venerdì 23 settembre 2011

Resti archeologici al Ponterotto - Il capogruppo di Laboratorio per un'altra San Casciano-Prc accusa il Comune di aver operato a danno della storia e senza trasparenza


Ritrovamenti archeologici a Ponterotto: fermiamo la distruzione e la falsa valorizzazione di una testimonianza importante della nostra storia.
Lucia Carlesi, consigliere comunale a San Casciano Val di Pesa di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, risponde alle domande di Metropoli Chianti.

L'articolo di Matteo Pucci con un intervista a Lucia Carlesi, Metropoli Chianti, 23 settembre 2011

Un sito archeologico, quello rinvenuto al Ponterotto durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento Laika, che rischia di essere rovinato per sempre. Lo sostiene il capogruppo di opposizione Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione comunista che in questa intervista, per bocca del capogruppo in consiglio comunale Lucia Carlesi, rincara la dose.

Quale secondo voi il rischio che corrono i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo per la nuova Laika?
Non parliamo di rischio ma di certezze perché dalla visione che abbiamo potuto avere del progetto dell’Amministrazione emerge la demolizione a pezzi dei muretti, la loro traslazione e ricomposizione, lo smantellamento delle pavimentazioni e la loro riproduzione fasulla.
La rimozione dell'intero complesso dei reperti e la successiva ricollocazione in un'area vicina, fuori dal perimetro interessato dalla costruzione dello stabilimento Laika, ci viene proposta come un'opera di valorizzazione, quando invece si cancella di fatto l'autenticità della testimonianza storica; trasferire i reperti è un'operazione ipocrita, avremo un falso parco archeologico, “un'archeopatacca”, così l'abbiamo voluta definire.
I reperti, una fattoria etrusca e una villa romana (oltre a una fontana settecentesca che verrà demolita), sono emersi nel corso del 2010 ma ad oggi non si conosce la relazione della Soprintendenza che ha svolto l'indagine archeologica, per cui non sappiamo l'esatto valore e lo stato di conservazione dei ritrovamenti e se vi sia ancora altro materiale da studiare. Sull'opportunità di un trasferimento di reperti di questo genere ci sembra sufficiente quanto scritto da un autorevole archeologo come Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia e Rettore dell'Università di Foggia, che è intervenuto proprio in merito alla vicenda dei reperti rinvenuti a Ponterotto: si tratta di opere che hanno senso solo nel proprio contesto.

Come valutate le ampie rassicurazioni date dal ministero per i beni culturali date nei giorni scorsi?
Ci sembra necessario approfondire le scelte che sono state fatte. Per quanto di nostra conoscenza
non ci risulta che alcun esperto di nomina ministeriale abbia risposto alle autorevoli obiezioni tecniche al progetto avanzate recentemente . Se parliamo del consenso dato all’origine al progetto vorremmo capire come si arriva a sostenere che “il mantenimento in situ dei resti è risultato incompatibile con le opere da realizzare”, sulla base di quali valutazioni e documentazioni si è considerato ineluttabile il trasferimento dei ritrovamenti e non si sono prese in considerazione soluzioni alternative.

Cosa "imputate" all'Amministrazione comunale di San Casciano?
Si persevera in scelte sbagliate. La rimozione dei reperti è soltanto l'ultima forzatura per coprire le responsabilità di chi ha voluto a tutti i costi , tramite una variante urbanistica ad hoc, localizzare lo stabilimento Laika in un'area agricola, di alto valore ambientale e paesaggistico, chiaramente inadeguata ad ospitare un intervento industriale di tali proporzioni: un'operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con l'interesse della collettività e dei lavoratori. E oggi la vicenda si ripete: invece di tutelare al massimo i ritrovamenti che sono un bene comune del nostro territorio, si decide di rimuovere l'intero complesso archeologico, pur di garantire la realizzazione dell'intervento privato. Ci chiediamo perché a suo tempo l'area non fu sottoposta ad un' indagine archeologica preventiva, metodologia ormai consolidata quando si interviene in zone di presunto interesse archeologico. Ora è paradossale che l'unica soluzione prospettata sia la rimozione di questa testimonianza storica di oltre 2000 anni e che l'Amministrazione intervenga con soldi pubblici e addirittura con proprie risorse (in una fase di grande crisi e di contrazione dei servizi) per coprire i costi di ricollocazione dei reperti, così la falsa area archeologica sarà pure a carico dei cittadini!
La procedura di autorizzazione alla rimozione dei reperti archeologici va avanti da più di un anno, ma in tutto questo tempo l'Amministrazione non ha ritenuto opportuno dare visibilità all'intera vicenda. In più di un'occasione abbiamo denunciato la mancanza di trasparenza non essendo assolutamente chiaro il tipo di intervento che si andava delineando sul sito archeologico.
Per mesi siamo rimasti in attesa della relazione finale dell'indagine archeologica svolta dalla Soprintendenza, documento che avrebbe chiarito la portata dei ritrovamenti e determinare quindi gli interventi successivi. In realtà fin dal giugno del 2010, in mancanza di qualsiasi relazione, con scavi iniziati da poco (ancora la villa romana non era emersa) la multinazionale Hymer proprietaria di Laika presenta domanda di autorizzazione alla rimozione dei reperti; nello stesso mese di giugno viene negata l’accessibilità al cantiere da parte della commissione Ambiente e Territorio del Comune (avanzata da gran parte delle opposizioni) e nell'agosto l'Amministrazione di San Casciano esprime la volontà di partecipare al progetto. E' stata negata trasparenza e informazione, è mancato il confronto pubblico su un progetto di assoluta importanza per il territorio e la nostra comunità.

Come avete intenzione di muovervi adesso?
Facciamo il possibile per far conoscere questo episodio, che non riguarda solo San Casciano, come dimostra l’eco che ha avuto la nostra iniziativa (http://archeopatacca.blogspot.com/).
A nostro parere vengono ora a galla tutti gli errori fatti da dieci anni a questa parte, da quando si è voluto a tutti i costi impegnare l’area del Ponterotto, senza considerare altre soluzioni. Oggi è assurdo che venga proposto un progetto che non tutela il nostro patrimonio culturale e paesaggistico e dà invece priorità alle richieste poste da un soggetto privato.
La vicenda ovviamente è seguita con la massima attenzione dalle associazioni ambientaliste, è uscita dall'ambito locale grazie alla presentazione di un'interrogazione in Regione da parte del consigliere di Federazione della Sinistra-Verdi Mauro Romanelli ed ha suscitato l'interesse di autorevoli esperti come il prof. Giuliano Volpe.
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenterà al prossimo consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre un documento per chiedere la revoca della delibera con la quale nel mese di agosto l'Amministrazione di San Casciano ha approvato la bozza di accordo per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche di Ponterotto, affinché sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto in consiglio comunale e un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per verificare la correttezza della soluzione individuata e proporre alternative possibili e condivise.

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lunedì 12 settembre 2011

Manco una roulotte al povero lucumone sfrattato…


Stefano Tesi, Alta fedeltà, 11.09.11

A San Casciano Val di Pesa, in Toscana, pare che alla chetichella si vogliano distruggere importanti vestigia etrusche per costruire una fabbrica di camper. Comune e impresa d’accordo, cittadini in subbuglio. Possibile che lo stabilimento si possa fare solo lì?

Si dice che la verità sta sempre in mezzo, o almeno mai da una parte sola. E nemmeno in questo caso abbiamo motivo di dubitare che ambedue i contendenti abbiano, nello specifico, buoni argomenti.
Ma è il principio che non ci piace.
La storia è semplice e nemmeno nuova, visto che si trascina da un decennio, lasciata però sospettamente procedere sotto traccia in un silenzio ufficiale a cui qualche acuto mediatico non può certo far da contraltare. E quando il silenzio diventa la clava delle pubbliche amministrazioni, c’è sempre qualcosa che non torna.
Fattostà che in territorio di San Casciano Val di Pesa, nel Chianti insomma, è in programma la costruzione, regolarmente autorizzata, di un grande capannone industriale destinato ad accogliere lo stabilimento di un’azienda che produce roulotte. Il tutto è sancito da un accordo tra il comune e la multinazionale proprietaria della casa costruttrice di van, con relative autorizzazioni.
Fin qui, tutto ok.
Il problema è che sottoterra, esattamente nel punto in cui deve sorgere lo stabilimento, ci sono i resti di un fabbricato etrusco e di una villa romana, venuti alla luce durante gli scavi di fondazione.
A questo punto che succede? Si bloccano i lavori? Si vincola il terreno? Si procede a ricerche archeologiche?
Macchè: il comune, a spese proprie, pensa anzi di demolire in fretta e furia le antiche ma fastidiose rovine (lo affermano almeno qui i comitati e associazioni locali contrari all’operazione), con l’idea bislacca di ricostruirle altrove. Insomma: non solo le distruggono, ma pensano di creare un falso storico e architettonico.
Da qui gli appelli lanciati dai detti comitati alla Direzione regionale per i beni artistici, alla Soprintendenza archeologica della Toscana e alla Regione affinchè intervengano e consentano se non altro l’apertura di un dialogo tra le parti.
Quale sia la versione ufficiale del comune e della multinazionale non è ancora dato sapere, ma non è questo ciò che conta.
Nè conta, secondo noi, l’osservazione che il settore camperistico è in crisi e che quindi il momento economico non giustifichi la costruzione di nuovi stabilimenti, nè che l’allocazione degli stessi possa essere più utilmente individuata altrove. E neppure che l’operazione nasconda, come qualcuno adombra, più lontane mire speculative in un’area di grande valore naturalistico e paesaggistico (oltre che, con ogni evidenza, archeologico).
Il punto è a mio avviso anteriore e di carattere generale.
Ovvero: in un paese dalle importantissime risorse culturali come l’Italia, dove la stratificazione storica è sistematica e ha fatalmente generato un patrimonio irripetibile di resti e vestigia, è possibile che la stessa eventualità di un ritrovamento non sia una condizione necessaria e sufficiente a bloccare e ad impedire nuovi insediamenti, qualunque sia la loro natura?
Certo, è un costo. Che deve assumersi la comunità, cioè tutti noi, per preservare un patrimonio comune. Un costo di studio preventivo, di ricerca, di possibile valorizzazione e tutela. E indubbiamente anche di risarcimento, perchè chi legittimamente ha un diritto a costruire reso impossibile da un evento sopravvenuto come un ritrovamento archeologico, va ripagato integralmente del danno che subisce e delle spese che sopporta. A me pare solare.
Invece no, non è così. Ogni volta che si scopre qualcosa devono aprirsi interminabili conflitti tra chi vuole sbarazzarsene e chi vuole studiare e conservare, dando vita a contrasti che durano anni e provocano ritardi, collusioni, danni economici e labirinti giudiziari tanto ingiustificabili quanto, soprattutto, insostenibili.
Se invece lo Stato, attraverso la legge, sancisse l’automatica inviolabilità di qualsiasi giacimento, rudere o ritrovamento e al tempo stesso stabilisse l’obbligo di ricerche preventive per chi progetta insediamenti produttivi, oltre a rapidi e congrui risarcimenti, probabilmente da un lato si scoraggerebbero gli scempi e le speculazioni. E dall’altro si convincerebbe la grande parte dell’opinione pubblica che tende a considerare la ricchezza immateriale, il paesaggio, la cultura, l’architettura, il bello come un ostacolo, una inutile seccatura, un impiccio, un fastidio da aggirare, possibilmente evitare, auspicabilmente impedire e perfino prevenire. Ovviamente nel nome del presunto sviluppo economico. Un argomento che spesso sta molto a cuore anche ai sindaci che devono firmare certe autorizzazioni.

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lunedì 21 marzo 2011

Un altro modo di guardare al territorio

giovedì 4 novembre 2010

Consiglio Comunale 30/9/2010: un primo stop alla variante urbanistica per la torre dell'acqua di san pancrazio

Durante la seduta del Consiglio Comunale di San Casciano Val di Pesa del  30 settembre la Giunta ha  presentato la delibera per l'adozione della variante al Piano Regolatore relativa al Piano di Recupero per la torre dell'acqua di San Pancrazio.
La delibera era stata precedentemente discussa in Commissione Ambiente e Territorio ed aveva trovato il sostegno delle forze di maggioranza e di opposizione presenti; solo il nostro gruppo consiliare aveva espresso completa contrarietà per la scelta di procedere all'ennesima variante urbanistica, non motivata da interesse pubblico, che non solo avrebbe determinato un impatto negativo nel contesto urbano e paesaggistico, ma rappresentava un chiaro provvedimento "ad personam".
Successivamente  come gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano/Rifondazione Comunista siamo intervenuti con un manifesto e un comunicato stampa per informare delle scelte che l'Amministrazione si apprestava a fare e rendere pubblica la vicenda.
Durante la seduta del Consiglio Comunale la Giunta ha ritirato la delibera, su indicazione del gruppo PD che ha ritenuto necessario " un approfondimento in Commissione".
Una chiara marcia indietro della maggioranza! Abbiamo raggiunto un primo obiettivo, veramente molto importante: la variante  ha subito un primo stop.
Seguiremo attentamente l'evolversi della situazione, garantendo come sempre il nostro impegno per la salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio, contro ogni provvedimento che non rispetti le regole che rappresentano l'unica garanzia per una gestione del territorio corretta e trasparente.

mercoledì 29 settembre 2010

Torre dell'acqua a San pancrazio, come trasformarla in una palazzina di quattro piani, terrazzi e servizi inclusi, un vero "attico con vista": la delibera di adozione della variante in discussione al Consiglio Comunale di San Casciano del 30 settembre



San Pancrazio:
un Piano di Recupero che non recupera.
Ovvero come far sbucare una palazzina di quattro piani dove non si dovrebbe...


Nell’attesa del Regolamento Urbanistico, l’amministrazione di San Casciano
procede di variante in variante, con la conseguenza che invece di avere regole chiare e uguali per tutti, si producono provvedimenti “ad personam”.

La TORRE dismessa DELL’ACQUEDOTTO a San Pancrazio è stata messa in vendita dal Comune e assoggettata a suo tempo ad un PIANO DI RECUPERO così disciplinato nelle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) all’articolo 12: “Trattasi del manufatto che conteneva il deposito dell’acquedotto, adesso non più utilizzato. Al fine di consentirne il recupero e di assicurare il suo corretto inserimento nel contesto, sull’immobile sono consentiti interventi fino alla demolizione e ricostruzione in altra posizione, senza incremento di volume, previa approvazione di un piano di recupero”.

La società che ha acquistato la Torre sapeva dunque che queste erano le condizioni: o recuperare il manufatto tal quale, o demolirlo per riusare quel
volume
per costruire altro edificio residenziale.
Invece la società ha presentato al Comune un Piano di Recupero che “appiccica” al volume della torre un blocco di bagni, uno di terrazzi, una scala esterna: nei fatti si trasforma la torre dell’acqua in una palazzina di quattro piani e 15 metri di altezza, in bella vista vicino alla Pieve di San Pancrazio.

Per superare l’inconveniente del Piano Regolatore il privato propone direttamente al Comune di cambiare l’articolo 12 in questo modo: “... Al fine di consentirne il recupero mantenendo la sua tipologia storica, sono consentiti tutti gli interventi previsti nella ristrutturazione edilizia, compresi lo svuotamento dell’involucro edilizio e le addizioni funzionali su ogni unità immobiliare derivata dalla ristrutturazione. Sono altresì consentiti sull’immobile, previa approvazione di un Piano di Recupero, interventi fino alla demolizione e ricostruzione in altra posizione, senza incremento di volume”.

Il tutto per mettere sul mercato due appartamenti “con vista”, guadagnando 60 mc rispetto a quelli messi in vendita dal Comune (e se un altro acquirente fosse stato interessato alle nuove condizioni? Siamo sicuri che sia tutto in regola, a cominciare dalla vendita dell’immobile?).

In questo modo si otterrebbe un altro vantaggio, quello di mantenere un’altezza (15 m) che è maggiore di quella delle abitazioni prossime, cosa che secondo gli indirizzi del Piano Strutturale vigente (art.24) non sarebbe possibile per i nuovi interventi nelle frazioni che dovranno essere localizzati “… in forme compatibili con le caratteristiche del paesaggio e la morfologia dei luoghi”. Nel progetto si dichiara inoltre che si intende mantenere la tipologia storica della torre, ma in realtà la si trasforma completamente, e se ne raddoppia quasi la superficie (e l’ingombro visivo nel paesaggio).

Noi NON VEDIAMO l’INTERESSE PUBBLICO a consentire un pasticcio che incrementa l’impatto visuale nel paesaggio della torre, crea un precedente pericoloso per cui si possono “recuperare” edifici snaturandone e ampliandone sagome e volumi, peggiora la situazione della frazione di San Pancrazio già compromessa dal nuovo parcheggio e dalla presenza di capannoni incongrui. Perciò ci auguriamo che in Consiglio Comunale non si avalli questa ipotesi, e si inviti piuttosto la società proponente ad adeguarsi alle norme vigenti.

Torre dell'acqua a San pancrazio, come trasformarla in una palazzina di quattro piani, terrazzi e servizi inclusi, un vero "attico con vista": la delibera di adozione della variante in discussione al Consiglio Comunale di San Casciano del 30 settembre


San Pancrazio:
un Piano di Recupero che non recupera.
Ovvero come far sbucare una palazzina di quattro piani dove non si dovrebbe...

Nell’attesa del Regolamento Urbanistico, l’amministrazione di San Cascianoprocede di variante in variante, con la conseguenza che invece di avere regole chiare e uguali per tutti, si producono provvedimenti “ad personam”.

La TORRE dismessa DELL’ACQUEDOTTO a San Pancrazio è stata messa in vendita dal Comune e assoggettata a suo tempo ad un PIANO DI RECUPERO così disciplinato nelle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) all’articolo 12: “Trattasi del manufatto che conteneva il deposito dell’acquedotto, adesso non più utilizzato. Al fine di consentirne il recupero e di assicurare il suo corretto inserimento nel contesto, sull’immobile sono consentiti interventi fino alla demolizione e ricostruzione in altra posizione, senza incremento di volume, previa approvazione di un piano di recupero”.

La società che ha acquistato la Torre sapeva dunque che queste erano le condizioni: o recuperare il manufatto tal quale, o demolirlo per riusare quelvolume per costruire altro edificio residenziale.
Invece la società ha presentato al Comune un Piano di Recupero che “appiccica” al volume della torre un blocco di bagni, uno di terrazzi, una scala esterna: nei fatti si trasforma la torre dell’acqua in una palazzina di quattro piani e 15 metri di altezza, in bella vista vicino alla Pieve di San Pancrazio.

Per superare l’inconveniente del Piano Regolatore il privato propone direttamente al Comune di cambiare l’articolo 12 in questo modo: “... Al fine di consentirne il recupero mantenendo la sua tipologia storica, sono consentiti tutti gli interventi previsti nella ristrutturazione edilizia, compresi lo svuotamento dell’involucro edilizio e le addizioni funzionali su ogni unità immobiliare derivata dalla ristrutturazione. Sono altresì consentiti sull’immobile, previa approvazione di un Piano di Recupero, interventi fino alla demolizione e ricostruzione in altra posizione, senza incremento di volume”.

Il tutto per mettere sul mercato due appartamenti “con vista”, guadagnando 60 mc rispetto a quelli messi in vendita dal Comune (e se un altro acquirente fosse stato interessato alle nuove condizioni? Siamo sicuri che sia tutto in regola, a cominciare dalla vendita dell’immobile?).

In questo modo si otterrebbe un altro vantaggio, quello di mantenere un’altezza (15 m) che è maggiore di quella delle abitazioni prossime, cosa che secondo gli indirizzi del Piano Strutturale vigente (art.24) non sarebbe possibile per i nuovi interventi nelle frazioni che dovranno essere localizzati “… in forme compatibili con le caratteristiche del paesaggio e la morfologia dei luoghi”. Nel progetto si dichiara inoltre che si intende mantenere la tipologia storica della torre, ma in realtà la si trasforma completamente, e se ne raddoppia quasi la superficie (e l’ingombro visivo nel paesaggio).

Noi NON VEDIAMO l’INTERESSE PUBBLICO a consentire un pasticcio che incrementa l’impatto visuale nel paesaggio della torre, crea un precedente pericoloso per cui si possono “recuperare” edifici snaturandone e ampliandone sagome e volumi, peggiora la situazione della frazione di San Pancrazio già compromessa dal nuovo parcheggio e dalla presenza di capannoni incongrui. Perciò ci auguriamo che in Consiglio Comunale non si avalli questa ipotesi, e si inviti piuttosto la società proponente ad adeguarsi alle norme vigenti.

IN ARRIVO UN "MUSEO LAIKA"?

Sbalorditivo! Nella variazione del Piano Triennae delle Opere Pubbliche che l'Amministrazione di San Casciano porterà in discussione nel prossimo Consiglio Comunale di settembre troviamo un nuovo capitolo di spesa, una previsione di 15 mila euro per un "MUSEO LAIKA". Questo stanziamento ha davvero dell'incredibile! Nell'area del cantiere Laika da tempo sono in corso indagini archeologiche, ma l'Amministrazione non ne aveva dato notizia. E' stato il nostro gruppo consiliare a porre domande in Consiglio comunale, lo scorso mese di aprile, in seguito a segnalazione di alcuni cittadini. Il Sindaco rispose semplicemente che in effetti nell'area del cantiere di Ponterotto durante gli scavi erano emersi reperti archeogogici; la Soprintendenza aveva la piena competenza sui lavori e soltanto dietro la presentazione da parte della Soprintendenza stessa di una relazione finale avremmo potuto sapere la natura e l'entità dei ritrovamenti. Successivamente chiedemmo, insieme agli altri gruppi consilari di minoranza, di poter richiedere a Laika  l'accesso al cantiere per prendere visione dello stato degli scavi ed incontrare i tecnici che stavano seguendo i lavori. In commissione urbanistica la maggioranza negò questa possibilità.
Il cantiere Laika e gli scavi archeologici "secretati" in attesa di tempi migliori...
Adesso, improvvisamente, arriva uno stanziamento per un museo! Consideriamo politicamente grave che l'Amministrazione iscriva a bilancio una voce per la valorizzazione dei reperti archeologici senza aver precedentemente dato nessuna informazione sullo stato del cantiere e su eventuali progetti a cui è possibile pensare solo nella certezza del valore testimoniale di ciò che è emerso. Perché questa mancanza di trasparenza? Che fine ha fatto la relazione della Soprintendenza? E peché poi la definizione di "Museo Laika", se ci sarà il museo dovrà essere dei cittadini, non certo dei proprietari del cantiere! Chiederemo spiegazioni in Consiglio...
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EX SCUOLA DI CHIESANUOVA: SI METTE IN VENDITA! MA NON POTREBBE ESSERE ANCORA UTILE ALLA COLLETTIVITA'?

Il Consiglio Comunale di San Casciano nella seduta del 30 settembre discuterà l'alienazione dell'immbolile a Chiesanuova, una volta adibito a scuola elementare e successivamente ad archivio comunale. Siamo contrari a questa vendita, il fabbricato potrebbe essere recuperato per finalità pubbliche; pensiamo a progetti per l'edilizia sociale e/o di co-housing, anche in considerazione delle indicazioni già date dall'Amministrazione in previsione del prossimo Regolamento Urbanistico (alcuni interventi di edilizia sociale) che potrebbero in parte essere soddisfatte proprio con operazioni di recupero di immobili  di proprietà comunale, evitando così nuovo consumo di suolo, nuova "occupazione" di territorio. L'immobile di Chiesanuova potrebbe avere questa finalità, quindi siamo di fronte ad una vendita inopportuna e poco lungimirante...

venerdì 11 giugno 2010

"Ma le regole dell'assessore fanno un po' Urss..."

Barducci polemico con la lettera ai comitati. Ma in Regione il PD la difende: "Trasparente e corretta..."

Le reazioni alla lettera inviata dall'Assessore Anna Marson al convegno dei comitati di Asor Rosa

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lunedì 24 maggio 2010

LA RAPINA DEL CONDONO

L'ENNESIMA INIZIATIVA NEFANDA DEL GOVERNO BERLUSCONI

[Il Manifesto, 23/05/2010]


La notizia è confermata. Il governo starebbe per inserire nella manovra finanziaria un provvedimento di condono per gli edifici abusivi emersi dalle verifiche del catasto. Insomma, per compensare gli autori delle speculazioni finanziarie e «risolvere» in tal modo la crisi dell’euro, oltre a togliere soldi dalle nostre tasche tagliando salari e pensioni e aumentando tariffe, tolgono speranza al nostro futuro dissipando un po’ di più due beni comuni cui è affidato il nostro destino: l’autorità dello stato e la salute del territorio.

Lo Stato - anzi, la Repubblica - non è di «lorsignori». Lo abbiamo conquistato con la Resistenza, e con la Costituzione gli abbiamo affidato la cura degli interessi collettivi, fondandolo sul lavoro e sulla tensione verso l’equità. La certezza della legge è la garanzia soprattutto per quelli che hanno meno potere degli altri. Condonare gli abusi di chi ha infranto la legge dello stato significa minare l’autorità pubblica, confermando la convinzione che chi non viola la legge (a spese degli altri) è un fesso. Il territorio non è suolo edificabile ad libitum di chi ne possiede un pezzo. È un bene scarso, intriso di bellezza e di storia e minacciato da fragilità estese e spesso nascoste; è un patrimonio collettivo che deve essere utilizzato oggi e domani, nelle sue potenzialità e nei suoi valori. In tutti i paesi civili la sua utilizzazione da parte dei possessori è assoggettata al rispetto di norme d’interesse collettivo, che si chiamano «piani territoriali e urbanistici». Legittimare l’abusivismo significa premiare chi ha anteposto i propri interessi immediati a quelli di tutti, incoraggiare quelli che possono a seguire questa strada. Come Paolo Berdini ricordava, anticipando sul manifesto del 16 maggio il ricorso governativo al condono, il berlusconismo non è nuovo a queste imprese. Dopo il condono di Craxi nel 1985 i governi di destra ne hanno approvato un secondo (1996) e un terzo (2003). L’anno scorso, plagiando i presidenti regionali, Berlusconi col suo «piano casa » ha promosso quello che si è definito «condono preventivo». Emeno di un mese fa, con un decreto legge che è passato sotto silenzio, il Consiglio dei ministri ha approvato un provvedimento che condona gli abusi «per fronteggiare la grave situazione abitativa della Campania ». Una grande campagna d’opinione per difendere i beni comuni dell’autorità collettiva e del territorio dovrebbe intrecciarsi con quelle in corso per la difesa dell’acqua pubblica e per la libertà dell’informazione. Solo quando queste battaglie, insieme a quelle per la scuola e per il lavoro, troveranno un denominatore e una voce comune si potrà sperare in un coronamento politico dell’azione che si svolge nelle piazze: queste sono il primo luogo della democrazia, non possono essere l’unico. Il denominatore comune emerge dalla violenza dei fatti: è la difesa dei beni comuni. La voce ancora non si è levata.



di Edoardo Salzano

domenica 2 maggio 2010

L'ASSESSORE CHE NON TI ASPETTI

Metropoli, 30 aprile 2010


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Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano