. Trovo anche questo di una violenza inaudita: quelle parole  reclamano all’informazione il loro contesto.

Si può continuare a discutere di tutte queste cose e lo si deve fare, ma io sono rientrata  con le immagini ancora vive di una enorme folla di cittadini pacifici che hanno sfilato per ore ed ore, con il ricordo della cura con cui le animatrici No Tav lungo il percorso informavano, accompagnavano, consigliavano i partecipanti inesperti sul tragitto ancora da fare, con il ricordo dei momenti critici risolti “discutendo”, con in testa ancora i discorsi ascoltati a Chiomonte  sui rischi di arretramento del movimento, e con le poche brutte immagini  e la sensazione di un finale più “estorto” che voluto.

Sono stata alla manifestazione; non volevo raccontare nulla, ma sono indignata dei resoconti letti e delle dichiarazioni dei politici. Non voglio pensare a complotti, a posizioni pregiudiziali ed ideologiche, voglio per ora pensare che quei resoconti siano solo il frutto della non comprensione, della semplificazione e della poca professionalità.

* Luoghi Comuni: movimento Piceno di democrazia dal basso, San Benedetto del Tronto (Ap)
http://www.democraziakmzero.org/2011/07/05/quel-che-ho-visto-in-val-susa/

martedì 5 luglio 2011

6 luglio: dopo i referendum la prima assemblea del Comitato Referendario 2SI per l'acqua bene comune

Ci appelliamo alla moltitudine che anche a Firenze ha reso possibile lo straordinario successo del referendum sull’acqua del 13 giugno: quasi 172 mila fiorentini che sono andati alle urne per affermare che l’acqua deve essere pubblica e non essere fonte di profitti e speculazioni. Ci rivolgiamo anche alle migliaia di persone che hanno contribuito a quel meraviglioso processo di partecipazione dal basso basato sull’autoformazione e sulla comunicazione delle ragioni dei due sì per l’acqua bene comune con volantini, social network e in generale con la propria parola trasmessa ad altri.
Sono stati portatori sereni ma determinati di un messaggio inequivocabile, che ha a che fare con la società in cui vogliamo vivere noi e le generazioni che ci seguiranno.
Adesso questa partecipazione che è cresciuta, giorno dopo giorno, per affermare che l’acqua è un bene comune dell’umanità e non una merce, non deve smobilitare. C’è bisogno ancora del contributo di tutti e tutte per difendere la volontà espressa dal voto referendario traducendola in atti concreti da parte dei nostri amministratori locali.
Dopo il referendum si sono create le condizioni normative e politiche per avviare un percorso di ripubblicizzazione della gestione dell’acqua e l’affidamento a un ente che presenti forti caratteri di partecipazione dei cittadini.
Chiediamo ai nostri amministratori che questo percorso coinvolga al massimo la cittadinanza attiva e che trovino uno spazio istituzionale di contributo e confronto le proposte alternative al modello privatistico che i promotori del referendum hanno portato nella campagna referendaria a sostegno delle ragioni dei due sì.
Quanto deliberato dalla giunta del Comune di Napoli dimostra che il risultato del referendum può essere tradotto da subito in atti concreti.
Mobilitiamoci. Continuiamo a informare i cittadini. Chiediamo nostri spazi di partecipazione. Abbiamo aperto tutti insieme una nuova stagione di partecipazione politica che non può essere mortificata dalle istituzioni che ci governano con manovre che fanno rientrare dalla finestra quelle logiche di appropriazione da parte dei poteri forti che abbiamo messo alla porta con il referendum. Continuiamo a farci sentire per affermare quella democrazia diretta che ha riempito i nostri sentimenti e i nostri discorsi per riappropriarci dell’acqua, bene comune dell’umanità.
Ci troviamo allora alla Arena del Parco di Villa Vogel in via Canova a Firenze il 6 luglio 2011 a partire dalle ore 20 in una assemblea pubblica aperta al contributo di tutti per arrivare a costruire un’agenda della nostra azione nel prossimo periodo, a cui chiunque possa partecipare.
Ci sarà da mangiare e da bere. Sarà un momento festoso ma determinato, come sempre abbiamo agito. Vi aspettiamo.
Comitato referendario 2 sì per l’acqua bene comune di Firenze

 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano