sabato 15 gennaio 2011

Stop all'odioso balzello di Publiacqua per l'adeguamento della cauzione. Sì ai referendum per l'acqua pubblica

Comunicato stampa

Stop all'odioso balzello di Publiacqua per l'adeguamento della cauzione.
Sì ai referendum per l'acqua pubblica

L'ultima Assemblea dei Sindaci dell'Ato3,  che si è tenuta a Firenze lo scorso 17 dicembre,  ci ha ripensato e ha respinto l'aumento del deposito cauzionale imposto da Publiacqua agli utenti titolari di vecchi contratti.
Un po' di storia per capire.
Lo scorso aprile l'Ato3 Medio Valdarno, di cui fa parte anche San Casciano V.P, aveva approvato all'unanimità la nuova carta dei servizi. Forzando l'interpretazione del nuovo regolamento, Publiacqua successivamente ha imposto l'aumento di cauzione a tutti gli utenti.
Adesso l'Assemblea dei Sindaci dell'Ato3 ha approvato un ordine del giorno in cui si dichiara che tali modifiche debbano avere validità solo per i nuovi utenti e si chiede a Publiacqua di restituire le somme già prelevate ai cittadini titolari di vecchi contratti.
Questo documento è stato approvato a maggioranza, ci chiediamo: come ha votato il sindaco di San Casciano, strenuo difensore della società per azioni che gestisce il nostro servizio idrico?
Consideriamo la decisione dell'Assemblea di Ato un passaggio importante.
Si tratta di un primo risultato del movimento per l'acqua, delle forze sociali e politiche che si sono opposte all'aumento della cauzione, che in generale sono impegnate per la ripubblicizzazione del servizio idrico, per un nuovo ed equo modello tariffario.
Adesso l'Ato faccia valere la decisione presa, modificando il regolamento del servizio, e agisca perché vi siano subito i rimborsi.
Publiacqua restituisca ai cittadini le somme indebitamente prelevate.
Questa vicenda, conseguenza delle logiche privatistiche con le quali la Società per Azioni Publiacqua gestisce il servizio idrico, conferma l'importanza e la necessità di affermare l'acqua come bene comune, sottrarla alle logiche di mercato, restituirla alla gestione pubblica e partecipata delle Comunità locali.
Nei giorni scorsi la Corte Costituzionale ha ammesso due dei quesiti referendari proposti contro la privatizzazione del servizio idrico dai movimenti per l'acqua. A primavera la parola tornerà ai cittadini. Confermiamo tutto il nostro impegno per la vittoria del “sì” ai referendum che rappresentano lo strumento per la tutela di un bene essenziale come l'acqua, ma sono anche il mezzo perché si affermi un modello pubblico e democratico di gestione del servizio idrico e in generale di tutti i beni comuni.
Laboratorio per un'Altra San Casciano-Partito Rifondazione Comunista

Stop all'odioso balzello di Publiacqua per l'adeguamento della cauzione


giovedì 13 gennaio 2011

Si della Consulta al Referendum contro la Privatizzazione dell’Acqua

Sì della Consulta, adesso la parola ai cittadini

La Corte Costituzionale ha ammesso due quesiti referendari proposti dai movimenti per l’acqua. A primavera gli uomini e le donne di questo paese decideranno su un bene essenziale. La vittoria dei “sì” porterà ad invertire la rotta sulla gestione dei servizi idrici e più in generale su tutti i beni comuni.

Attendiamo le motivazione della Consulta sulla mancata ammissione del terzo quesito, ma è già chiaro che questa decisione nulla toglie alla battaglia per la ripubblicizzazione dell’acqua e che rimane intatta la forte valenza politica dei referendum.

Il Comitato Promotore oggi più che mai esige un immediato provvedimento di moratoria sulle scadenze del Decreto Ronchi e sull’abrogazione degli AATO, un necessario atto di democrazia perché a decidere sull’acqua siano davvero gli italiani.

Il Comitato Promotore attiverà tutti i contatti istituzionali necessari per chiedere che la data del voto referendario coincida con quella delle elezioni amministrative della prossima primavera.

Da oggi inizia l’ultima tappa, siamo sicuri che le migliori energie di questo paese non si tireranno indietro.

Roma, 12 gennaio 2011

http://www.acquabenecomunetoscana.it/
www.ciaccimagazine.org

Lettera di Patrizia Gentilini, oncologa, sull'inquinamento alimentare da diossina

Lettera di Patrizia Gentilini, oncologa.
Presidente Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Forlì


Dott.ssa PATRIZIA GENTILINI
FORLI -”Con il recente scandalo di polli e uova tedesche alla diossina ritorna il problema della sicurezza alimentare (… le mozzarelle campane, le pecore pugliesi, i suini irlandesi) che però rischia di passare come una notizia fra le tante. Col termine diossina si intende la TCDD, nota come “diossina di Seveso” dopo l’incidente del 1976, pericolosa a dosi infinitesimali (miliardesimi di milligrammo), è stata definita la sostanza più pericolosa conosciuta; affini a questa molecola ve ne sono centinaia per cui si parla genericamente di “diossine“. Sono molecole persistenti nell’ambiente, la cui assunzione avviene per il 90% per via alimentare: pesce, latte, carne, uova e formaggi. Le diossine sono trasmesse dalla madre al feto durante la gestazione e l’allattamento. Dagli studi risulta che in Italia un lattante di 5 kg assume diossine da alcune decine fino a centinaia di volte superiori al limite massimo dell’UE. Le diossine rientrano nel gruppo degli interferenti endocrini. L’esposizione a diossine è correlata allo sviluppo di tumori (*). Trattandosi di sostanze così pericolose nel 2004 è stata stilata a Stoccolma una convenzione da 120 Paesi, fra cui l’Italia, per vietare la produzione intenzionale ed imporre la riduzione di quella non voluta. Peccato che il nostro Paese sia stato l’unico a non averla ratificata!Le diossine si formano in particolari condizioni di temperatura in presenza di cloro. Ogni processo di combustione, in particolare di plastiche, porta alla loro formazione, e sono presenti nei fumi e nelle ceneri degli inceneritori. Le uova alla diossina vengono fatte risalire alla somministrazione di mangimi contaminati da oli industriali ed altri inquinanti agli animali, ma questo oscura il fatto che nel 2005, nella stessa regione ( Bassa Sassonia), si era evidenziata una contaminazione oltre i limiti consentiti di ben il 28% di polli allevati all’aperto – quindi polli “ruspanti“, che consideriamo sicuri perchè allevati in modo “naturale“. La Bassa Sassonia è caratterizzata da acciaierie ed inceneritori. Parlare di mangimi e non delle ricadute delle diossine non mette a fuoco le conseguenze di uno “sviluppo” industriale dissennato. Aver distrutto la civiltà contadina, avvelenato il territorio con pesticidi e permesso impianti assurdi ed inquinanti come gli inceneritori arreca incalcolabili danni all’ambiente e alla salute e mina la possibilità stessa di sopravvivenza delle generazioni future.
I dati relativi all’agricoltura europea mostrano come l’Italia è destinata al fallimento anche dal punto di vista agricolo che dovrebbe rappresentare l’eccellenza nel nostro Paese. L’ andamento dei redditi agrari del 2010 sul 2009 è: EU +12.3, Danimarca +54.8, Olanda +32, Francia +31, Germania +23, Spagna +7, Italia -3.3 (con calo della superficie agricola di 19.200 kmq negli ultimi 10 anni). Dobbiamo riconoscere il fallimento del modello di sviluppo attuale che non si cura delle conseguenze delle proprie scelte ed è arrivato a contaminare le basi dell’alimentazione inquinando anche l’alimento più prezioso al mondo: il latte materno!”

Patrizia Gentilini – Presidente Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Forlì

"Addio alla plastica"



http://www.comunivirtuosi.org

Con il primo gennaio 2011 è entrato in vigore il divieto di commercializzare i sacchetti di plastica e viene data agli esercizi commerciali la possibilità di esaurire le scorte a titolo gratuito per il cliente. Il Ministero dello sviluppo economico ha emesso una recente nota specificando che i sacchetti biodegradabili permessi sono esclusivamente quelli che rispondono ai requisiti di biodegradabilità e compostabilità definiti dalla norma tecnica armonizzata UNI EN 13432.
Non essendo però stati pubblicati decreti attuativi o circolari informative resta ancora da capire quali tipologie di sacchi da asporto (con o senza manici) sono vietati, quali comparti del commercio verranno interessati dal provvedimento e le modalità di applicazione di meccanismi sanzionatori.
In attesa di ulteriori sviluppi restano quanto mai validi gli obiettivi e la battaglia che la campagna Porta la Sporta, con il supporto del suo sito conduce da oltre 18 mesi con attività di comunicazione capillare verso tutti gli enti locali italiani: comuni, provincie, regioni, ma anche nei confronti dei gruppi della grande distribuzione, associazioni del commercio e singoli cittadini.
Non è un caso che il termine “sporta” venga ora usato anche nelle regioni italiane dove era precedentemente sconosciuto.
L’obiettivo primario della Campagna Porta la Sporta è quello di eliminare progressivamente le soluzioni ‘usa e getta’ quando si hanno a disposizione per lo stesso utilizzo delle soluzioni a più basso impatto ambientale. L’usa e getta più impattante è quello prodotto con la plastica, un materiale che come ormai tutti sanno non si biodegrada e che rispetto all’uomo ha una vita ‘eterna’.
Il sacchetto, che non è certamente il nemico numero uno per l’ambiente, rappresenta però l’emblema del nostro consumismo e l’oggetto più presente del nostro quotidiano che accompagna tutti i nostri acquisti. Allo stesso tempo è l’oggetto di cui possiamo fare più facilmente a meno dotandoci di una serie di borse riutilizzabili. La campagna Porta la Sporta a partire dal racconto sul sacchetto di plastica vuole far ragionare sull’uso improprio della plastica nell’usa e getta e sull’assurdità di andare a sprecare energia e risorse preziose per soddisfare comodità momentanee e compromettere il futuro delle generazioni a venire.
Il consumismo è riuscito a farci considerare normale e di inderogabile necessità la presenza nel nostro quotidiano di centinaia di oggetti usati per pochi minuti, ma anche qualche giorno o settimana, che, quando smaltiti, permangono per centinaia di anni nell’ambiente o nelle discariche: liberando sostanze chimiche potenzialmente tossiche per la salute animale e umana o, quando bruciate, producendo tossine e nano polveri.
Per non parlare dei mari e degli oceani ridotti a discariche dove vaste aree vengono denominate dai ricercatori marini plastic soup minestroni più o meno densi di oggetti o frammenti di plastica di varia misura che si scompongono lentamente sino ad arrivare alle dimensioni del plancton. In vaste aree degli oceani le particelle di plastica superano come quantità il plancton di almeno sei volte e nelle zone più inquinate si arriva a 30-40 volte, come documentano le ricerche della Fondazione marina Algalita di Charles Moore.
La plastica con i suoi componenti tossici ‘originali’, a cui si aggiungono altre sostanze chimiche disperse nelle acque che la plastica assorbe e concentra in sé, è già entrata nella nostra catena alimentare e nei nostri organismi con tutta una serie di evidenti conseguenze sulla salute.
Abbiamo sprecato e fatto le cicale per quasi 50 anni comprando oltre il necessario, adescati dalle sirene del marketing al servizio di quell’economia che doveva crescere vendendo sempre più beni: adesso non possiamo pretendere che non ci venga presentato il conto.
Nel corso del 2010 siamo arrivati ad esaurire, già ad agosto, le risorse che la terra è in grado di produrre in un anno. Non possiamo pertanto ignorare che i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e la carenza di cibo e acqua non siano chiari segnali del fatto che non potremo più continuare a consumare ‘a credito’ senza conseguenze. Lo ha denunciato il Global Footprint Network che promuove la sostenibilità ambientale attraverso il calcolo dell’impronta ecologica, uno strumento di contabilità ambientale che misura le risorse naturali disponibili e quante ne usiamo.
La battaglia al sacchetto di plastica, attiva in diverse parti del mondo, si sta indirizzando, (soprattutto in California), verso un divieto del sacchetto di plastica e una parallela tassazione dell’alternativa più gettonata negli USA, il sacchetto di carta.
In questo modo sembra essere possibile aggirare eventuali ricorsi legali che sono stati intentati dall’industria della plastica contro diverse cittadine californiane che hanno emesso un divieto. I ricorsi presentati infatti erano per lo più basati sulla contestazione che il sacchetto di carta, (l’opzione permessa), fosse l’alternativa più ecologica. Penalizzando economicamente il monouso in California si dimostra di non favorire un puro passaggio a un altro materiale ‘usa e getta’ ma di puntare a una soluzione riutilizzabile centinaia o migliaia di volte, quella soluzione che gli studi di impatto ambientale o di analisi LCA identificano come la più ambientalmente conveniente.
Nonostante il divieto per i sacchetti di plastica si riveli un passo necessario nella maggior parte degli stati come l’Italia (dove l’esempio dell’Irlanda che ha ridotto il consumo del 90% con una tassazione dei sacchetti non ha fatto proseliti) è necessario che venga accompagnato da una serie di misure di supporto che vadano a promuovere le soluzioni riutilizzabili rispetto all’usa e getta.
Tra le azioni possibili c’è la sensibilizzazione e l’educazione dei cittadini per renderli consapevoli, attraverso l’informazione, su quelle che sono le conseguenze ambientali di quelle azioni quotidiane.
Apparentemente banali, e inconsciamente improntate al consumismo, moltiplicate per miliardi di individui, sono responsabili di danni globali come l’inquinamento da plastica. Allo stesso tempo si debbono offrire ai cittadini che vogliono ridurre la propria impronta ecologica quei suggerimenti e quelle soluzioni alternative di consumo consapevole che siano di facile adozione e a portata di mano.
Su questo fronte si è mossa e distinta la campagna Porta la Sporta coinvolgendo enti locali, associazioni, scuole, gruppi della grande distribuzione, ecc., in diverse iniziative finalizzate ad una riduzione nel consumo del sacchetto.
Ma i tempi dell’educazione e della conoscenza sono necessariamente lunghi e non essendoci troppo tempo da perdere vanno valutate allo stesso tempo delle misure che, facendo leva sul portafoglio, raggiungano anche i soggetti meno recettivi.
Prevedibile, oltre che augurabile, è il fatto che i consumatori passino gradualmente all’utilizzo della borsa riutilizzabile nei supermercati dopo aver realizzato che il sacchetto biodegradabile costa almeno il doppio ed è più fragile di quello di plastica. Meno automatico,l invece, si rivelerà il passaggio proprio in quei luoghi dove vengono smerciate grandi quantità di sacchetti: nei negozi e nei mercati rionali.
Tanti esercenti in mancanza di iniziative comuni e condivise si limiteranno a inserire nei costi di esercizio, e quindi nei prezzi, i maggiori costi che l’approvvigionamento dei sacchetti biodegradabili comporta. Sopravviverà così al divieto, nell’immaginario dei consumatori, l’illusione di avere il sacchetto gratis: proprio il malinteso che ha alimentato nei decenni la crescita smodata del consumo di sacchetti.
Porta la Sporta ha sollecitato le sedi locali delle associazioni del commercio ad aderire alla campagna invitando i loro associati a visitare il sito dell’iniziativa, a prendere spunto dai suggerimenti e consigli a disposizione, a scaricare i materiali (come volantini e locandine) allo scopo di perseguire una scelta di trasparenza e correttezza: informando la clientela sull’impatto dell’usa e getta, promuovendo l’utilizzo della sporta e trovando sistemi efficaci per ridurre il consumo del sacchetto tra cui anche addebitarne il costo al cliente.
A questo approccio che, rispetto all’applicazione di un puro divieto, prevede un coinvolgimento degli esercizi commerciali e la partecipazione attiva dei cittadini sollecitati a sposare delle nuove abitudini, hanno creduto le Amministrazioni di Venezia e Firenze che hanno adottato la nostra campagna.
Per liberarsi del peso economico e ambientale dell’imballaggio non c’è che la strada della sua eliminazione ovunque possibile, le tre erre diventano almeno quattro perché ancor prima di RIDUCI, RIUSA, RICICLA c’è RIFIUTA.
Il 25 dicembre è entrato in vigore il D.Lgs n. 205/2010 che recepisce l’ultima normativa europea di gestione dei rifiuti che indica come priorità la prevenzione del rifiuto e cioè la sua non produzione. Se gli italiani non riescono a fare a meno di utilizzare sacchetti monouso, che rappresentano lo spreco e il rifiuto più facilmente evitabile, per motivazioni superficiali che vanno dalla pigrizia, all’assuefazione alle comodità, alla mancanza di organizzazione, come si può pensare che possano essere pronti ad altre azioni necessarie per poter ridurre l’impatto ambientale degli attuali stili di vita e contribuire a ridurre le emissioni di Co2 in modo importante?
Nel corso del mese di gennaio 2011 avverrà il lancio della seconda edizione della Settimana Nazionale Porta la Sporta promossa dall’Associazione dei Comuni Virtuosi, WWF, Italia Nostra, Touring Club Italiano e con l’adesione del Coordinamento Agende 21, e di Rifiuti 21 Network.
L’evento, alla sua seconda edizione, coinvolgerà un ampio fronte di soggetti costituito da enti locali, aziende, gruppi della grande distribuzione, associazioni dei consumatori e del commercio, singoli negozi e cittadini e andrà a ribadire l’importanza di intraprendere insieme un percorso sostenibile che elimini lo spreco di risorse e di energia dalla prassi quotidiana.

mercoledì 12 gennaio 2011

Prendi il mondo tra le mani!

 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano