sabato 24 settembre 2011

San Casciano come Archeo Disneyland

Il manifesto appeso nella bacheca comunale in questi giorni...

Nel corso del 2010 in località Ponterotto, durante le opere di scavo del cantiere Laika, sono emersi importanti resti di un fabbricato etrusco e di una villa romana. A poco tempo dal ritrovamento Laika ha chiesto di rimuovere il complesso archeologico e ricollocarlo in altra sede. Invece di valorizzare queste testimonianze storiche, che rappresenterebbero tra l’altro un'ottima occasione per un turismo di qualità, e quindi una importante risorsa economica per il territorio, l'Amministrazione comunale ha aderito alla richiesta di Laika ed interviene, con denaro pubblico, per rendere possibile la demolizione dei ritrovamenti e la loro ricostruzione come finte rovine in altra sede: una Disneyland etrusca, un finto parco archeologico che costituisce una scelta dispendiosa e non tutela né valorizza il nostro patrimonio culturale e paesaggistico.

Da più di un anno il Comune e Laika hanno percorso l'iter autorizzativo, senza dare visibilità alla vicenda e negando trasparenza e confronto pubblico. In un momento di grande crisi, mentre i servizi subiscono tagli, il Comune usa i soldi dei cittadini per aiutare la multinazionale Hymer a smantellare il sito, distruggendo così una risorsa della comunità.

Ma la rimozione del complesso archeologico è solo l'ultimo di una serie di errori. Da più di 10 anni il Comune di San Casciano persevera nella scelta di una localizzazione sbagliata e ad alto impatto ambientale e paesistico per il capannone Laika, in un sito privo delle necessarie infrastrutture; questa decisione non tutela i lavoratori e non salvaguarda il territorio. Da anni l’azienda perde occupazione e produzione per la crisi generale del settore e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi già preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi.

In discussione non è, dunque, il lavoro, ma una più corretta pianificazione territoriale:
le alternative esistono, e sono praticabili!


Per ulteriori informazioni:
http://www.luciacarlesi.blogspot.com
http://www.archeopatacca.blogspot.com

Su Facebook: gruppo ArcheoPatacca

Gli Etruschi siamo noi, una lettera

Riceviamo questa bella lettera, che pubblichiamo.


Buongiorno,

mi chiamo R. ho 50 anni ed abito lì vicino e sono inorridita, esterrefatta.

Mio nonno abitava lì, mio padre ed ora io. Pensavo ed ero convinta che il paesaggio, l'ambiente, la natura e soprattutto la storia, quello che eravamo... avesse un peso, un'importanza in un mondo dove viene tutto spersonalizzato e dove per sentirti qualcuno devi vestirti con la firma di qualcun'altro, che non sei tu.
Le nostre radici, quelle da cui proveniamo sono là, sepolte, qualcuno le ha ritirate alla luce, ma non per renderle visibili affinché anche gli altri le possono vedere, ne possono godere, potrebbero capire... ma per sradicarle e traslarle in un altro posto. Questo mi amareggia moltissimo, invece di valorizzare i tesori archeologici questi vengono spostati per fare posto ai camper, che sicuramente porteranno lavoro ed occupazione, ma non mi ci ricompenseranno della mancanza della nostra identità.
Io sono disposta a tutto perché tutto resti come è stato trovato, perché se è stato trovato lì c'è e ci sarà un motivo e tutto deve restare così, anzi bisognerebbe capire il perché, studiarlo e raccontarlo a chi non lo sa. Questo favorirebbe anche il turismo e rianimerebbe i negozi, gli agriturismi ed il commercio.
Mettiamo dei gran cartelli e sensibilizziamo tutta la popolazione locale e no. In questo modo il coro si allargherebbe e non credo che le persone acconsentirebbero a questo. È stato taciuto, tutto in sordina per fare le cose di nascosto e questo gli avrebbe permesso di procedere indisturbatamente, ma non dobbiamo permetterglielo assolutamente.

Lottiamo per rendere più visibile possibile questo scandalo e troveremo sicuramente tante persone d'accordo che si uniranno per battere gli "usurpatori".

Cordiali saluti.



Lettera firmata

venerdì 23 settembre 2011

L'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato al Ministro per i beni e le attività culturali

Il testo dell'interrogazione che il Senatore Pardi ha presentato sulla vicenda "archeopatacca", nella seduta di ieri, disponibile online sul sito del Senato. http://www.senato.it/


PARDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. -

Premesso che:

in località Ponterotto, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (FI), è prevista la localizzazione di un capannone di tre ettari da parte della multinazionale Hymer, proprietaria di Laika caravan, nonostante le proteste di molti comitati e associazioni che ne denunciavano l'elevato impatto ambientale e paesaggistico;

durante gli scavi per la realizzazione dello stabilimento sono emersi notevoli reperti archeologici: in particolare sono stati rinvenuti i resti di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. La realizzazione del progetto, risalente al 1997, appare avvolta nel mistero: le procedure legate all'attuazione sono state operate in totale assenza di trasparenza, la localizzazione dello stabilimento è stata operata senza pianificazione e senza i necessari rilievi archeologici e, ad oggi, non è stata pubblicata alcuna relazione sugli scavi;

la scelta dell'amministrazione comunale, dettata da motivi occupazionali, lascia pensare invece ad una semplice operazione di rendita immobiliare, dal momento che la struttura è ancora lontana dall'essere aperta e la Laika ha pesantemente ridotto i posti di lavoro negli ultimi anni. Sembra dunque evidente che non vi è alcuna certezza che l'azienda garantisca in futuro il livello occupazionale promesso;

si apprende ora che, con delibera n. 132 del primo agosto 2011, la Giunta comunale di San Casciano ha fatto propria la richiesta di rimozione dei reperti, avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio degli scavi, decidendo di intervenire con proprie risorse ad un progetto di rimozione e ricollocazione dei reperti in un altro sito. A parere dell'interrogante il trasferimento dei reperti distruggerebbe il valore scientifico del sito di Ponterotto, contribuendo invece alla nascita di un falso storico e topografico, una vera e propria "archeopatacca";


rilevato che:

all'art. 9, comma 2, la Costituzione prevede che il patrimonio storico, artistico e paesaggistico debba godere della più ampia tutela;

il codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, all'art. 1 sancisce come la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrano a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, mentre all'art. 29 precisa che la conservazione del patrimonio culturale debba essere assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. Infine all'art. 30 il decreto impone a Stato, Regioni ed enti territoriali l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza;


considerato che:

se è vero che il codice dei beni culturali e del paesaggio prevede l'ipotesi di trasferimenti, questi devono essere motivati da ragioni di straordinario interesse pubblico, come ad esempio una grande infrastruttura, e inoltre devono essere orientati ad una maggiore tutela, che certamente non può essere subordinata ad interessi prettamente privati. Tanto più che i reperti in questione rappresentano resti di edifici e dunque non possono essere considerati alla stregua di suppellettili o elementi di arrendo, facilmente trasferibili. La mancanza di trasparenza, che ha accompagnato tutta la vicenda, rende lecito pensare che l'opera di trasferimento sia semplicemente un modo per rispondere alle istanze poste da comitati, associazioni culturali ed ambientaliste,


si chiede di sapere:

quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di garantire una coerente e programmata attività di conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico del nostro paese;

se non ritenga di interesse primario la salvaguardia di reperti che, allontanati dal sito di provenienza, risulterebbero decontestualizzati e snaturati.

San Casciano: gli antichi reperti non fermano il cantiere industriale



Di Francesco Bevilacqua, Il Cambiamento, 23 Settembre 2011

Come troppo spesso oggi accade, gli interessi economici prevaricano la tutela del territorio, dei suoi abitanti e delle sue peculiarità. Questa volta a farne le spese sono degli importanti resti archeologici ritrovati in un sito industriale nei pressi di San Casciano, in Toscana.

Ambiente non è solo natura. Resti archeologici, testimonianze delle civiltà che ci hanno preceduto e che hanno contribuito a forgiare la nostra, antiche vestigia che costituiscono il nostro stesso retroterra culturale e spirituale sono tesori da conservare e valorizzare, tanto quanto colline, fiumi e foreste. Purtroppo, così come scarso è l’interesse che la società moderna ha nei confronti dell’espressione della natura, l’attenzione per la tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico, che fra l’altro in Italia costituisce un unicum a livello mondiale, è troppo bassa.

La notizia più recente che conferma questa triste tendenza viene dalla Toscana, per l’esattezza da San Casciano.
Lì è infatti prevista la costruzione di un nuovo capannone della Laika, marchio della Hymer, una delle principali case di costruzione di camper e caravan. Già la comunità locale vedeva di cattivo occhio questo progetto per altri motivi, dalla sospetta e frettolosa variazione concessa in deroga al Piano Strutturale Comunale, già stilato da tempo, fino alla discutibile politica occupazionale del costruttore, che sta portando avanti da diversi anni una campagna di riduzione del personale.

Il solito dilemma “tutela ambientale o posti di lavoro”, che già in passato ha scatenato molte battaglie (come per esempio quella di Porto Tolle), stavolta dunque non sussiste neanche.

La ciliegina sulla torta di questo controverso piano industriale è stato il ritrovamento sul luogo del cantiere di una serie di importanti resti archeologici, un edificio di epoca etrusco-ellenistica e una villa romana di età imperiale. Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti, che prevede la demolizione degli stessi, asportazione dal cantiere e ricostruzione dei resti in un altro luogo.
Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti
Da un lato questa decisione evidenzia una volta di più la posizione di profonda soggezione e subordinazione in cui si trova il mondo politico e istituzionale italiano nei confronti di portatori di interessi economici che fra l’altro non corrispondono quasi mai alle esigenze e al benessere della comunità. Dall’altro viene messa in risalto la scarsa attenzione di cui gode l’ambiente, sistematicamente retrocesso a fronte di inalienabili e prioritarie esigenze economiche.

Fortunatamente c’è chi reagisce a questa situazione: la Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana e Wwf Toscana si sono mobilitati per far pervenire a Cristina Scaletti, Assessore alla Cultura della Regione Toscana, un’istanza di tutela di questo importante patrimonio rinvenuto e inoltrare la richiesta di bloccare la decisione del Comune di San Casciano di asportare i reperti e far proseguire il cantiere.

Ovviamente invitiamo tutti ad accogliere, sottoscrivere e rilanciare questo appello, in modo da rendere chiaro a chi ci amministra, e soprattutto a chi pretende di relegare in un angolo il benessere di una comunità e del suo territorio a vantaggio del proprio tornaconto, che gli ostacoli che dovrà superare per riuscire in questo suo intento sono ostici e numerosi.
Per approfondire l’argomento e portare il vostro contributo, consigliamo di visitare il sito archeopatacca.blogspot.com


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Resti archeologici al Ponterotto - Intervista su Metropoli


Il capogruppo di Laboratorio per un'altra San Casciano-Prc accusa il Comune di aver operato a danno della storia e senza trasparenza

Ritrovamenti archeologici a Ponterotto: fermiamo la distruzione e la falsa valorizzazione di una testimonianza importante della nostra storia.
Lucia Carlesi, consigliere comunale a San Casciano Val di Pesa di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, risponde alle domande di Metropoli Chianti.

L'articolo di Matteo Pucci con un intervista a Lucia Carlesi, Metropoli Chianti, 23 settembre 2011

Un sito archeologico, quello rinvenuto al Ponterotto durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento Laika, che rischia di essere rovinato per sempre. Lo sostiene il capogruppo di opposizione Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione comunista che in questa intervista, per bocca del capogruppo in consiglio comunale Lucia Carlesi, rincara la dose.

Quale secondo voi il rischio che corrono i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo per la nuova Laika?
Non parliamo di rischio ma di certezze perché dalla visione che abbiamo potuto avere del progetto dell’Amministrazione emerge la demolizione a pezzi dei muretti, la loro traslazione e ricomposizione, lo smantellamento delle pavimentazioni e la loro riproduzione fasulla.
La rimozione dell'intero complesso dei reperti e la successiva ricollocazione in un'area vicina, fuori dal perimetro interessato dalla costruzione dello stabilimento Laika, ci viene proposta come un'opera di valorizzazione, quando invece si cancella di fatto l'autenticità della testimonianza storica; trasferire i reperti è un'operazione ipocrita, avremo un falso parco archeologico, “un'archeopatacca”, così l'abbiamo voluta definire.
I reperti, una fattoria etrusca e una villa romana (oltre a una fontana settecentesca che verrà demolita), sono emersi nel corso del 2010 ma ad oggi non si conosce la relazione della Soprintendenza che ha svolto l'indagine archeologica, per cui non sappiamo l'esatto valore e lo stato di conservazione dei ritrovamenti e se vi sia ancora altro materiale da studiare. Sull'opportunità di un trasferimento di reperti di questo genere ci sembra sufficiente quanto scritto da un autorevole archeologo come Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia e Rettore dell'Università di Foggia, che è intervenuto proprio in merito alla vicenda dei reperti rinvenuti a Ponterotto: si tratta di opere che hanno senso solo nel proprio contesto.

Come valutate le ampie rassicurazioni date dal ministero per i beni culturali date nei giorni scorsi?
Ci sembra necessario approfondire le scelte che sono state fatte. Per quanto di nostra conoscenza
non ci risulta che alcun esperto di nomina ministeriale abbia risposto alle autorevoli obiezioni tecniche al progetto avanzate recentemente . Se parliamo del consenso dato all’origine al progetto vorremmo capire come si arriva a sostenere che “il mantenimento in situ dei resti è risultato incompatibile con le opere da realizzare”, sulla base di quali valutazioni e documentazioni si è considerato ineluttabile il trasferimento dei ritrovamenti e non si sono prese in considerazione soluzioni alternative.

Cosa "imputate" all'Amministrazione comunale di San Casciano?
Si persevera in scelte sbagliate. La rimozione dei reperti è soltanto l'ultima forzatura per coprire le responsabilità di chi ha voluto a tutti i costi , tramite una variante urbanistica ad hoc, localizzare lo stabilimento Laika in un'area agricola, di alto valore ambientale e paesaggistico, chiaramente inadeguata ad ospitare un intervento industriale di tali proporzioni: un'operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con l'interesse della collettività e dei lavoratori. E oggi la vicenda si ripete: invece di tutelare al massimo i ritrovamenti che sono un bene comune del nostro territorio, si decide di rimuovere l'intero complesso archeologico, pur di garantire la realizzazione dell'intervento privato. Ci chiediamo perché a suo tempo l'area non fu sottoposta ad un' indagine archeologica preventiva, metodologia ormai consolidata quando si interviene in zone di presunto interesse archeologico. Ora è paradossale che l'unica soluzione prospettata sia la rimozione di questa testimonianza storica di oltre 2000 anni e che l'Amministrazione intervenga con soldi pubblici e addirittura con proprie risorse (in una fase di grande crisi e di contrazione dei servizi) per coprire i costi di ricollocazione dei reperti, così la falsa area archeologica sarà pure a carico dei cittadini!
La procedura di autorizzazione alla rimozione dei reperti archeologici va avanti da più di un anno, ma in tutto questo tempo l'Amministrazione non ha ritenuto opportuno dare visibilità all'intera vicenda. In più di un'occasione abbiamo denunciato la mancanza di trasparenza non essendo assolutamente chiaro il tipo di intervento che si andava delineando sul sito archeologico.
Per mesi siamo rimasti in attesa della relazione finale dell'indagine archeologica svolta dalla Soprintendenza, documento che avrebbe chiarito la portata dei ritrovamenti e determinare quindi gli interventi successivi. In realtà fin dal giugno del 2010, in mancanza di qualsiasi relazione, con scavi iniziati da poco (ancora la villa romana non era emersa) la multinazionale Hymer proprietaria di Laika presenta domanda di autorizzazione alla rimozione dei reperti; nello stesso mese di giugno viene negata l’accessibilità al cantiere da parte della commissione Ambiente e Territorio del Comune (avanzata da gran parte delle opposizioni) e nell'agosto l'Amministrazione di San Casciano esprime la volontà di partecipare al progetto. E' stata negata trasparenza e informazione, è mancato il confronto pubblico su un progetto di assoluta importanza per il territorio e la nostra comunità.

Come avete intenzione di muovervi adesso?
Facciamo il possibile per far conoscere questo episodio, che non riguarda solo San Casciano, come dimostra l’eco che ha avuto la nostra iniziativa (http://archeopatacca.blogspot.com/).
A nostro parere vengono ora a galla tutti gli errori fatti da dieci anni a questa parte, da quando si è voluto a tutti i costi impegnare l’area del Ponterotto, senza considerare altre soluzioni. Oggi è assurdo che venga proposto un progetto che non tutela il nostro patrimonio culturale e paesaggistico e dà invece priorità alle richieste poste da un soggetto privato.
La vicenda ovviamente è seguita con la massima attenzione dalle associazioni ambientaliste, è uscita dall'ambito locale grazie alla presentazione di un'interrogazione in Regione da parte del consigliere di Federazione della Sinistra-Verdi Mauro Romanelli ed ha suscitato l'interesse di autorevoli esperti come il prof. Giuliano Volpe.
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenterà al prossimo consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre un documento per chiedere la revoca della delibera con la quale nel mese di agosto l'Amministrazione di San Casciano ha approvato la bozza di accordo per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche di Ponterotto, affinché sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto in consiglio comunale e un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per verificare la correttezza della soluzione individuata e proporre alternative possibili e condivise.

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Resti archeologici al Ponterotto - Il capogruppo di Laboratorio per un'altra San Casciano-Prc accusa il Comune di aver operato a danno della storia e senza trasparenza


Ritrovamenti archeologici a Ponterotto: fermiamo la distruzione e la falsa valorizzazione di una testimonianza importante della nostra storia.
Lucia Carlesi, consigliere comunale a San Casciano Val di Pesa di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, risponde alle domande di Metropoli Chianti.

L'articolo di Matteo Pucci con un intervista a Lucia Carlesi, Metropoli Chianti, 23 settembre 2011

Un sito archeologico, quello rinvenuto al Ponterotto durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento Laika, che rischia di essere rovinato per sempre. Lo sostiene il capogruppo di opposizione Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione comunista che in questa intervista, per bocca del capogruppo in consiglio comunale Lucia Carlesi, rincara la dose.

Quale secondo voi il rischio che corrono i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo per la nuova Laika?
Non parliamo di rischio ma di certezze perché dalla visione che abbiamo potuto avere del progetto dell’Amministrazione emerge la demolizione a pezzi dei muretti, la loro traslazione e ricomposizione, lo smantellamento delle pavimentazioni e la loro riproduzione fasulla.
La rimozione dell'intero complesso dei reperti e la successiva ricollocazione in un'area vicina, fuori dal perimetro interessato dalla costruzione dello stabilimento Laika, ci viene proposta come un'opera di valorizzazione, quando invece si cancella di fatto l'autenticità della testimonianza storica; trasferire i reperti è un'operazione ipocrita, avremo un falso parco archeologico, “un'archeopatacca”, così l'abbiamo voluta definire.
I reperti, una fattoria etrusca e una villa romana (oltre a una fontana settecentesca che verrà demolita), sono emersi nel corso del 2010 ma ad oggi non si conosce la relazione della Soprintendenza che ha svolto l'indagine archeologica, per cui non sappiamo l'esatto valore e lo stato di conservazione dei ritrovamenti e se vi sia ancora altro materiale da studiare. Sull'opportunità di un trasferimento di reperti di questo genere ci sembra sufficiente quanto scritto da un autorevole archeologo come Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia e Rettore dell'Università di Foggia, che è intervenuto proprio in merito alla vicenda dei reperti rinvenuti a Ponterotto: si tratta di opere che hanno senso solo nel proprio contesto.

Come valutate le ampie rassicurazioni date dal ministero per i beni culturali date nei giorni scorsi?
Ci sembra necessario approfondire le scelte che sono state fatte. Per quanto di nostra conoscenza
non ci risulta che alcun esperto di nomina ministeriale abbia risposto alle autorevoli obiezioni tecniche al progetto avanzate recentemente . Se parliamo del consenso dato all’origine al progetto vorremmo capire come si arriva a sostenere che “il mantenimento in situ dei resti è risultato incompatibile con le opere da realizzare”, sulla base di quali valutazioni e documentazioni si è considerato ineluttabile il trasferimento dei ritrovamenti e non si sono prese in considerazione soluzioni alternative.

Cosa "imputate" all'Amministrazione comunale di San Casciano?
Si persevera in scelte sbagliate. La rimozione dei reperti è soltanto l'ultima forzatura per coprire le responsabilità di chi ha voluto a tutti i costi , tramite una variante urbanistica ad hoc, localizzare lo stabilimento Laika in un'area agricola, di alto valore ambientale e paesaggistico, chiaramente inadeguata ad ospitare un intervento industriale di tali proporzioni: un'operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con l'interesse della collettività e dei lavoratori. E oggi la vicenda si ripete: invece di tutelare al massimo i ritrovamenti che sono un bene comune del nostro territorio, si decide di rimuovere l'intero complesso archeologico, pur di garantire la realizzazione dell'intervento privato. Ci chiediamo perché a suo tempo l'area non fu sottoposta ad un' indagine archeologica preventiva, metodologia ormai consolidata quando si interviene in zone di presunto interesse archeologico. Ora è paradossale che l'unica soluzione prospettata sia la rimozione di questa testimonianza storica di oltre 2000 anni e che l'Amministrazione intervenga con soldi pubblici e addirittura con proprie risorse (in una fase di grande crisi e di contrazione dei servizi) per coprire i costi di ricollocazione dei reperti, così la falsa area archeologica sarà pure a carico dei cittadini!
La procedura di autorizzazione alla rimozione dei reperti archeologici va avanti da più di un anno, ma in tutto questo tempo l'Amministrazione non ha ritenuto opportuno dare visibilità all'intera vicenda. In più di un'occasione abbiamo denunciato la mancanza di trasparenza non essendo assolutamente chiaro il tipo di intervento che si andava delineando sul sito archeologico.
Per mesi siamo rimasti in attesa della relazione finale dell'indagine archeologica svolta dalla Soprintendenza, documento che avrebbe chiarito la portata dei ritrovamenti e determinare quindi gli interventi successivi. In realtà fin dal giugno del 2010, in mancanza di qualsiasi relazione, con scavi iniziati da poco (ancora la villa romana non era emersa) la multinazionale Hymer proprietaria di Laika presenta domanda di autorizzazione alla rimozione dei reperti; nello stesso mese di giugno viene negata l’accessibilità al cantiere da parte della commissione Ambiente e Territorio del Comune (avanzata da gran parte delle opposizioni) e nell'agosto l'Amministrazione di San Casciano esprime la volontà di partecipare al progetto. E' stata negata trasparenza e informazione, è mancato il confronto pubblico su un progetto di assoluta importanza per il territorio e la nostra comunità.

Come avete intenzione di muovervi adesso?
Facciamo il possibile per far conoscere questo episodio, che non riguarda solo San Casciano, come dimostra l’eco che ha avuto la nostra iniziativa (http://archeopatacca.blogspot.com/).
A nostro parere vengono ora a galla tutti gli errori fatti da dieci anni a questa parte, da quando si è voluto a tutti i costi impegnare l’area del Ponterotto, senza considerare altre soluzioni. Oggi è assurdo che venga proposto un progetto che non tutela il nostro patrimonio culturale e paesaggistico e dà invece priorità alle richieste poste da un soggetto privato.
La vicenda ovviamente è seguita con la massima attenzione dalle associazioni ambientaliste, è uscita dall'ambito locale grazie alla presentazione di un'interrogazione in Regione da parte del consigliere di Federazione della Sinistra-Verdi Mauro Romanelli ed ha suscitato l'interesse di autorevoli esperti come il prof. Giuliano Volpe.
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenterà al prossimo consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre un documento per chiedere la revoca della delibera con la quale nel mese di agosto l'Amministrazione di San Casciano ha approvato la bozza di accordo per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche di Ponterotto, affinché sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto in consiglio comunale e un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per verificare la correttezza della soluzione individuata e proporre alternative possibili e condivise.

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Resti archeologici al Ponterotto, il capogruppo di Laboratorio per un'altra San Casciano-Prc accusa il Comune di aver operato a danno della storia e senza trasparenza


Ritrovamenti archeologici a Ponterotto: fermiamo la distruzione e la falsa valorizzazione di una testimonianza importante della nostra storia.
Lucia Carlesi, consigliere comunale a San Casciano Val di Pesa di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, risponde alle domande di Metropoli Chianti.



L'articolo di Matteo Pucci con un intervista a Lucia Carlesi, Metropoli Chianti, 23 settembre 2011

Un sito archeologico, quello rinvenuto al Ponterotto durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento Laika, che rischia di essere rovinato per sempre. Lo sostiene il capogruppo di opposizione Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione comunista che in questa intervista, per bocca del capogruppo in consiglio comunale Lucia Carlesi, rincara la dose.

Quale secondo voi il rischio che corrono i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo per la nuova Laika?
Non parliamo di rischio ma di certezze perché dalla visione che abbiamo potuto avere del progetto dell’Amministrazione emerge la demolizione a pezzi dei muretti, la loro traslazione e ricomposizione, lo smantellamento delle pavimentazioni e la loro riproduzione fasulla.
La rimozione dell'intero complesso dei reperti e la successiva ricollocazione in un'area vicina, fuori dal perimetro interessato dalla costruzione dello stabilimento Laika, ci viene proposta come un'opera di valorizzazione, quando invece si cancella di fatto l'autenticità della testimonianza storica; trasferire i reperti è un'operazione ipocrita, avremo un falso parco archeologico, “un'archeopatacca”, così l'abbiamo voluta definire.
I reperti, una fattoria etrusca e una villa romana (oltre a una fontana settecentesca che verrà demolita), sono emersi nel corso del 2010 ma ad oggi non si conosce la relazione della Soprintendenza che ha svolto l'indagine archeologica, per cui non sappiamo l'esatto valore e lo stato di conservazione dei ritrovamenti e se vi sia ancora altro materiale da studiare. Sull'opportunità di un trasferimento di reperti di questo genere ci sembra sufficiente quanto scritto da un autorevole archeologo come Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia e Rettore dell'Università di Foggia, che è intervenuto proprio in merito alla vicenda dei reperti rinvenuti a Ponterotto: si tratta di opere che hanno senso solo nel proprio contesto.

Come valutate le ampie rassicurazioni date dal ministero per i beni culturali date nei giorni scorsi?
Ci sembra necessario approfondire le scelte che sono state fatte. Per quanto di nostra conoscenza
non ci risulta che alcun esperto di nomina ministeriale abbia risposto alle autorevoli obiezioni tecniche al progetto avanzate recentemente . Se parliamo del consenso dato all’origine al progetto vorremmo capire come si arriva a sostenere che “il mantenimento in situ dei resti è risultato incompatibile con le opere da realizzare”, sulla base di quali valutazioni e documentazioni si è considerato ineluttabile il trasferimento dei ritrovamenti e non si sono prese in considerazione soluzioni alternative.

Cosa "imputate" all'Amministrazione comunale di San Casciano?
Si persevera in scelte sbagliate. La rimozione dei reperti è soltanto l'ultima forzatura per coprire le responsabilità di chi ha voluto a tutti i costi , tramite una variante urbanistica ad hoc, localizzare lo stabilimento Laika in un'area agricola, di alto valore ambientale e paesaggistico, chiaramente inadeguata ad ospitare un intervento industriale di tali proporzioni: un'operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con l'interesse della collettività e dei lavoratori. E oggi la vicenda si ripete: invece di tutelare al massimo i ritrovamenti che sono un bene comune del nostro territorio, si decide di rimuovere l'intero complesso archeologico, pur di garantire la realizzazione dell'intervento privato. Ci chiediamo perché a suo tempo l'area non fu sottoposta ad un' indagine archeologica preventiva, metodologia ormai consolidata quando si interviene in zone di presunto interesse archeologico. Ora è paradossale che l'unica soluzione prospettata sia la rimozione di questa testimonianza storica di oltre 2000 anni e che l'Amministrazione intervenga con soldi pubblici e addirittura con proprie risorse (in una fase di grande crisi e di contrazione dei servizi) per coprire i costi di ricollocazione dei reperti, così la falsa area archeologica sarà pure a carico dei cittadini!
La procedura di autorizzazione alla rimozione dei reperti archeologici va avanti da più di un anno, ma in tutto questo tempo l'Amministrazione non ha ritenuto opportuno dare visibilità all'intera vicenda. In più di un'occasione abbiamo denunciato la mancanza di trasparenza non essendo assolutamente chiaro il tipo di intervento che si andava delineando sul sito archeologico.
Per mesi siamo rimasti in attesa della relazione finale dell'indagine archeologica svolta dalla Soprintendenza, documento che avrebbe chiarito la portata dei ritrovamenti e determinare quindi gli interventi successivi. In realtà fin dal giugno del 2010, in mancanza di qualsiasi relazione, con scavi iniziati da poco (ancora la villa romana non era emersa) la multinazionale Hymer proprietaria di Laika presenta domanda di autorizzazione alla rimozione dei reperti; nello stesso mese di giugno viene negata l’accessibilità al cantiere da parte della commissione Ambiente e Territorio del Comune (avanzata da gran parte delle opposizioni) e nell'agosto l'Amministrazione di San Casciano esprime la volontà di partecipare al progetto. E' stata negata trasparenza e informazione, è mancato il confronto pubblico su un progetto di assoluta importanza per il territorio e la nostra comunità.

Come avete intenzione di muovervi adesso?
Facciamo il possibile per far conoscere questo episodio, che non riguarda solo San Casciano, come dimostra l’eco che ha avuto la nostra iniziativa (http://archeopatacca.blogspot.com/).
A nostro parere vengono ora a galla tutti gli errori fatti da dieci anni a questa parte, da quando si è voluto a tutti i costi impegnare l’area del Ponterotto, senza considerare altre soluzioni. Oggi è assurdo che venga proposto un progetto che non tutela il nostro patrimonio culturale e paesaggistico e dà invece priorità alle richieste poste da un soggetto privato.
La vicenda ovviamente è seguita con la massima attenzione dalle associazioni ambientaliste, è uscita dall'ambito locale grazie alla presentazione di un'interrogazione in Regione da parte del consigliere di Federazione della Sinistra-Verdi Mauro Romanelli ed ha suscitato l'interesse di autorevoli esperti come il prof. Giuliano Volpe.
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenterà al prossimo consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre un documento per chiedere la revoca della delibera con la quale nel mese di agosto l'Amministrazione di San Casciano ha approvato la bozza di accordo per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche di Ponterotto, affinché sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto in consiglio comunale e un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per verificare la correttezza della soluzione individuata e proporre alternative possibili e condivise.

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giovedì 22 settembre 2011

L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper


di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper


di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper


di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano