sabato 14 novembre 2009

Più soldi per la fame nel mondo... che significa?



Alcuni giorni fa è comparsa sui giornali questa informazione: durante la conferenza stampa di presentazione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare che si terrà a Roma dal 16 al 18 novembre, il direttore generale della Fao Jaques Diouf ha annunciato un'iniziativa: una petizione online contro la fame, ogni clic dimostrerà dissenso. Per combattere la denutrizione, servirebbero più risorse all'agricoltura, investendo circa 44 miliardi di dollari all'anno.
Dalla stampa viene associato a questa iniziativa l'appello di Medici senza Frontiere, che dichiara che "per dare un futuro ai 5 milioni di bambini che ogni anno rischiano di non superare i cinque anni perché malnutriti, i finanziamenti vanno moltiplicati almeno per 30".
Sembrerebbe dedursi  che basti un clic per aiutare i bambini che muoiono di fame nel mondo, anche più facile che fare "il pacco dei vestiti vecchi per i poveri", come era di moda diversi anni fa.

venerdì 13 novembre 2009

Come è stata già stata privatizzata l'acqua in Toscana

IN TOSCANA L'ACQUA E' GIA' STATA DI FATTO PRIVATIZZATA

L'ATO (Ambito Territoriale Ottimale) n. 3 della Toscana è l'organo di indirizzo e di controllo sulla gestione del Servizio idrico per un ampio territorio che comprende la valle dell'Arno da Montevarchi fino alla area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia, il Mugello e la Valdisieve (quindi anche il comune di San Casciano Val di Pesa). Dal 2002 opera il gestore Publiacqua SpA.
Dal 2006 in Publiacqua sono entrati soci privati:
ACQUE BLU FIORENTINE SPA È IL SOCIO PRIVATO, PROPRIETARIO DEL 40% DI PUBLIACQUA SPA, LA SOCIETÀ A MAGGIORANZA PUBBLICA PUBLIACQUA SPA CHE GESTISCE IL SERVIZIO DI ACQUA DEL RUBINETTO NELL'AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE (ATO) N°3 TOSCANA.

ACQUE BLU FIORENTINE APPARTIENE PER IL 69% AL GRUPPO ACEA, PER IL 23% AL GRUPPO GDF SUEZ, PER L'8% AL GRUPPO MONTEPASCHI.

TUTTAVIA NEL GIUGNO 2009 ACEA E GDF SUEZ HANNO ESPRESSO L'INTENZIONE DI TRASFERIRE IL TOTALE DELLE LORO QUOTE AD UNA NUOVA SOCIETÀ DENOMINATA "ACQUE BLU", POSSEDUTA AL 55% DA ACEA E AL 45% DA GSD SUEZ, TRAMITE LA CONTROLLATA ONDEO ITALIA. ( http://www.impreseallasbarra.org/ )

DI FATTO IL SERVIZIO IDRICO E' GESTITO DA UNA SOCIETA' MISTA CHE HA COME FINE IL LUCRO E NON LA GESTIONE DI UN BENE COMUNE.

UN ESEMPIO DI CHE COSA SIGNIFICHI QUESTA PRIVATIZZAZIONE:

Le imprese private hanno come obiettivo il profitto, per cui una contrazione della domanda può comportare effetti economici negativi ai quali bisogna "rimediare" E infatti Publiacqua "ha rimediato":

A seguito di campagne di sensibilizzazione su acqua e risparmio idrico e grazie a comportamenti virtuosi dei cittadini, si è registrata una contrazione sostanziale dei consumi (circa 13,8 milioni di mc, nel 2005 e 2006): Questo ha comportato una riduzione delle entrate di 30 milioni di euro alla quale la società ha fatto fronte con un aumento tariffario del 9,5% (http://www.acquabenecomune.org/). I CITTADINI HANNO CONSUMATO MENO E HANNO PAGATO DI PIU'!

Si privatizza l'acqua, impegnamoci a difendere un bene comune

L'ACQUA NON E' UNA MERCE, MA UN DIRITTO UMANO, UNIVERSALE, INDIVISIBILE E INALIENABILE
MOBILITIAMOCI CONTRO L'ART.15 del DL 135/09. Se diventerà legge, il provvedimento privatizzerà definitivamente il servizio idrico, regalando l'acqua agli interessi delle grandi multinazionali. Già approvato dal Senato, il testo è ora approdato alla Camera
Pubblichiamo volentieri quest'articolo da "Altraeconomia", per avere qualche informazioni in più.

Il Senato ha dato una spallata all'acqua pubblica. Con l'approvazione dell'articolo 15 del decreto legge numero 135 la via della privatizzazione è spianata. Nelle prossime settimane il testo passerà alla Camera, poi arrivaranno i decreti attuativi, promessi dal governo entro il 31 dicembre 2009: allora l'acqua sarà davvero una merce.
Il voto di Palazzo Madama, nel pomeriggio di mercoledì 4 novembre, ha portato a un'inedita attenzione dei grandi media al tema delle mercificazione delle risorse idriche. Tra i commi dell'articolo 15, che inserisce la privatizzazione dei servizi pubblici locali nell'ambito di un provvedimento “recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”, è facile perdersi.
Proviamo, perciò, a ricostruire i principali cambiamenti rispetto alla legislazione attuale.

L'articolo 15, intanto, rende obbligatorio il ricorso alla gare per la concessione della gestione dei servizi pubblici locali (oltre all'acqua, ci sono anche rifiuti e trasporto pubblico locale). L’unica alternativa possibile è l’affidamento a società per azioni “miste” tra pubblico e privato, ma la legge impone un tetto massimo del 30% alla partecipazione degli enti locali al capitale societario.
Un altro comma dell'articolo 15, spezza le gambe a tutte le gestioni in house (ovvero gli affidamenti diretti a società per azioni a totale controllo pubblico), 58 ad oggi in Italia. Dovranno cessare per decreto alla data del 31 dicembre 2011.
Fin qui il testo di legge, che incontra il sostegno di maggioranza e opposizione. Poche le voci fuori dal coro, come quella del senatore del Pd Luigi Zanda, che nel suo intervento in aula ha motivato così la sua contrarietà al provvedimento: “Ritengo grave un principio generale come quello che questa disposizione introduce nel nostro ordinamento, ossia la liberalizzazione e sostanziale privatizzazione della gestione dell'acqua in assenza di un sistema di garanzia indipendente e adeguato. Presidente, il nostro Paese ha subito gravi conseguenze per privatizzazioni e liberalizzazioni fatte in modo affrettato e gestite in modo quanto meno discutibile. Paghiamo ancora la privatizzazione delle autostrade con aumenti di tariffe assolutamente sproporzionati e assenza totale di investimenti”.
Parole e tesi espresse in modo molto chiaro, come chiari sono quelli del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, convinti che la gestione del servizio idrico integrato non possa essere privatizzata sono anche. “Contro l'articolo 15”, il Forum ha promosso una mobilitazione nazionale e territoriale, il cui slogan è “Salviamo l’acqua dal mercato”: “Consideriamo questa approvazione illegittima ed incostituzionale -hanno spiegato in un comunicato stampa-, in quanto si espropriano i cittadini di un bene comune e 'diritto umano universale'”. E per questo hanno rilanciato una settimana di iniziative (l’elenco è sul sito www.acquabenecomune.org) che coinvolgerà oltre mille comitati locali e culminerà in un presidio davanti al Parlamento, previsto per giovedì 12 novembre.
L'analisi dell'articolo 15 e delle sue possibili conseguenze è, abbiamo visto, assai complesso. Chi sentisse il bisogno di orientarsi non può farlo di certo leggendo i giornali. Quelli mainstream fanno a gara per “mistificare” l'approvata mercificazione dell'acqua. Così, la Repubblica del 5 novembre dedica una pagina intera alla “Guerra dell'acqua in Parlamento”, arrivando a parlare di “compromesso al Senato: gestione privata, proprietà pubblica”. Paolo Rumiz sfida l'intelligenza media del cittadino italiano, che sa -o dovrebbe sapere- che l'acqua delle falde, delle sorgenti, dei fiumi e dei pozzi (quella che poi beviamo) è un bene demaniale, e perciò inalienabile. Il “sofferto” emendamento del senatore Filippo Bubbico (Pd), che secondo il giornalista de la Repubblica dovrebbe difendere l'acqua pubblica, è stato votato da maggioranza e opposizione perché è una bufala, che non dice nulle di nuovo né frena in alcun modo il processo di privatizzazione. La disinformazione la fa da padrone anche sulle colonne de Il Sole-24 Ore: “Un attuale monopolista pubblico -scrive Giorgio Santilli-, che ha avuto l'affidamento senza gara e senza nessun confronto su costi e qualità dei servizi, potrà partecipare alla gara per il servizio futuro”. Quella descritta da Santilli è l'unica “concessione” fatta dal legislatore alle spa in house: i soggetti attualmente affidatari possono tuttavia partecipare alla prima gara di affidamento del servizio sul territorio in cui attualmente operano. Quando parla di gestori che hanno ricevuto l'affidamento senza gara, il giornalista de Il Sole dovrebbe però ricordarsi (e ricordare ai lettori) che il riferimento ai soggetti che hanno avuto l'affidamento del servizio senza gara è valido, in larga parte, per le ex municipalizzate oggi spa quotate in Borsa. Tanto che la legge dispone, nello specifico, la salvaguardia degli affidamenti diretti per le società quotate in Borsa al 1° ottobre 2003. Si chiamino Acea, o Hera, sono i soggetti industriali che (insieme ad altri come Iride, A2a, Enia, Acegas, etc.) nei prossimi anni saranno protagonisti dello shopping degli acquedotti italiani. E gestiranno gli acquedotti meglio del pubblico? Se un criterio fondamentale è quello delle perdite di rete, l'acqua immessa nell'acquedotto e non fatturata, come sembra indicare Franco Debenedetti in un articolo del 5 novembre sul Corriere della Sera -“Acqua, bene pubblico ma servizio (se possibile) privato”-, la risposta è no. Debenedetti cita l'Acquedotto pugliese, “il più grande d'Europa, una spa di proprietà pubblica, [che] perderebbe il 30% dell'acqua”, ma non deve aver sfogliato l'ultimo rapporto Civicum Mediobanca sulle società controllate dai maggiori Comuni italiani. Se è vero che l'Acquedotto pugliese guida la classifica delle perdite, in classifica è seguita da Acea (con il 35,4% delle perdite): l'ex municipalizza romana oggi gestisce il servizio idrico in diverse città toscane, ma non si preoccupa di ridurre le perdite della rete idrica nella capitale (anzi, se si misura la dispersione media per chilometro di rete gestita, il dato è superiore a quello del lunghissimo Acquedotto pugliese)”. E il valore più basso? È quello di Mm: le perdite di rete per la spa pubblica del Comune di Milano sono ferme al 10,3%, livelli eccellenti su scala europea.

COMMENTI ALLA LEGGE SULLA PRESCRIZIONE

LEGGIAMO SUL SITO DI "CARTA" E RIPORTIAMO QUALE FATTO DEL GIORNO

Legge sulla prescrizione: aumenta lo scontro

Continuano le polemiche sull'ennesima versione della legge salva-Berlusconi che le destre hanno presentato ieri in parlamento. E si moltiplicano anche i dubbi, di opportunità politica e di forma giuridica, che circondano il ddl suo «processi brevi». Accuse dell'opposizione e goffe risposte della maggioranza.

La tensione maggioranza e opposizioni sul disegno di legge per il cosiddetto «processo breve» sale sempre di più, e soprattutto crescono i dubbi sulla tenuta formale e politica di una legge che sconvolgerebbe il funzionamento del sistema giuridico italiano, instaurando un sistema processuale complicatissimo, diviso a più corsie che l’Associazione nazionale magistrati ha definito «devastante». Basti dire che potrebbe accadere che per lo stesso reato non si venga processati se italiani e incensurati [alla faccia dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge] e che quindi i pubblici ministeri potrebbero decidere se e come formualre ipotesi di reato in base alle categorie che verranno escluse dalla mannaia proposta dalla maggoioranza. E dagli ambienti vicini al presidente della camera, si dice che Gianfranco Fini stia già cominciando a dissociarsi anche da questa proposta, che era stata presentata come frutto del difficile compromesso con Berlusconi, per via del fatto che si discosterebbe dalla bozza concordata martedì scorso. Dopo la netta presa di posizione del Pd e di Italia dei valori, oggi è stata la volta dell’Udc Pier Ferdinando Casini, che ha annunciato il voto contrario del suo partito definendo il ddl «una porcheria», il cui effetto sarà quello di «sfasciare il sistema giudiziario».

Dal Pdl si risponde alle opposizioni di normale prassi giuridica rimandando al confronto parlamentare. Il vicecapogruppo al senato, Gaetano Quagliariello, sollecita il confronto nei due rami dell’assemblea elettiva e, con una inconsapevole vis umoristica, ritiene necessario non «criminalizzare» la legge. La stessa legge, ricorda Quagliariello «era stata presentata la scorsa legislatura da alcuni esponenti della sinistra. La legge a cui fa riferimento era quella proposta dal senatore del Pd Alberto Maritati, vicepresidente della commissione giustizia. Che ha smentito seccamente ogni parentela con la proposta salva-Berlusconi. "E’ vero – spiega duramente il senatore Pd – che io sottoscrissi, alcuni anni or sono, insieme ai colleghi del gruppo un ddl che proponeva, tra l’altro, la riduzione dei tempo dei processi: è un obiettivo primario per cui stiamo lavorando. Trattatavasi di un ddl inquadrato in un programma complesso di riforme finalizzate alla trasformazione e adeguamento della complessa macchina giustizia il cui effetto naturale deve essere quello di ridurre i tempi del processo». «E’ sorprendente – aggiunge Maritati – come non si comprenda la differenza tra leggi e provvedimenti che abbiano come obiettivo la rimozione degli impedimenti che limitano l’esercizio corretto e rapido dell’attività giudiziaria e una legge che abbia il solo intento di far dichiarare estinto un numero indefinito di processi al solo scopo di impedire la celebrazione di uno o più processi che riguardano Berlusconi. Ciò accadrà tuttavia senza curarsi degli effetti devastanti che ricadranno sui cittadini coinvolti in quei processi che stanno per andare al macero, e soprattutto senza introdurre misure idonee a far sì che i processi [tutti] che riguardano i cittadini [tutti] possano essere celebrati in tempi assai più ridotti di quelli attuali».

«Il ddl sui ‘processi brevi’ è l’ennesima legge ad personam, un modo per risolvere i problemi di Silvio Berlusconi – dice il segretario Prc Paolo Ferrero – Invece c’è il problema di dare delle risorse adeguate alla magistratura per fare il proprio lavoro e c’è da verificare la validità della norma per alcune tipologie di processi. Rifondazione comunista sarà, dal 5 dicembre, al fianco dell’Italia dei valori nella raccolta di firme per il referendum contro la legge. Interrogato sulla possibilita’ di fare un’opposizione condivisa con il Pd, Ferrero risponde: «Dipendera’ da loro, da cosa vogliono fare. Noi siamo per fare un’opposizione molto netta perché notiamo che Berlusconi continua a muoversi sempre nello stesso modo».

AD UN PASSO IL MATRIMONIO QUADRIFOGLIO-SAFI

13/11/2009, Il Nuovo Corriere di Firenze

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Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano