venerdì 30 settembre 2011

L'ambiente per il lavoro, il lavoro per l'ambiente

Greenreport, 30 settembre 2011

La crisi economica è evidente, la respiriamo quotidianamente e la sentiremo ancora di più quando i provvedimenti della manovra del governo che indurranno gli enti locali a tagliare ulteriormente i servizi, diventeranno pienamente esecutivi. In questo quadro che non risparmia nessuna regione (e quindi nemmeno la Toscana) in cui le famiglie sono già in ginocchio, è un dramma perdere anche un solo posto di lavoro.

E invece pare che siano 115 i posti persi per strada (su 375) nella lunga vicenda della Easy green (ex Isi) in base a quanto prospettato dall'azienda ai sindacati e contenuto nel piano industriale. Nulla è ancora certo perché si dovranno aspettare gli esiti dell'asta fallimentare che si terrà il prossimo 10 ottobre, ma se quanto detto si palesasse sarebbe comunque una sconfitta visto che il settore delle rinnovabili è in crescita (nonostante il momento non proprio favorevole) e garantisce buona occupazione in uno degli ambiti della green economy che tutti almeno a parole vogliono sostenere, poiché l'unico che assicura la compatibilità ambientale e sociale dello sviluppo. Creare nuovi posti di lavoro è un imperativo ma all'interno dei confini della sostenibilità, quindi non prescindendo dagli aspetti ambientali.

La vicenda della Laika a San Casciano Val di Pesa invece ci riporta indietro di qualche decennio, dove lavoratori e sindacati si sono schierati contro gli ambientalisti e i cittadini che vogliono tutelare il territorio. L'oggetto del contendere è l'espansione dello stabilimento della Laika in località Ponterotto, luogo non ritenuto idoneo da comitati e associazioni che oltre all'impatto ambientale vedono dietro l'operazione condotta dalla famiglia Hymer (e avvallata dall'amministrazione comunale), più che esigenze di sviluppo industriale quelle di una speculazione immobiliare. Alla vicenda iniziata quasi 10 anni fa, si sono aggiunti recentemente nuovi particolari.

Nel luogo dove il gruppo tedesco che controlla la Laika vorrebbe costruire il nuovo capannone, sono stati trovati reperti archeologici etrusco-romani ben riconosciuti e giustamente valorizzati dal comune di San Casciano (che ha ottenuto anche finanziamenti in merito) che poi però (nell'agosto scorso) lo stesso comune ha deciso di rimuovere scatenando le ire degli ambientalisti che hanno fatto i loro ricorsi. In questa situazione i sindacati (Rsu di Laika), vedendo rimandata la fase esecutiva dei lavori e addirittura messo a rischio l'investimento di Laika, sono insorti contro comitati e associazioni. Legambiente (circolo Il Passignano) Wwf Firenze, Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra Firenze hanno risposto che «una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche». Associazioni ambientaliste e comitati hanno inviato una lettera dettagliata al presidente della Regione Enrico Rossi, alla giunta, ai lavoratori e alle rappresentanze sindacali di Laika in cui viene spiegata nel dettaglio tutta la vicenda e anche i dubbi sulle intenzioni della Hymer, che poi forse non è un'azienda proprio in salute, il che fa aumentare le perplessità sulle volumetrie richieste per l'espansione industriale. Gli ambientalisti poi puntano il dito contro l'amministrazione comunale: «non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l'intervento con cospicue risorse del comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente interesse pubblico». La Regione ora dovrà affrontare la spinosa questione in particolare per quel che riguarda la tutela dell'interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che non dimentichiamo è anche una risorsa economica, perché, a contrario di come pensa qualcuno, con la cultura si mangia, magari poco ma si mangia. Legambiente, Wwf Firenze, Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra Firenze, mettono infine in guardia i sindacati: «invitiamo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell'impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell'ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di Beni Comuni il fondamento di una economia equa e sostenibile che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli».

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI - comunicato di solidarietà della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI …

Personalmente e a nome della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio esprimo piena solidarietà a Lucia Carlesi, consigliere comunale di San Casciano per il gruppo Laboratorio per un’altra San Casciano – Rifondazione Comunista, che nel corso di una movimentata seduta, nel pomeriggio del 29 settembre, è stata oggetto di violenze verbali, di insulti e di un vero e proprio tentativo di linciaggio politico.

L’occasione è stata la discussione su un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi a proposito dei reperti archeologici (etrusco-ellenistici, romani, settecenteschi) venuti alla luce nel corso della costruzione del nuovo stabilimento Laika Caravans al Ponterotto (sulla vicenda tutta la documentazione è reperibile su: archeopatacca.blogspot.com). L’ordine del giorno è stato spostato al primo posto per dar modo a un folto gruppo di dipendenti Laika di partecipare alla seduta, con cartelli e striscioni dentro e fuori la sala comunale. In questo modo si è voluto mettere in violenta contrapposizione chi difende il patrimonio culturale del territorio da chi difende il posto di lavoro, scaricando sugli ambientalisti la responsabilità dei ritardi nella realizzazione del progetto Laika, che prese il via ormai dieci anni fa.

Davvero la colpa dei ritardi è degli ambientalisti? Non sapevamo di essere così potenti … Ma andiamo con ordine: la trattativa per l’acquisto del terreno da parte di Hymer AG, la multinazionale tedesca che aveva rilevato l’azienda della Sambuca, iniziava nel 2001, sotto la guida del Sindaco di San Casciano e con l’accordo dei sindacati. Il terreno, di circa 15 ha (di cui 10 in fondovalle), era a destinazione agricola e quasi tutto faceva parte della fattoria di Sorbigliano, un’azienda agricola in perenne crisi. Il consiglio di amministrazione di Laika ne deliberava l’acquisto il 9 settembre 2002, e il consigliere delegato assicurava che i lavori si sarebbero conclusi (addirittura!) entro l’estate del 2004, mentre per il momento nessun atto ufficiale prevedeva il cambio di destinazione. Nell’estate del 2004 finiva però la legislatura, lasciando in eredità soltanto una mozione approvata dal Consiglio Comunale che auspicava il trasferimento di Laika al Ponterotto. La nuova amministrazione si impegnava in una complicata procedura urbanistica, barcamenandosi fra un Piano Strutturale appena adottato (ma non approvato, e poi abbandonato) e un vecchio PRG. Si scelse la via della variante a quest’ultimo, che venne adottata dopo ben due anni, nell’agosto del 2006. Ed è solo in questa fase che le associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF, Italia Nostra) entrano in campo presentando una serie di osservazioni, come previsto dalla legislazione regionale. Da notare che una di queste osservazioni segnalava che la variante mancava del tutto della necessaria verifica cartografica di dettaglio, perché era disegnata in scala 1:10.000: ma neppure questa osservazione fu presa minimamente in considerazione, mentre un serio rilievo del terreno avrebbe consentito già allora l’indagine di archeologia preventiva.

A questo punto le associazioni ambientaliste hanno provato, inutilmente, a fermare l’operazione, denunciando la ferita che un capannone così grande (300.000 mc!) avrebbe inferto al territorio e proponendo alternative in zone industriali vicine: alla stessa Sambuca, dove nel frattempo si liberavano numerosi spazi, o alla Zambra in comune di Barberino, per non parlare delle aree industriali in val d’Elsa, dove si è formato il vero e proprio distretto della camperistica. Nessuno ha mai sostenuto che Laika non dovesse costruire un nuovo capannone, ma si contestava la scelta del Ponterotto. Si contestava con ricorsi ed esposti: che non hanno minimamente inciso sui tempi della progettazione del capannone stesso. Forse era l’azienda che non aveva molta fretta? Fatto sta che per la concessione edilizia dobbiamo aspettare il 2008, e per l’approvazione di un’ulteriore variante (richiesta dall’azienda stessa) il 2009. Ed eccoci al presente: appena cominciamo i lavori, nel 2010, saltano fuori i reperti.

Tutti sapevano, al Ponterotto, che quella era una zona “sensibile” all’archeologia, bastava grattare il terreno per trovare dei cocci: l’indagine preventiva (che evidenzia le strutture murarie) avrebbe evitato di trovarsi impreparati proprio al momento in cui i lavori dovevano iniziare. I lavori del cantiere venivano seguiti giorno per giorno da chi si aspettava che qualcosa venisse fuori: e siccome quei reperti non passavano inosservati fu necessario coinvolgere la Soprintendenza: altro tempo perso, che non dipendeva certo dagli ambientalisti, i quali stavano a vedere e aspettavano di capire quali fossero gli sviluppi della situazione.

Ma da questo momento in poi, per più di un anno, della questione non si sa più niente, in Comune si trincerano dietro un “è tutto in mano alla Soprintendenza”, alla Soprintendenza rispondono con un “lasciateci lavorare, è tutto sotto controllo”. Fino a scoprire, ma soltanto nello scorso agosto, che era già stato proposto (da Laika) e autorizzato (dal Ministero) il trasferimento dei reperti in altra sede. Di questo trattava, appunto l’ordine del giorno di Carlesi: se è vero, come sostengono gli archeologi più qualificati, che il trasferimento fuori dal contesto di reperti di questo tipo non ha senso, perché accordarsi (in gran segreto) per un finto parco archeologico, con una forte spesa da parte del Comune, e nuovi ritardi di mesi e mesi, invece di adeguare il progetto del capannone, che fra l’altro non sembra nemmeno destinato a utilizzare tutti i 20.000 mq della superficie utile? Oppure, ci dicevano gli stessi archeologici, se i reperti non hanno grande valore, si faccia il rilievo e poi si ricoprano, come si fa in tante situazioni, o si distruggano, se ci si vuole prendere la responsabilità di farlo. Come ha detto la presidente di Confindustria toscana, perché quattro sassi devono intralciare un progetto così rilevante?

E qui veniamo alla seduta del Consiglio Comunale. Lucia Carlesi è rimasta da sola con il suo ordine del giorno, contro destra e sinistra, padroni, sindacati e operai. Una vera e propria ammucchiata, che il Sindaco Pescini ha avuto la sfacciataggine di definire “la vera comunità di San Casciano”. Nel Consiglio Comunale Carlesi era sola, ma al di fuori non lo è, come dimostra la partecipazione sulla rete, sul blog e su Facebook. E’ vero, su oltre 500 iscritti al gruppo Fb, molti non sono sancascianesi: ma è proprio questo che conta. Se alziamo un momento lo sguardo dal campanilino del paese e guardiamo un po’ più in là, ci accorgiamo che è il Comune di San Casciano ad essere isolato: si veda l’articolo di Salvatore Settis, il più autorevole esperto di paesaggio, del 28 settembre scorso su la Repubblica, dove la vicenda del Ponterotto è citata come scempio di portata nazionale. La scelta di volere per forza un insediamento industriale di quella portata dentro i propri confini comunali è miope e campanilistica, se non vogliamo pensare ancora peggio. Se i lavoratori Laika stanno ancora aspettando questo benedetto trasferimento, dopo dieci anni, devono solo ringraziare i propri rappresentanti politici e sindacali.

30 settembre 2011,
Claudio Greppi per la Rete dei Comitati

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI - comunicato di solidarietà della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI …

Personalmente e a nome della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio esprimo piena solidarietà a Lucia Carlesi, consigliere comunale di San Casciano per il gruppo Laboratorio per un’altra San Casciano – Rifondazione Comunista, che nel corso di una movimentata seduta, nel pomeriggio del 29 settembre, è stata oggetto di violenze verbali, di insulti e di un vero e proprio tentativo di linciaggio politico.

L’occasione è stata la discussione su un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi a proposito dei reperti archeologici (etrusco-ellenistici, romani, settecenteschi) venuti alla luce nel corso della costruzione del nuovo stabilimento Laika Caravans al Ponterotto (sulla vicenda tutta la documentazione è reperibile su: archeopatacca.blogspot.com). L’ordine del giorno è stato spostato al primo posto per dar modo a un folto gruppo di dipendenti Laika di partecipare alla seduta, con cartelli e striscioni dentro e fuori la sala comunale. In questo modo si è voluto mettere in violenta contrapposizione chi difende il patrimonio culturale del territorio da chi difende il posto di lavoro, scaricando sugli ambientalisti la responsabilità dei ritardi nella realizzazione del progetto Laika, che prese il via ormai dieci anni fa.

Davvero la colpa dei ritardi è degli ambientalisti? Non sapevamo di essere così potenti … Ma andiamo con ordine: la trattativa per l’acquisto del terreno da parte di Hymer AG, la multinazionale tedesca che aveva rilevato l’azienda della Sambuca, iniziava nel 2001, sotto la guida del Sindaco di San Casciano e con l’accordo dei sindacati. Il terreno, di circa 15 ha (di cui 10 in fondovalle), era a destinazione agricola e quasi tutto faceva parte della fattoria di Sorbigliano, un’azienda agricola in perenne crisi. Il consiglio di amministrazione di Laika ne deliberava l’acquisto il 9 settembre 2002, e il consigliere delegato assicurava che i lavori si sarebbero conclusi (addirittura!) entro l’estate del 2004, mentre per il momento nessun atto ufficiale prevedeva il cambio di destinazione. Nell’estate del 2004 finiva però la legislatura, lasciando in eredità soltanto una mozione approvata dal Consiglio Comunale che auspicava il trasferimento di Laika al Ponterotto. La nuova amministrazione si impegnava in una complicata procedura urbanistica, barcamenandosi fra un Piano Strutturale appena adottato (ma non approvato, e poi abbandonato) e un vecchio PRG. Si scelse la via della variante a quest’ultimo, che venne adottata dopo ben due anni, nell’agosto del 2006. Ed è solo in questa fase che le associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF, Italia Nostra) entrano in campo presentando una serie di osservazioni, come previsto dalla legislazione regionale. Da notare che una di queste osservazioni segnalava che la variante mancava del tutto della necessaria verifica cartografica di dettaglio, perché era disegnata in scala 1:10.000: ma neppure questa osservazione fu presa minimamente in considerazione, mentre un serio rilievo del terreno avrebbe consentito già allora l’indagine di archeologia preventiva.

A questo punto le associazioni ambientaliste hanno provato, inutilmente, a fermare l’operazione, denunciando la ferita che un capannone così grande (300.000 mc!) avrebbe inferto al territorio e proponendo alternative in zone industriali vicine: alla stessa Sambuca, dove nel frattempo si liberavano numerosi spazi, o alla Zambra in comune di Barberino, per non parlare delle aree industriali in val d’Elsa, dove si è formato il vero e proprio distretto della camperistica. Nessuno ha mai sostenuto che Laika non dovesse costruire un nuovo capannone, ma si contestava la scelta del Ponterotto. Si contestava con ricorsi ed esposti: che non hanno minimamente inciso sui tempi della progettazione del capannone stesso. Forse era l’azienda che non aveva molta fretta? Fatto sta che per la concessione edilizia dobbiamo aspettare il 2008, e per l’approvazione di un’ulteriore variante (richiesta dall’azienda stessa) il 2009. Ed eccoci al presente: appena cominciamo i lavori, nel 2010, saltano fuori i reperti.

Tutti sapevano, al Ponterotto, che quella era una zona “sensibile” all’archeologia, bastava grattare il terreno per trovare dei cocci: l’indagine preventiva (che evidenzia le strutture murarie) avrebbe evitato di trovarsi impreparati proprio al momento in cui i lavori dovevano iniziare. I lavori del cantiere venivano seguiti giorno per giorno da chi si aspettava che qualcosa venisse fuori: e siccome quei reperti non passavano inosservati fu necessario coinvolgere la Soprintendenza: altro tempo perso, che non dipendeva certo dagli ambientalisti, i quali stavano a vedere e aspettavano di capire quali fossero gli sviluppi della situazione.

Ma da questo momento in poi, per più di un anno, della questione non si sa più niente, in Comune si trincerano dietro un “è tutto in mano alla Soprintendenza”, alla Soprintendenza rispondono con un “lasciateci lavorare, è tutto sotto controllo”. Fino a scoprire, ma soltanto nello scorso agosto, che era già stato proposto (da Laika) e autorizzato (dal Ministero) il trasferimento dei reperti in altra sede. Di questo trattava, appunto l’ordine del giorno di Carlesi: se è vero, come sostengono gli archeologi più qualificati, che il trasferimento fuori dal contesto di reperti di questo tipo non ha senso, perché accordarsi (in gran segreto) per un finto parco archeologico, con una forte spesa da parte del Comune, e nuovi ritardi di mesi e mesi, invece di adeguare il progetto del capannone, che fra l’altro non sembra nemmeno destinato a utilizzare tutti i 20.000 mq della superficie utile? Oppure, ci dicevano gli stessi archeologici, se i reperti non hanno grande valore, si faccia il rilievo e poi si ricoprano, come si fa in tante situazioni, o si distruggano, se ci si vuole prendere la responsabilità di farlo. Come ha detto la presidente di Confindustria toscana, perché quattro sassi devono intralciare un progetto così rilevante?

E qui veniamo alla seduta del Consiglio Comunale. Lucia Carlesi è rimasta da sola con il suo ordine del giorno, contro destra e sinistra, padroni, sindacati e operai. Una vera e propria ammucchiata, che il Sindaco Pescini ha avuto la sfacciataggine di definire “la vera comunità di San Casciano”. Nel Consiglio Comunale Carlesi era sola, ma al di fuori non lo è, come dimostra la partecipazione sulla rete, sul blog e su Facebook. E’ vero, su oltre 500 iscritti al gruppo Fb, molti non sono sancascianesi: ma è proprio questo che conta. Se alziamo un momento lo sguardo dal campanilino del paese e guardiamo un po’ più in là, ci accorgiamo che è il Comune di San Casciano ad essere isolato: si veda l’articolo di Salvatore Settis, il più autorevole esperto di paesaggio, del 28 settembre scorso su la Repubblica, dove la vicenda del Ponterotto è citata come scempio di portata nazionale. La scelta di volere per forza un insediamento industriale di quella portata dentro i propri confini comunali è miope e campanilistica, se non vogliamo pensare ancora peggio. Se i lavoratori Laika stanno ancora aspettando questo benedetto trasferimento, dopo dieci anni, devono solo ringraziare i propri rappresentanti politici e sindacali.

30 settembre 2011,
Claudio Greppi per la Rete dei Comitati

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI - comunicato di solidarietà della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI …

Personalmente e a nome della ReTe dei Comitati per la difesa del territorio esprimo piena solidarietà a Lucia Carlesi, consigliere comunale di San Casciano per il gruppo Laboratorio per un’altra San Casciano – Rifondazione Comunista, che nel corso di una movimentata seduta, nel pomeriggio del 29 settembre, è stata oggetto di violenze verbali, di insulti e di un vero e proprio tentativo di linciaggio politico.

L’occasione è stata la discussione su un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi a proposito dei reperti archeologici (etrusco-ellenistici, romani, settecenteschi) venuti alla luce nel corso della costruzione del nuovo stabilimento Laika Caravans al Ponterotto (sulla vicenda tutta la documentazione è reperibile su: archeopatacca.blogspot.com). L’ordine del giorno è stato spostato al primo posto per dar modo a un folto gruppo di dipendenti Laika di partecipare alla seduta, con cartelli e striscioni dentro e fuori la sala comunale. In questo modo si è voluto mettere in violenta contrapposizione chi difende il patrimonio culturale del territorio da chi difende il posto di lavoro, scaricando sugli ambientalisti la responsabilità dei ritardi nella realizzazione del progetto Laika, che prese il via ormai dieci anni fa.

Davvero la colpa dei ritardi è degli ambientalisti? Non sapevamo di essere così potenti … Ma andiamo con ordine: la trattativa per l’acquisto del terreno da parte di Hymer AG, la multinazionale tedesca che aveva rilevato l’azienda della Sambuca, iniziava nel 2001, sotto la guida del Sindaco di San Casciano e con l’accordo dei sindacati. Il terreno, di circa 15 ha (di cui 10 in fondovalle), era a destinazione agricola e quasi tutto faceva parte della fattoria di Sorbigliano, un’azienda agricola in perenne crisi. Il consiglio di amministrazione di Laika ne deliberava l’acquisto il 9 settembre 2002, e il consigliere delegato assicurava che i lavori si sarebbero conclusi (addirittura!) entro l’estate del 2004, mentre per il momento nessun atto ufficiale prevedeva il cambio di destinazione. Nell’estate del 2004 finiva però la legislatura, lasciando in eredità soltanto una mozione approvata dal Consiglio Comunale che auspicava il trasferimento di Laika al Ponterotto. La nuova amministrazione si impegnava in una complicata procedura urbanistica, barcamenandosi fra un Piano Strutturale appena adottato (ma non approvato, e poi abbandonato) e un vecchio PRG. Si scelse la via della variante a quest’ultimo, che venne adottata dopo ben due anni, nell’agosto del 2006. Ed è solo in questa fase che le associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF, Italia Nostra) entrano in campo presentando una serie di osservazioni, come previsto dalla legislazione regionale. Da notare che una di queste osservazioni segnalava che la variante mancava del tutto della necessaria verifica cartografica di dettaglio, perché era disegnata in scala 1:10.000: ma neppure questa osservazione fu presa minimamente in considerazione, mentre un serio rilievo del terreno avrebbe consentito già allora l’indagine di archeologia preventiva.

A questo punto le associazioni ambientaliste hanno provato, inutilmente, a fermare l’operazione, denunciando la ferita che un capannone così grande (300.000 mc!) avrebbe inferto al territorio e proponendo alternative in zone industriali vicine: alla stessa Sambuca, dove nel frattempo si liberavano numerosi spazi, o alla Zambra in comune di Barberino, per non parlare delle aree industriali in val d’Elsa, dove si è formato il vero e proprio distretto della camperistica. Nessuno ha mai sostenuto che Laika non dovesse costruire un nuovo capannone, ma si contestava la scelta del Ponterotto. Si contestava con ricorsi ed esposti: che non hanno minimamente inciso sui tempi della progettazione del capannone stesso. Forse era l’azienda che non aveva molta fretta? Fatto sta che per la concessione edilizia dobbiamo aspettare il 2008, e per l’approvazione di un’ulteriore variante (richiesta dall’azienda stessa) il 2009. Ed eccoci al presente: appena cominciamo i lavori, nel 2010, saltano fuori i reperti.

Tutti sapevano, al Ponterotto, che quella era una zona “sensibile” all’archeologia, bastava grattare il terreno per trovare dei cocci: l’indagine preventiva (che evidenzia le strutture murarie) avrebbe evitato di trovarsi impreparati proprio al momento in cui i lavori dovevano iniziare. I lavori del cantiere venivano seguiti giorno per giorno da chi si aspettava che qualcosa venisse fuori: e siccome quei reperti non passavano inosservati fu necessario coinvolgere la Soprintendenza: altro tempo perso, che non dipendeva certo dagli ambientalisti, i quali stavano a vedere e aspettavano di capire quali fossero gli sviluppi della situazione.

Ma da questo momento in poi, per più di un anno, della questione non si sa più niente, in Comune si trincerano dietro un “è tutto in mano alla Soprintendenza”, alla Soprintendenza rispondono con un “lasciateci lavorare, è tutto sotto controllo”. Fino a scoprire, ma soltanto nello scorso agosto, che era già stato proposto (da Laika) e autorizzato (dal Ministero) il trasferimento dei reperti in altra sede. Di questo trattava, appunto l’ordine del giorno di Carlesi: se è vero, come sostengono gli archeologi più qualificati, che il trasferimento fuori dal contesto di reperti di questo tipo non ha senso, perché accordarsi (in gran segreto) per un finto parco archeologico, con una forte spesa da parte del Comune, e nuovi ritardi di mesi e mesi, invece di adeguare il progetto del capannone, che fra l’altro non sembra nemmeno destinato a utilizzare tutti i 20.000 mq della superficie utile? Oppure, ci dicevano gli stessi archeologici, se i reperti non hanno grande valore, si faccia il rilievo e poi si ricoprano, come si fa in tante situazioni, o si distruggano, se ci si vuole prendere la responsabilità di farlo. Come ha detto la presidente di Confindustria toscana, perché quattro sassi devono intralciare un progetto così rilevante?

E qui veniamo alla seduta del Consiglio Comunale. Lucia Carlesi è rimasta da sola con il suo ordine del giorno, contro destra e sinistra, padroni, sindacati e operai. Una vera e propria ammucchiata, che il Sindaco Pescini ha avuto la sfacciataggine di definire “la vera comunità di San Casciano”. Nel Consiglio Comunale Carlesi era sola, ma al di fuori non lo è, come dimostra la partecipazione sulla rete, sul blog e su Facebook. E’ vero, su oltre 500 iscritti al gruppo Fb, molti non sono sancascianesi: ma è proprio questo che conta. Se alziamo un momento lo sguardo dal campanilino del paese e guardiamo un po’ più in là, ci accorgiamo che è il Comune di San Casciano ad essere isolato: si veda l’articolo di Salvatore Settis, il più autorevole esperto di paesaggio, del 28 settembre scorso su la Repubblica, dove la vicenda del Ponterotto è citata come scempio di portata nazionale. La scelta di volere per forza un insediamento industriale di quella portata dentro i propri confini comunali è miope e campanilistica, se non vogliamo pensare ancora peggio. Se i lavoratori Laika stanno ancora aspettando questo benedetto trasferimento, dopo dieci anni, devono solo ringraziare i propri rappresentanti politici e sindacali.

30 settembre 2011,
Claudio Greppi per la Rete dei Comitati

Comunicato stampa delle associazioni ambientaliste

20 settembre 2011

Ieri sera a San Casciano, in un consiglio comunale teso e “blindato”, i gruppi consiliari (sia di destra sia di sinistra) hanno rigettato la mozione della consigliera di opposizione Lucia Carlesi, che chiedeva con solidi argomenti tecnici, scientifici, legali ed economici di fermare la procedura di rimozione dei reperti archeologici a Ponterotto, con ciò rappresentando il sentire non solo delle associazioni ambientaliste e di chi ha a cuore la tutela dei beni culturali, ma anche di quella grande parte di opinione pubblica che vuole una economia sostenibile e rispettosa dei beni comuni.

La delibera di giunta appare irregolare sotto molti punti di vista, al limite dellla nullità: si mette a carico delle casse comunali una grande quantità di lavori finalizzati al “trasloco” dei reperti, ma non si dice quanto questo costerà ai cittadini (il computo senza cifre allegato alla convenzione enumera opere che da un calcolo sommario da noi fatto su una decina di voci sicuramente supera i 100.000 euro), non si spiega da quali capitoli di spesa verranno prese le risorse e soprattutto non si spiega bene quale interesse pubblico esista nel pagare i tecnici che sovrintendono (in una proprietà privata) alla documentazione e alla organizzazione dei lavori di demolizione di un sito archeologico. Di più, tutto questo appare corredato di un documento di regolarità contabile che non si capisce a cosa si riferisca, visto che non c’è una sola cifra dichiarata.

Con quella delibera di fatto la giunta di San Casciano autorizza un tecnico di servizio a prendere accordi economici per non si capisce quali importi.

Con una dichiarazione incredibile il sindaco Pescini ha affermato in consiglio che le cifre saranno messe dopo che privati e enti sovraordinati avranno firmato l’accordo: in tal modo il Comune (ed i cittadini) si troverebbe a dover far fronte a spese addirittura pluriennali non si capisce da chi decise, in una logica di esproprio del Consiglio comunale (unica istituzione a ciò abilitata dalla legge).
Ma di tutto questo ieri sera non si è discusso.

Come non si è discusso nel merito delle argomentate critiche che archeologi di rilevanza nazionale hanno indirizzato all’intervento (per ultimo Salvatore Settis), ridicolizzati al punto che alcuni consiglieri hanno strappato applausi dichiarando che se fossero stati loro sulle ruspe “quelle pietre” le avrebbero direttamente spazzate via…

Il consiglio comunale è stata una rassegna di interventi platealmente demagogici tesi a ridicolizzare la rilevanza dell’ambiente, dei beni culturali , del paesaggio, di una agricoltura sostenibile, messi in antagonismo CON IL LAVORO:  quel capannone sembra il futuro del Chianti, e nessuno si accorge che LAIKA  vive la pesante crisi mondiale ed europea della camperistica, ha ridotto i propri fatturati AL DI SOTTO DI QUELLI DI 10 anni or sono (secondo quanto dichiarato ieri sera dagli stessi lavoratori), e non ha nessun bisogno oggi di quelle superfici che sono IL TRIPLO DI QUANTO OGGI è realmente in produzione. Gli ambientalisti sono stati addirittura accusati di aver provocato loro un ritardo di 10 anni nella costruzione dello stabilimento con le loro critiche, ritardo dovuto ai pasticciati percorsi individuati per regolarizzare la trasformazione di terreni agricoli individuati e acquistati fuori da ogni pianificazione con la promessa di futura edificabilità.

Dispiace che i lavoratori LAIKA massicciamente presenti e organizzati in platea abbiano creduto alla demagogia di chi trasforma gli  affari immobiliari della Hymer in garanzie sicure di lavoro, come fu a suo tempo per i dipendenti della STIANTI  (che ottenne un enorme volumetria nel centro di San Casciano sotto il ricatto della occupazione, salvo poi mandare a casa i propri dipendenti una volta realizzato  l’affare). A suo tempo fu chiesto da chi si opponeva al progetto che almeno i lavoratori fossero tutelati con una clausola di convenzione che vincolasse la Hymer a mantenere i livelli occupazionali ATTUALI pena la decadenza della concessione dei volumi aggiuntivi, ma quella richiesta fu bocciata dalla Amministrazione comunale (che oggi si presenta a paladina del lavoro) come vessatoria della libertà di impresa.

Crediamo che lo stabilimento Laika sarebbe stato  già realizzato da anni in maniera rispettosa dell’ambiente, dando risposte concrete e non demagogiche alle esigenze dei lavoratori, se per 11 anni l’amministrazione comunale e la Hymer non avessero  perseguito con forzature e procedure ad hoc quella localizzazione.

Crediamo che difendere i beni comuni, tra i quali sono anche il paesaggio e i beni archeologici e culturali, sia invece la vera garanzia di un futuro e di un lavoro per i nostri figli, e continueremo a farlo opponendoci ad un atto che appare oltre che sbagliato anche palesemente viziato da irregolarità.


LEGAMBIENTE circolo IL PASSIGNANO
WWF Firenze
RETE DEI COMITATI
ITALIA NOSTRA Firenze

Comunicato stampa delle associazioni ambientaliste

20 settembre 2011

Ieri sera a San Casciano, in un consiglio comunale teso e “blindato”, i gruppi consiliari (sia di destra sia di sinistra) hanno rigettato la mozione della consigliera di opposizione Lucia Carlesi, che chiedeva con solidi argomenti tecnici, scientifici, legali ed economici di fermare la procedura di rimozione dei reperti archeologici a Ponterotto, con ciò rappresentando il sentire non solo delle associazioni ambientaliste e di chi ha a cuore la tutela dei beni culturali, ma anche di quella grande parte di opinione pubblica che vuole una economia sostenibile e rispettosa dei beni comuni.

La delibera di giunta appare irregolare sotto molti punti di vista, al limite dellla nullità: si mette a carico delle casse comunali una grande quantità di lavori finalizzati al “trasloco” dei reperti, ma non si dice quanto questo costerà ai cittadini (il computo senza cifre allegato alla convenzione enumera opere che da un calcolo sommario da noi fatto su una decina di voci sicuramente supera i 100.000 euro), non si spiega da quali capitoli di spesa verranno prese le risorse e soprattutto non si spiega bene quale interesse pubblico esista nel pagare i tecnici che sovrintendono (in una proprietà privata) alla documentazione e alla organizzazione dei lavori di demolizione di un sito archeologico. Di più, tutto questo appare corredato di un documento di regolarità contabile che non si capisce a cosa si riferisca, visto che non c’è una sola cifra dichiarata.

Con quella delibera di fatto la giunta di San Casciano autorizza un tecnico di servizio a prendere accordi economici per non si capisce quali importi.

Con una dichiarazione incredibile il sindaco Pescini ha affermato in consiglio che le cifre saranno messe dopo che privati e enti sovraordinati avranno firmato l’accordo: in tal modo il Comune (ed i cittadini) si troverebbe a dover far fronte a spese addirittura pluriennali non si capisce da chi decise, in una logica di esproprio del Consiglio comunale (unica istituzione a ciò abilitata dalla legge).
Ma di tutto questo ieri sera non si è discusso.

Come non si è discusso nel merito delle argomentate critiche che archeologi di rilevanza nazionale hanno indirizzato all’intervento (per ultimo Salvatore Settis), ridicolizzati al punto che alcuni consiglieri hanno strappato applausi dichiarando che se fossero stati loro sulle ruspe “quelle pietre” le avrebbero direttamente spazzate via…

Il consiglio comunale è stata una rassegna di interventi platealmente demagogici tesi a ridicolizzare la rilevanza dell’ambiente, dei beni culturali , del paesaggio, di una agricoltura sostenibile, messi in antagonismo CON IL LAVORO: quel capannone sembra il futuro del Chianti, e nessuno si accorge che LAIKA vive la pesante crisi mondiale ed europea della camperistica, ha ridotto i propri fatturati AL DI SOTTO DI QUELLI DI 10 anni or sono (secondo quanto dichiarato ieri sera dagli stessi lavoratori), e non ha nessun bisogno oggi di quelle superfici che sono IL TRIPLO DI QUANTO OGGI è realmente in produzione . Gli ambientalisti sono stati addirittura accusati di aver provocato loro un ritardo di 10 anni nella costruzione dello stabilimento con le loro critiche, ritardo dovuto ai pasticciati percorsi individuati per regolarizzare la trasformazione di terreni agricoli individuati e acquistati fuori da ogni pianificazione con la promessa di futura edificabilità.

Dispiace che i lavoratori LAIKA massicciamente presenti e organizzati in platea abbiano creduto alla demagogia di chi trasforma gli affari immobiliari della Hymer in garanzie sicure di lavoro, come fu a suo tempo per i dipendenti della STIANTI (che ottenne un enorme volumetria nel centro di San Casciano sotto il ricatto della occupazione, salvo poi mandare a casa i propri dipendenti una volta realizzato l’affare). A suo tempo fu chiesto da chi si opponeva al progetto che almeno i lavoratori fossero tutelati con una clausola di convenzione che vincolasse la Hymer a mantenere i livelli occupazionali ATTUALI pena la decadenza della concessione dei volumi aggiuntivi, ma quella richiesta fu bocciata dalla Amministrazione comunale (che oggi si presenta a paladina del lavoro) come vessatoria della libertà di impresa.

Crediamo che lo stabilimento Laika sarebbe stato già realizzato da anni in maniera rispettosa dell’ambiente, dando risposte concrete e non demagogiche alle esigenze dei lavoratori, se per 11 anni l’amministrazione comunale e la Hymer non avessero perseguito con forzature e procedure ad hoc quella localizzazione.

Crediamo che difendere i beni comuni, tra i quali sono anche il paesaggio e i beni archeologici e culturali, sia invece la vera garanzia di un futuro e di un lavoro per i nostri figli, e continueremo a farlo opponendoci ad un atto che appare oltre che sbagliato anche palesemente viziato da irregolarità.


LEGAMBIENTE circolo IL PASSIGNANO
WWF Firenze
RETE DEI COMITATI
ITALIA NOSTRA Firenze

Comunicato stampa delle associazioni ambientaliste

20 settembre 2011

Ieri sera a San Casciano, in un consiglio comunale teso e “blindato”, i gruppi consiliari (sia di destra sia di sinistra) hanno rigettato la mozione della consigliera di opposizione Lucia Carlesi, che chiedeva con solidi argomenti tecnici, scientifici, legali ed economici di fermare la procedura di rimozione dei reperti archeologici a Ponterotto, con ciò rappresentando il sentire non solo delle associazioni ambientaliste e di chi ha a cuore la tutela dei beni culturali, ma anche di quella grande parte di opinione pubblica che vuole una economia sostenibile e rispettosa dei beni comuni.

La delibera di giunta appare irregolare sotto molti punti di vista, al limite dellla nullità: si mette a carico delle casse comunali una grande quantità di lavori finalizzati al “trasloco” dei reperti, ma non si dice quanto questo costerà ai cittadini (il computo senza cifre allegato alla convenzione enumera opere che da un calcolo sommario da noi fatto su una decina di voci sicuramente supera i 100.000 euro), non si spiega da quali capitoli di spesa verranno prese le risorse e soprattutto non si spiega bene quale interesse pubblico esista nel pagare i tecnici che sovrintendono (in una proprietà privata) alla documentazione e alla organizzazione dei lavori di demolizione di un sito archeologico. Di più, tutto questo appare corredato di un documento di regolarità contabile che non si capisce a cosa si riferisca, visto che non c’è una sola cifra dichiarata.

Con quella delibera di fatto la giunta di San Casciano autorizza un tecnico di servizio a prendere accordi economici per non si capisce quali importi.

Con una dichiarazione incredibile il sindaco Pescini ha affermato in consiglio che le cifre saranno messe dopo che privati e enti sovraordinati avranno firmato l’accordo: in tal modo il Comune (ed i cittadini) si troverebbe a dover far fronte a spese addirittura pluriennali non si capisce da chi decise, in una logica di esproprio del Consiglio comunale (unica istituzione a ciò abilitata dalla legge).
Ma di tutto questo ieri sera non si è discusso.

Come non si è discusso nel merito delle argomentate critiche che archeologi di rilevanza nazionale hanno indirizzato all’intervento (per ultimo Salvatore Settis), ridicolizzati al punto che alcuni consiglieri hanno strappato applausi dichiarando che se fossero stati loro sulle ruspe “quelle pietre” le avrebbero direttamente spazzate via…

Il consiglio comunale è stata una rassegna di interventi platealmente demagogici tesi a ridicolizzare la rilevanza dell’ambiente, dei beni culturali , del paesaggio, di una agricoltura sostenibile, messi in antagonismo CON IL LAVORO: quel capannone sembra il futuro del Chianti, e nessuno si accorge che LAIKA vive la pesante crisi mondiale ed europea della camperistica, ha ridotto i propri fatturati AL DI SOTTO DI QUELLI DI 10 anni or sono (secondo quanto dichiarato ieri sera dagli stessi lavoratori), e non ha nessun bisogno oggi di quelle superfici che sono IL TRIPLO DI QUANTO OGGI è realmente in produzione. Gli ambientalisti sono stati addirittura accusati di aver provocato loro un ritardo di 10 anni nella costruzione dello stabilimento con le loro critiche, ritardo dovuto ai pasticciati percorsi individuati per regolarizzare la trasformazione di terreni agricoli individuati e acquistati fuori da ogni pianificazione con la promessa di futura edificabilità.

Dispiace che i lavoratori LAIKA massicciamente presenti e organizzati in platea abbiano creduto alla demagogia di chi trasforma gli affari immobiliari della Hymer in garanzie sicure di lavoro, come fu a suo tempo per i dipendenti della STIANTI (che ottenne un enorme volumetria nel centro di San Casciano sotto il ricatto della occupazione, salvo poi mandare a casa i propri dipendenti una volta realizzato l’affare). A suo tempo fu chiesto da chi si opponeva al progetto che almeno i lavoratori fossero tutelati con una clausola di convenzione che vincolasse la Hymer a mantenere i livelli occupazionali ATTUALI pena la decadenza della concessione dei volumi aggiuntivi, ma quella richiesta fu bocciata dalla Amministrazione comunale (che oggi si presenta a paladina del lavoro) come vessatoria della libertà di impresa.

Crediamo che lo stabilimento Laika sarebbe stato già realizzato da anni in maniera rispettosa dell’ambiente, dando risposte concrete e non demagogiche alle esigenze dei lavoratori, se per 11 anni l’amministrazione comunale e la Hymer non avessero perseguito con forzature e procedure ad hoc quella localizzazione.

Crediamo che difendere i beni comuni, tra i quali sono anche il paesaggio e i beni archeologici e culturali, sia invece la vera garanzia di un futuro e di un lavoro per i nostri figli, e continueremo a farlo opponendoci ad un atto che appare oltre che sbagliato anche palesemente viziato da irregolarità.


LEGAMBIENTE circolo IL PASSIGNANO
WWF Firenze
RETE DEI COMITATI
ITALIA NOSTRA Firenze

giovedì 29 settembre 2011

Le associazioni a Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana

AL PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA Enrico Rossi
Alla Giunta Regionale Toscana
Ai lavoratori LAIKA
Alla RSU LAIKA



In questi giorni la Regione deve decidere su una questione importante, controversa e difficile, che riguarda la tutela dell’interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che può essere anche una risorsa economica fondamentale dal punto di vista turistico.

Nell’area destinata alla costruzione del nuovo stabilimento LAIKA a San Casciano sono emersi reperti etruschi e romani. Tali reperti vengono così descritti nel “PROGETTO di VALORIZZAZIONE DEI SITI ARCHEOLOGICI E DEL PARCO SPORTIVO “LA BOTTE” ATTRAVERSO UN SISTEMA INTEGRATO DI SEGNALETICA TURISTICA” presentato dalla Amministrazione Comunale di San Casciano a bando di finanziamento e che ha ottenuto un contributo di 68.000 di euro con atto del GAL START n°8/313AA del 29/03/2011: “Il territorio di San Casciano è stato disegnato dalle presenze antropiche che lo hanno caratterizzato fin da tempi preistorici, testimoniate dalla presenza di ben 40 siti di interesse archeologico …. Fra gli altri, si distinguono tre siti di significativo interesse archeologico risalenti al periodo etrusco-romano, ubicati lungo la fertile pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: la struttura funeraria etrusca di Sant’Angelo a Bibbione (VII sec. a.C.), l’insediamento etrusco di Poggio La Croce (VII-V sec. a. C.), l’insediamento etrusco-ellenistico di Ponterotto (IV-III sec. a.C.). Il paesaggio chiantigiano che si estende attraverso tali siti archeologici merita di essere conosciuto e valorizzato all’interno di un circuito turistico,….

Questo “sito di significativo interesse archeologico” viene invece smantellato con successivo “progetto di rimozione” deliberato dalla medesima amministrazione comunale nell’agosto 2011 e diventa “…alcune pietre di origine etrusca” che “certo ambientalismo in cashmere” non vuol spostare rischiando di” bloccare un investimento di 30 milioni di euro di LAIKA” nelle parole della Presidente di Confindustria Toscana.

Abbiamo un’altra idea di quel che è uno sviluppo sostenibile del territorio toscano, e ci dispiace rilevare la miopia dell’Associazione Industriali (che in teoria rappresenta anche gli interessi del settore turistico) la quale vede nei beni culturali un semplice impiccio invece che una grande opportunità. Ma siamo ancor più dispiaciuti del vedere accodarsi a questa miope idea le rappresentanze sindacali di LAIKA, che in un loro comunicato attaccano movimenti ambientalisti e comitati locali.

Per dovere di verità, ci sentiamo di dover rispondere ad alcune affermazioni, senza nessuna intenzione polemica nei loro confronti in quanto riteniamo che una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.

Il comunicato RSU dichiara che la richiesta di salvaguardia dell’area archeologica mette a rischio, un «investimento che potrebbe dare serenità a tutti i dipendenti Laika e creare opportunità di lavoro». La Rsu fa anche riferimento alla recente notizia secondo cui la famiglia Hymer, il gruppo tedesco di cui fa parte Laika, avrebbe deciso di riacquisire il controllo completo, acquistando le azioni sul mercato, per un totale di 38 milioni. Un segnale «inequivocabile circa la volontà del gruppo di investire in un progetto industriale concreto». E concludono: «Non possiamo permetterci altri ritardi a causa di comitati”.


Ci sembra necessario puntualizzare quanto segue:

• Il 9 settembre 2002 il Consiglio di Amministrazione di Laika Caravans S.p.A. – da poco acquistata dalla tedesca HYMER AG - deliberava l’acquisto del terreno del Ponterotto per la somma di 3.5 milioni di euro. Il capannone appena finito di costruire alla Sambuca con variante del Comune di Tavarnelle (Laika 3) veniva messo in vendita per una cifra compresa fra i 12 e i 13 milioni di euro. Il consigliere delegato Heinrich Dumpe assicurava che il trasferimento nella nuova sede del Ponterotto sarebbe stato realizzato entro l’agosto del 2004. Solo uno dei consiglieri, il prof. Sergio Pivato della Bocconi, avanzava qualche dubbio sui rischi che l’operazione comportava e chiedeva se non fossero state previste alternative. I rischi non riguardano certamente l’eventuale presenza di comitati ambientalisti, ma la stessa complessità di un’operazione che trasforma un terreno agricolo in terreno industriale, al di fuori da qualsiasi strumento urbanistico.

• E infatti per procedere ad una variante ad hoc bisogna aspettare il 2006, poi ci vogliono ancora due anni per approvare il progetto, poi ancora un anno per una variante: e arriviamo al 2009. Il progetto è stato fermo a causa delle procedure arzigogolate introdotte per “regolarizzare” l’uso di terreni agricoli acquistati in una zona del tutto inadatta a quello stabilimento procedure oltretutto onerose e complesse. Se davvero esisteva la URGENZA imprenditoriale di avere quelle volumetrie, le si poteva realizzare da anni in altre zone industriali già infrastrutturate presenti nel territorio (per esempio a Barberino o a Poggibonsi). Evidentemente al gruppo Hymer interessa più l’investimento immobiliare che non la produzione.

• LA Hymer ha chiesto una superficie di 32.000 mq che è più del doppio della superficie attualmente in produzione (senza contare le superfici esterne impermeabilizzate per fare parcheggi). Nei fatti LAIKA ha perso occupati passando da 250 dipendenti nel 2003 (il massimo decennale) a 189 nel 2010, ha perso produzione calando a 55 milioni di euro nel 2010 rispetto ai 71 del 2000. Il progetto esecutivo depositato in Comune prevede una terza parte circa del capannone attrezzata e per il resto una enorme superficie vuota (in attesa di vendita? Forse con la prospettiva di lucrarci come già fatto con il capannone Laika 3, mai entrato in produzione?) Non siamo noi ambientalisti a mettere in crisi LAIKA ma gli andamenti del mercato europeo e nordamericano, che hanno visto crollare la domanda. Il nuovo capannone non risponde a pressanti esigenze produttive visto che le stesse previsioni aziendali parlano per il 2011 di una crescita possibile del fatturato che non recupererà tutte le perdite di mercato del passato. Mettere in discussione volumetrie o profili o localizzazione dell’edificio non può quindi essere un tabù.

• La Hymer aveva sovradimensionato anche il proprio stabilimento tedesco (investimento di 16 milioni di euro) trovandosi poi nel 2009 a far pagare ai lavoratori tedeschi il costo della crisi e dell’errore (600 posti di lavoro in meno) pur di mantenere comunque dividendi agli azionisti della Hymer (per l’80% di proprietà della famiglia Hymer). L’andamento decennale degli utili di esercizio dei bilanci LAIKA vede a parità di produzione incrementi o decrementi dell’ordine del 30%. Basti pensare che se nel 2001 con 42 milioni di valore produzione LAIKA realizza un utile di 711.000 di euro, mentre nel 2009 con 51 milioni di valore produzione ha avuto un disavanzo di esercizio di 3,5 milioni. Non capiamo quindi quale fiducia sia possibile avere in una operazione di rastrellamento azionario che sicuramente tutelerà ancor meglio gli interessi della proprietà ma che NON NECESSARIAMENTE si lega ad un rilancio produttivo, in quanto l’obbiettivo di ripartire dividendi è del tutto scollegato da quello di valorizzazione delle risorse produttive.

• La Hymer ha licenziato in tutta Europa, ed ha addirittura smantellato nell’anno passato la HYMER FRANCE in Alsazia, il marchio ERIBA (fallimento dichiarato a marzo 2010, 190 dipendenti sul lastrico ”colpevoli” per la Hymer di comportamenti sindacali giudicati troppo conflittuali), a fronte di un calo globale della produzione di HYMER AG : da 26000 a 19000 autoveicoli a inizio 2010, perdite dichiarate di 40 milioni di euro. L’azienda LAIKA dimostra sicuramente un grande dinamismo: vediamo per esempio i finanziamenti pubblici che questa azienda sta rastrellando (750.000 euro solo di fondi strutturali per l’innovazione di prodotto), ma vediamo anche il rischio che HYMER cerchi di far pagare ai contribuenti italiani e ai lavoratori i costi di una ristrutturazione che viene dopo anni di utili e dividendi ripartiti fra gli azionisti. In tale contesto, l’operazione immobiliare a Ponterotto non ci sembra certo una partita dettata dall’urgenza di por fine a dieci anni di inutili attese per passare a una nuova stagione produttiva (il trasferimento dei reperti archeologici comporterà comunque altri due anni di lavori!), tantomeno ci pare corretto paragonarla con la costruzione della diga di Assuan come ha fatto la presidente di Confindustria toscana (dimenticando che quella era, per quanto controversa, una OPERA PUBBLICA) ; siamo piuttosto di fronte ad una scelta legata all’investimento sul MATTONE, alla RENDITA IMMOBILIARE, come, secondo i dati CGCIA di Mestre sull’uso dei finanziamenti all’impresa, continuano a fare aziende medie e grandi a scapito della innovazione e della produzione materiale.

Infine, non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l’intervento con cospicue risorse del Comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente INTERESSE PUBBLICO: invitiamo su questo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell’impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell’ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di BENI COMUNI fondamento di una economia equa e SOSTENIBILE che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli.


LEGAMBIENTE circolo Il Passignano
WWF Firenze
Rete dei Comitati per la difesa del territorio
ITALIA NOSTRA Firenze

Le associazioni a Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana

AL PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA Enrico Rossi
Alla Giunta Regionale Toscana
Ai lavoratori LAIKA
Alla RSU LAIKA



In questi giorni la Regione deve decidere su una questione importante, controversa e difficile, che riguarda la tutela dell’interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che può essere anche una risorsa economica fondamentale dal punto di vista turistico.

Nell’area destinata alla costruzione del nuovo stabilimento LAIKA a San Casciano sono emersi reperti etruschi e romani. Tali reperti vengono così descritti nel “PROGETTO di VALORIZZAZIONE DEI SITI ARCHEOLOGICI E DEL PARCO SPORTIVO “LA BOTTE” ATTRAVERSO UN SISTEMA INTEGRATO DI SEGNALETICA TURISTICA” presentato dalla Amministrazione Comunale di San Casciano a bando di finanziamento e che ha ottenuto un contributo di 68.000 di euro con atto del GAL START n°8/313AA del 29/03/2011: “Il territorio di San Casciano è stato disegnato dalle presenze antropiche che lo hanno caratterizzato fin da tempi preistorici, testimoniate dalla presenza di ben 40 siti di interesse archeologico …. Fra gli altri, si distinguono tre siti di significativo interesse archeologico risalenti al periodo etrusco-romano, ubicati lungo la fertile pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: la struttura funeraria etrusca di Sant’Angelo a Bibbione (VII sec. a.C.), l’insediamento etrusco di Poggio La Croce (VII-V sec. a. C.), l’insediamento etrusco-ellenistico di Ponterotto (IV-III sec. a.C.). Il paesaggio chiantigiano che si estende attraverso tali siti archeologici merita di essere conosciuto e valorizzato all’interno di un circuito turistico,….

Questo “sito di significativo interesse archeologico” viene invece smantellato con successivo “progetto di rimozione” deliberato dalla medesima amministrazione comunale nell’agosto 2011 e diventa “…alcune pietre di origine etrusca” che “certo ambientalismo in cashmere” non vuol spostare rischiando di” bloccare un investimento di 30 milioni di euro di LAIKA” nelle parole della Presidente di Confindustria Toscana.

Abbiamo un’altra idea di quel che è uno sviluppo sostenibile del territorio toscano, e ci dispiace rilevare la miopia dell’Associazione Industriali (che in teoria rappresenta anche gli interessi del settore turistico) la quale vede nei beni culturali un semplice impiccio invece che una grande opportunità. Ma siamo ancor più dispiaciuti del vedere accodarsi a questa miope idea le rappresentanze sindacali di LAIKA, che in un loro comunicato attaccano movimenti ambientalisti e comitati locali.

Per dovere di verità, ci sentiamo di dover rispondere ad alcune affermazioni, senza nessuna intenzione polemica nei loro confronti in quanto riteniamo che una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.

Il comunicato RSU dichiara che la richiesta di salvaguardia dell’area archeologica mette a rischio, un «investimento che potrebbe dare serenità a tutti i dipendenti Laika e creare opportunità di lavoro». La Rsu fa anche riferimento alla recente notizia secondo cui la famiglia Hymer, il gruppo tedesco di cui fa parte Laika, avrebbe deciso di riacquisire il controllo completo, acquistando le azioni sul mercato, per un totale di 38 milioni. Un segnale «inequivocabile circa la volontà del gruppo di investire in un progetto industriale concreto». E concludono: «Non possiamo permetterci altri ritardi a causa di comitati”.


Ci sembra necessario puntualizzare quanto segue:

• Il 9 settembre 2002 il Consiglio di Amministrazione di Laika Caravans S.p.A. – da poco acquistata dalla tedesca HYMER AG - deliberava l’acquisto del terreno del Ponterotto per la somma di 3.5 milioni di euro. Il capannone appena finito di costruire alla Sambuca con variante del Comune di Tavarnelle (Laika 3) veniva messo in vendita per una cifra compresa fra i 12 e i 13 milioni di euro. Il consigliere delegato Heinrich Dumpe assicurava che il trasferimento nella nuova sede del Ponterotto sarebbe stato realizzato entro l’agosto del 2004. Solo uno dei consiglieri, il prof. Sergio Pivato della Bocconi, avanzava qualche dubbio sui rischi che l’operazione comportava e chiedeva se non fossero state previste alternative. I rischi non riguardano certamente l’eventuale presenza di comitati ambientalisti, ma la stessa complessità di un’operazione che trasforma un terreno agricolo in terreno industriale, al di fuori da qualsiasi strumento urbanistico.

• E infatti per procedere ad una variante ad hoc bisogna aspettare il 2006, poi ci vogliono ancora due anni per approvare il progetto, poi ancora un anno per una variante: e arriviamo al 2009. Il progetto è stato fermo a causa delle procedure arzigogolate introdotte per “regolarizzare” l’uso di terreni agricoli acquistati in una zona del tutto inadatta a quello stabilimento procedure oltretutto onerose e complesse. Se davvero esisteva la URGENZA imprenditoriale di avere quelle volumetrie, le si poteva realizzare da anni in altre zone industriali già infrastrutturate presenti nel territorio (per esempio a Barberino o a Poggibonsi). Evidentemente al gruppo Hymer interessa più l’investimento immobiliare che non la produzione.

• LA Hymer ha chiesto una superficie di 32.000 mq che è più del doppio della superficie attualmente in produzione (senza contare le superfici esterne impermeabilizzate per fare parcheggi). Nei fatti LAIKA ha perso occupati passando da 250 dipendenti nel 2003 (il massimo decennale) a 189 nel 2010, ha perso produzione calando a 55 milioni di euro nel 2010 rispetto ai 71 del 2000. Il progetto esecutivo depositato in Comune prevede una terza parte circa del capannone attrezzata e per il resto una enorme superficie vuota (in attesa di vendita? Forse con la prospettiva di lucrarci come già fatto con il capannone Laika 3, mai entrato in produzione?) Non siamo noi ambientalisti a mettere in crisi LAIKA ma gli andamenti del mercato europeo e nordamericano, che hanno visto crollare la domanda. Il nuovo capannone non risponde a pressanti esigenze produttive visto che le stesse previsioni aziendali parlano per il 2011 di una crescita possibile del fatturato che non recupererà tutte le perdite di mercato del passato. Mettere in discussione volumetrie o profili o localizzazione dell’edificio non può quindi essere un tabù.

• La Hymer aveva sovradimensionato anche il proprio stabilimento tedesco (investimento di 16 milioni di euro) trovandosi poi nel 2009 a far pagare ai lavoratori tedeschi il costo della crisi e dell’errore (600 posti di lavoro in meno) pur di mantenere comunque dividendi agli azionisti della Hymer (per l’80% di proprietà della famiglia Hymer). L’andamento decennale degli utili di esercizio dei bilanci LAIKA vede a parità di produzione incrementi o decrementi dell’ordine del 30%. Basti pensare che se nel 2001 con 42 milioni di valore produzione LAIKA realizza un utile di 711.000 di euro, mentre nel 2009 con 51 milioni di valore produzione ha avuto un disavanzo di esercizio di 3,5 milioni. Non capiamo quindi quale fiducia sia possibile avere in una operazione di rastrellamento azionario che sicuramente tutelerà ancor meglio gli interessi della proprietà ma che NON NECESSARIAMENTE si lega ad un rilancio produttivo, in quanto l’obbiettivo di ripartire dividendi è del tutto scollegato da quello di valorizzazione delle risorse produttive.

• La Hymer ha licenziato in tutta Europa, ed ha addirittura smantellato nell’anno passato la HYMER FRANCE in Alsazia, il marchio ERIBA (fallimento dichiarato a marzo 2010, 190 dipendenti sul lastrico ”colpevoli” per la Hymer di comportamenti sindacali giudicati troppo conflittuali), a fronte di un calo globale della produzione di HYMER AG : da 26000 a 19000 autoveicoli a inizio 2010, perdite dichiarate di 40 milioni di euro. L’azienda LAIKA dimostra sicuramente un grande dinamismo: vediamo per esempio i finanziamenti pubblici che questa azienda sta rastrellando (750.000 euro solo di fondi strutturali per l’innovazione di prodotto), ma vediamo anche il rischio che HYMER cerchi di far pagare ai contribuenti italiani e ai lavoratori i costi di una ristrutturazione che viene dopo anni di utili e dividendi ripartiti fra gli azionisti. In tale contesto, l’operazione immobiliare a Ponterotto non ci sembra certo una partita dettata dall’urgenza di por fine a dieci anni di inutili attese per passare a una nuova stagione produttiva (il trasferimento dei reperti archeologici comporterà comunque altri due anni di lavori!), tantomeno ci pare corretto paragonarla con la costruzione della diga di Assuan come ha fatto la presidente di Confindustria toscana (dimenticando che quella era, per quanto controversa, una OPERA PUBBLICA) ; siamo piuttosto di fronte ad una scelta legata all’investimento sul MATTONE, alla RENDITA IMMOBILIARE, come, secondo i dati CGCIA di Mestre sull’uso dei finanziamenti all’impresa, continuano a fare aziende medie e grandi a scapito della innovazione e della produzione materiale.

Infine, non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l’intervento con cospicue risorse del Comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente INTERESSE PUBBLICO: invitiamo su questo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell’impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell’ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di BENI COMUNI fondamento di una economia equa e SOSTENIBILE che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli.


LEGAMBIENTE circolo Il Passignano
WWF Firenze
Rete dei Comitati per la difesa del territorio
ITALIA NOSTRA Firenze

Le associazioni a Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana

AL PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA Enrico Rossi
Alla Giunta Regionale Toscana
Ai lavoratori LAIKA
Alla RSU LAIKA



In questi giorni la Regione deve decidere su una questione importante, controversa e difficile, che riguarda la tutela dell’interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che può essere anche una risorsa economica fondamentale dal punto di vista turistico.

Nell’area destinata alla costruzione del nuovo stabilimento LAIKA a San Casciano sono emersi reperti etruschi e romani. Tali reperti vengono così descritti nel “PROGETTO di VALORIZZAZIONE DEI SITI ARCHEOLOGICI E DEL PARCO SPORTIVO “LA BOTTE” ATTRAVERSO UN SISTEMA INTEGRATO DI SEGNALETICA TURISTICA” presentato dalla Amministrazione Comunale di San Casciano a bando di finanziamento e che ha ottenuto un contributo di 68.000 di euro con atto del GAL START n°8/313AA del 29/03/2011: “Il territorio di San Casciano è stato disegnato dalle presenze antropiche che lo hanno caratterizzato fin da tempi preistorici, testimoniate dalla presenza di ben 40 siti di interesse archeologico …. Fra gli altri, si distinguono tre siti di significativo interesse archeologico risalenti al periodo etrusco-romano, ubicati lungo la fertile pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: la struttura funeraria etrusca di Sant’Angelo a Bibbione (VII sec. a.C.), l’insediamento etrusco di Poggio La Croce (VII-V sec. a. C.), l’insediamento etrusco-ellenistico di Ponterotto (IV-III sec. a.C.). Il paesaggio chiantigiano che si estende attraverso tali siti archeologici merita di essere conosciuto e valorizzato all’interno di un circuito turistico,….

Questo “sito di significativo interesse archeologico” viene invece smantellato con successivo “progetto di rimozione” deliberato dalla medesima amministrazione comunale nell’agosto 2011 e diventa “…alcune pietre di origine etrusca” che “certo ambientalismo in cashmere” non vuol spostare rischiando di” bloccare un investimento di 30 milioni di euro di LAIKA” nelle parole della Presidente di Confindustria Toscana.

Abbiamo un’altra idea di quel che è uno sviluppo sostenibile del territorio toscano, e ci dispiace rilevare la miopia dell’Associazione Industriali (che in teoria rappresenta anche gli interessi del settore turistico) la quale vede nei beni culturali un semplice impiccio invece che una grande opportunità. Ma siamo ancor più dispiaciuti del vedere accodarsi a questa miope idea le rappresentanze sindacali di LAIKA, che in un loro comunicato attaccano movimenti ambientalisti e comitati locali.

Per dovere di verità, ci sentiamo di dover rispondere ad alcune affermazioni, senza nessuna intenzione polemica nei loro confronti in quanto riteniamo che una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.

Il comunicato RSU dichiara che la richiesta di salvaguardia dell’area archeologica mette a rischio, un «investimento che potrebbe dare serenità a tutti i dipendenti Laika e creare opportunità di lavoro». La Rsu fa anche riferimento alla recente notizia secondo cui la famiglia Hymer, il gruppo tedesco di cui fa parte Laika, avrebbe deciso di riacquisire il controllo completo, acquistando le azioni sul mercato, per un totale di 38 milioni. Un segnale «inequivocabile circa la volontà del gruppo di investire in un progetto industriale concreto». E concludono: «Non possiamo permetterci altri ritardi a causa di comitati”.


Ci sembra necessario puntualizzare quanto segue:

• Il 9 settembre 2002 il Consiglio di Amministrazione di Laika Caravans S.p.A. – da poco acquistata dalla tedesca HYMER AG - deliberava l’acquisto del terreno del Ponterotto per la somma di 3.5 milioni di euro. Il capannone appena finito di costruire alla Sambuca con variante del Comune di Tavarnelle (Laika 3) veniva messo in vendita per una cifra compresa fra i 12 e i 13 milioni di euro. Il consigliere delegato Heinrich Dumpe assicurava che il trasferimento nella nuova sede del Ponterotto sarebbe stato realizzato entro l’agosto del 2004. Solo uno dei consiglieri, il prof. Sergio Pivato della Bocconi, avanzava qualche dubbio sui rischi che l’operazione comportava e chiedeva se non fossero state previste alternative. I rischi non riguardano certamente l’eventuale presenza di comitati ambientalisti, ma la stessa complessità di un’operazione che trasforma un terreno agricolo in terreno industriale, al di fuori da qualsiasi strumento urbanistico.

• E infatti per procedere ad una variante ad hoc bisogna aspettare il 2006, poi ci vogliono ancora due anni per approvare il progetto, poi ancora un anno per una variante: e arriviamo al 2009. Il progetto è stato fermo a causa delle procedure arzigogolate introdotte per “regolarizzare” l’uso di terreni agricoli acquistati in una zona del tutto inadatta a quello stabilimento procedure oltretutto onerose e complesse. Se davvero esisteva la URGENZA imprenditoriale di avere quelle volumetrie, le si poteva realizzare da anni in altre zone industriali già infrastrutturate presenti nel territorio (per esempio a Barberino o a Poggibonsi). Evidentemente al gruppo Hymer interessa più l’investimento immobiliare che non la produzione.

• LA Hymer ha chiesto una superficie di 32.000 mq che è più del doppio della superficie attualmente in produzione (senza contare le superfici esterne impermeabilizzate per fare parcheggi). Nei fatti LAIKA ha perso occupati passando da 250 dipendenti nel 2003 (il massimo decennale) a 189 nel 2010, ha perso produzione calando a 55 milioni di euro nel 2010 rispetto ai 71 del 2000. Il progetto esecutivo depositato in Comune prevede una terza parte circa del capannone attrezzata e per il resto una enorme superficie vuota (in attesa di vendita? Forse con la prospettiva di lucrarci come già fatto con il capannone Laika 3, mai entrato in produzione?) Non siamo noi ambientalisti a mettere in crisi LAIKA ma gli andamenti del mercato europeo e nordamericano, che hanno visto crollare la domanda. Il nuovo capannone non risponde a pressanti esigenze produttive visto che le stesse previsioni aziendali parlano per il 2011 di una crescita possibile del fatturato che non recupererà tutte le perdite di mercato del passato. Mettere in discussione volumetrie o profili o localizzazione dell’edificio non può quindi essere un tabù.

• La Hymer aveva sovradimensionato anche il proprio stabilimento tedesco (investimento di 16 milioni di euro) trovandosi poi nel 2009 a far pagare ai lavoratori tedeschi il costo della crisi e dell’errore (600 posti di lavoro in meno) pur di mantenere comunque dividendi agli azionisti della Hymer (per l’80% di proprietà della famiglia Hymer). L’andamento decennale degli utili di esercizio dei bilanci LAIKA vede a parità di produzione incrementi o decrementi dell’ordine del 30%. Basti pensare che se nel 2001 con 42 milioni di valore produzione LAIKA realizza un utile di 711.000 di euro, mentre nel 2009 con 51 milioni di valore produzione ha avuto un disavanzo di esercizio di 3,5 milioni. Non capiamo quindi quale fiducia sia possibile avere in una operazione di rastrellamento azionario che sicuramente tutelerà ancor meglio gli interessi della proprietà ma che NON NECESSARIAMENTE si lega ad un rilancio produttivo, in quanto l’obbiettivo di ripartire dividendi è del tutto scollegato da quello di valorizzazione delle risorse produttive.

• La Hymer ha licenziato in tutta Europa, ed ha addirittura smantellato nell’anno passato la HYMER FRANCE in Alsazia, il marchio ERIBA (fallimento dichiarato a marzo 2010, 190 dipendenti sul lastrico ”colpevoli” per la Hymer di comportamenti sindacali giudicati troppo conflittuali), a fronte di un calo globale della produzione di HYMER AG : da 26000 a 19000 autoveicoli a inizio 2010, perdite dichiarate di 40 milioni di euro. L’azienda LAIKA dimostra sicuramente un grande dinamismo: vediamo per esempio i finanziamenti pubblici che questa azienda sta rastrellando (750.000 euro solo di fondi strutturali per l’innovazione di prodotto), ma vediamo anche il rischio che HYMER cerchi di far pagare ai contribuenti italiani e ai lavoratori i costi di una ristrutturazione che viene dopo anni di utili e dividendi ripartiti fra gli azionisti. In tale contesto, l’operazione immobiliare a Ponterotto non ci sembra certo una partita dettata dall’urgenza di por fine a dieci anni di inutili attese per passare a una nuova stagione produttiva (il trasferimento dei reperti archeologici comporterà comunque altri due anni di lavori!), tantomeno ci pare corretto paragonarla con la costruzione della diga di Assuan come ha fatto la presidente di Confindustria toscana (dimenticando che quella era, per quanto controversa, una OPERA PUBBLICA) ; siamo piuttosto di fronte ad una scelta legata all’investimento sul MATTONE, alla RENDITA IMMOBILIARE, come, secondo i dati CGCIA di Mestre sull’uso dei finanziamenti all’impresa, continuano a fare aziende medie e grandi a scapito della innovazione e della produzione materiale.

Infine, non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l’intervento con cospicue risorse del Comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente INTERESSE PUBBLICO: invitiamo su questo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell’impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell’ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di BENI COMUNI fondamento di una economia equa e SOSTENIBILE che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli.


LEGAMBIENTE circolo Il Passignano
WWF Firenze
Rete dei Comitati per la difesa del territorio
ITALIA NOSTRA Firenze

Consiglio comunale: si invita tutti a partecipare!

OGGI, giovedì 29 settembre 2011 a partire dalle h17 si terrà la seduta del consiglio comunale.
Tra i punti all'ordine del giorno anche la questione dei reperti archeologici rinvenuti nell'area del cantiere Laika al Ponterotto.

INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE!

L'inizio del CC è alle 17, ma non è possibile dare un orario preciso per la discussione del punto in oggetto.


RIMOZIONE DEI REPERTI ARCHEOLOGICI A SAN CASCIANO: SOSPENDIAMO E PROVIAMO A RIPENSARCI.
Il nostro gruppo consiliare presenta al prossimo consiglio comunale un ordine del giorno sui reperti rinvenuti nell'area del cantiere Laika.

La valle della Pesa, a Ponterotto, ha custodito come in uno scrigno, un tesoro di 2000 anni, un frammento di storia del nostro territorio e della nostra gente: i reperti archeologici emersi durante gli scavi per il cantiere Laika rappresentano un patrimonio importante che abbiamo il dovere di tutelare oggi perché anche domani questa testimonianza possa continuare ad essere patrimonio di tutta la comunità.
L'amministrazione di San Casciano invece di rendere possibile la tutela massima dei ritrovamenti, obbligando il privato ad adeguare il proprio intervento al mantenimento dei reperti in situ, ha accettato la proposta della multinazionale Hymer di rimuovere l'intero complesso edificato e riposizionarlo in un'area al di fuori del perimetro interessato dai lavori edili, definendo questa scelta una “valorizzazione” dei reperti. Addirittura investe soldi pubblici e proprie risorse (in un momento di grave crisi e di contrazione dei servizi) per coprire il costo ingente di ricostruzione della falsa area archeologica. Tutto ciò negando trasparenza e informazione, durante un iter autorizzativo durato più di un anno.
In realtà smantellare muri, ciottoli e fondamenta del fabbricato etrusco e della villa romana e andarli a ricomporre altrove creando un'area archeologica fasulla snaturerà completamente il valore dei ritrovamenti, si perderà per sempre l'autenticità della testimonianza storica.
Non a caso succede tutto questo. Ancora una volta si dimostra quanto fosse sbagliato il percorso iniziato dall'Amministrazione di San Casciano oltre dieci anni fa, finalizzato a localizzare il nuovo stabilimento Laika a Ponterotto, Allora il risultato fu un'operazione di rendita immobiliare che ha garantito soltanto la multinazionale Hymer, ma che niente ha avuto e ha a che fare con l'interesse della collettività e del territorio, tanto meno sono stati tutelati i lavoratori. Oggi assistiamo all'ennesima forzatura e si arriva addirittura a prevedere lo smantellamento di un'area archeologica pur di garantire l'intervento privato. Sarebbe una scelta ancora una volta perdente: cancelleremmo una traccia significativa del passato, un bene comune assoluto rappresentativo del patrimonio culturale e paesaggistico e nello stesso tempo un altro bene comune, la dignità del lavoro e dei diritti non avrà nessuna garanzia; la Hymer da anni perde occupazione e produzione e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi. Rimane la grave responsabilità di chi, non attuando una pianificazione corretta del territorio. ha messo ancora una volta in contrapposizione ieri l'ambiente oggi il patrimonio archeologico con i diritti del lavoro.
Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenta un ordine del giorno al prossimo consiglio comunale del 29 settembre per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto con la quale l'Amministrazione di San Casciano ha deciso lo smontaggio dei reperti. Crediamo sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto sia in consiglio comunale, sia nelle commissioni consiliari e favorire un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per individuare scelte alternative che salvaguardino la nostra storia.

Settembre 2011, Gruppo Consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista

Consiglio comunale: si invita tutti a partecipare

OGGI, giovedì 29 settembre 2011 a partire dalle h17 si terrà la seduta del consiglio comunale.
Tra i punti all'ordine del giorno anche la questione dei reperti archeologici rinvenuti nell'area del cantiere Laika al Ponterotto.

INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE!

L'inizio del CC è alle 17, ma non è possibile dare un orario preciso per la discussione del punto in oggetto.


RIMOZIONE DEI REPERTI ARCHEOLOGICI A SAN CASCIANO: SOSPENDIAMO E PROVIAMO A RIPENSARCI.
Il nostro gruppo consiliare presenta al prossimo consiglio comunale un ordine del giorno sui reperti rinvenuti nell'area del cantiere Laika.

La valle della Pesa, a Ponterotto, ha custodito come in uno scrigno, un tesoro di 2000 anni, un frammento di storia del nostro territorio e della nostra gente: i reperti archeologici emersi durante gli scavi per il cantiere Laika rappresentano un patrimonio importante che abbiamo il dovere di tutelare oggi perché anche domani questa testimonianza possa continuare ad essere patrimonio di tutta la comunità.
L'amministrazione di San Casciano invece di rendere possibile la tutela massima dei ritrovamenti, obbligando il privato ad adeguare il proprio intervento al mantenimento dei reperti in situ, ha accettato la proposta della multinazionale Hymer di rimuovere l'intero complesso edificato e riposizionarlo in un'area al di fuori del perimetro interessato dai lavori edili, definendo questa scelta una “valorizzazione” dei reperti. Addirittura investe soldi pubblici e proprie risorse (in un momento di grave crisi e di contrazione dei servizi) per coprire il costo ingente di ricostruzione della falsa area archeologica. Tutto ciò negando trasparenza e informazione, durante un iter autorizzativo durato più di un anno.
In realtà smantellare muri, ciottoli e fondamenta del fabbricato etrusco e della villa romana e andarli a ricomporre altrove creando un'area archeologica fasulla snaturerà completamente il valore dei ritrovamenti, si perderà per sempre l'autenticità della testimonianza storica.
Non a caso succede tutto questo. Ancora una volta si dimostra quanto fosse sbagliato il percorso iniziato dall'Amministrazione di San Casciano oltre dieci anni fa, finalizzato a localizzare il nuovo stabilimento Laika a Ponterotto, Allora il risultato fu un'operazione di rendita immobiliare che ha garantito soltanto la multinazionale Hymer, ma che niente ha avuto e ha a che fare con l'interesse della collettività e del territorio, tanto meno sono stati tutelati i lavoratori. Oggi assistiamo all'ennesima forzatura e si arriva addirittura a prevedere lo smantellamento di un'area archeologica pur di garantire l'intervento privato. Sarebbe una scelta ancora una volta perdente: cancelleremmo una traccia significativa del passato, un bene comune assoluto rappresentativo del patrimonio culturale e paesaggistico e nello stesso tempo un altro bene comune, la dignità del lavoro e dei diritti non avrà nessuna garanzia; la Hymer da anni perde occupazione e produzione e non serve un gigantesco capannone, il triplo degli spazi attuali, a chi preventiva di non ritornare ai livelli produttivi ante-crisi. Rimane la grave responsabilità di chi, non attuando una pianificazione corretta del territorio. ha messo ancora una volta in contrapposizione ieri l'ambiente oggi il patrimonio archeologico con i diritti del lavoro.
Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenta un ordine del giorno al prossimo consiglio comunale del 29 settembre per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto con la quale l'Amministrazione di San Casciano ha deciso lo smontaggio dei reperti. Crediamo sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto sia in consiglio comunale, sia nelle commissioni consiliari e favorire un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per individuare scelte alternative che salvaguardino la nostra storia.

Settembre 2011, Gruppo Consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista

Gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano/Rifondazione Comunisti Italiani

Vicenda Laika - Laboratorio chiede la revoca della delibera dello smontaggio dei reperti


Il Nuovo Corriere di Firenze, 28 settembre 2011

Opposizioni al contrattacco sulla vicenda Laika. Nel corso della seduta del Consiglio, che si svolgerà domani, il gruppo Laboratorio per un'altra San Casciano/PRC, presenterà infatti un ordine del giorno per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto, quella con la quale l'amministrazione comunale di SanCasciano ha deciso lo "smontaggio" dei reperti del cantiere Laika in località Ponterotto...

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Vicenda Laika - Laboratorio chiede la revoca della delibera dello smontaggio dei reperti


Il Nuovo Corriere di Firenze, 28 settembre 2011

Opposizioni al contrattacco sulla vicenda Laika. Nel corso della seduta del Consiglio, che si svolgerà domani, il gruppo Laboratorio per un'altra San Casciano/PRC, presenterà infatti un ordine del giorno per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto, quella con la quale l'amministrazione comunale di SanCasciano ha deciso lo "smontaggio" dei reperti del cantiere Laika in località Ponterotto...

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Vicenda Laika - Laboratorio chiede la revoca della delibera dello smontaggio dei reperti


Il Nuovo Corriere di Firenze, 28 settembre 2011

Opposizioni al contrattacco sulla vicenda Laika. Nel corso della seduta del Consiglio, che si svolgerà domani, il gruppo Laboratorio per un'altra San Casciano/PRC, presenterà infatti un ordine del giorno per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto, quella con la quale l'amministrazione comunale di SanCasciano ha deciso lo "smontaggio" dei reperti del cantiere Laika in località Ponterotto...

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mercoledì 28 settembre 2011

CHI VUOL SVENDERE I MONUMENTI


Salvatore Settis con Giorgio Napolitano


Di Salvatore Settis, La Repubblica, 28 settembre 2011

Saldi di fine stagione per paesaggio e patrimonio artistico. Nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino.

Nel grande (e irrealizzato) progetto che si incarnò nella Costituzione del 1948, l´idea di un´Italia giusta, libera e democratica s´impernia sulla condivisione di beni comuni, intesi come proprietà di tutti i cittadini e garanzia di attuabilità del disegno costituzionale. Tali sono prima di tutto i beni del Demanio, elemento costitutivo di uno Stato sovrano; tali sono i beni pubblici indirizzati a scopo di utilità sociale (per esempio per scuole, ospedali, musei); tale è l´ambiente e il paesaggio, scenario della nostra vita individuale e sociale e strumento di salute fisica e mentale (o di patologie); tale è il patrimonio artistico come memoria storica.

Di qui l´articolo 9 della Costituzione, secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», e deve farlo in modo identico dalle Alpi alla Sicilia. Essenziale alla legalità repubblicana, questo principio si lega ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2), al «pieno sviluppo della personalità umana» (art. 3), alla tutela della salute «come fondamentale diritto dell´individuo e interesse della collettività» (art. 32). Il bene comune non comprime, ma limita i diritti di privati e imprese: alla proprietà privata deve essere «assicurata la funzione sociale» (art. 42), la libertà d´impresa «non può svolgersi in contrasto con l´utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41). Contro questa architettura di valori è in atto un feroce attacco. Smontando l´art. 41 si vuole una libertà d´impresa senza limiti: e dunque anche in contrasto con l´utilità sociale, anche se calpesta sicurezza, libertà, dignità umana. L´indegna farsa del "federalismo demaniale" già devasta l´orizzonte dei beni comuni.

Un esempio, Agrigento. Atto I: il 4 agosto la Regione Sicilia annuncia che lo Stato ha ceduto alla Regione la Valle dei Templi, che diviene «patrimonio dei siciliani». Atto II: il 31 agosto il sindaco mette all´asta la Valle dei Templi, con l´idea di «cederla ai privati, affittarla a grandi multinazionali, a griffe internazionali». Ma di chi erano i templi di Agrigento prima della "legittima restituzione ai siciliani"? Erano di tutti gli italiani, dai siciliani ai veneti; come le Dolomiti (ufficialmente valutate 866.294 euro) erano proprietà dei veneti, ma anche dei siciliani. Lo spezzatino dei beni pubblici, ridistribuiti su base regionale o comunale per favorire il secessionismo leghista, svuota il portafoglio proprietario degli italiani, ci rende tutti più poveri.

Massimo simbolo della cultura italiana della tutela è l´ordine del Real Patrimonio di Sicilia del 21 agosto 1745, che simultaneamente impose la conservazione delle antichità di Taormina e dei boschi del Carpinetto ai piedi dell´Etna: prima norma al mondo in cui la tutela del paesaggio e quella del patrimonio artistico sono tutt´uno, secondo una linea che giungerà fino alla Costituzione. Eppure la Regione «intende privatizzare, per far cassa, il patrimonio boschivo e forestale siciliano» (La Sicilia, 23 agosto). In questa generale devastazione, il depotenziamento delle Soprintendenze mediante il blocco delle assunzioni e il taglio dei fondi (ne ha scritto su queste pagine, l´8 settembre, Francesco Erbani) colpisce la tutela alla radice.

Ma che cosa c´è da aspettarsi da un Ministero che ormai espressamente invita non a proteggere il paesaggio, ma a genuflettersi davanti alle imprese? Lo dice chiaro e tondo un documento del 13 ottobre 2010, che in materia di autorizzazione paesaggistica invita sfacciatamente i soprintendenti a «pervenire ad espressioni di pareri la cui formulazione si configura come una prescrizione di buone maniere», evitando come la peste «pareri che siano in contrapposizione alle proposte progettuali».

Esempio estremo di questa deriva (auto)distruttiva è, nella Toscana un tempo "rossa", la vicenda di uno scavo archeologico a San Casciano in Val di Pesa. Importanti resti di edifici ad uso abitativo e agrario di età etrusca e romana, ancora inediti, sono emersi durante i lavori per l´estensione di uno stabilimento della multinazionale Laika Caravans. Fino a pochi anni fa una scoperta come questa avrebbe comportato la salvaguardia dei reperti in situ, e obbligato la ditta a spostare altrove i suoi capannoni. Ma il Comune (governato da una giunta di "sinistra") ha adottato la cultura delle "buone maniere", cioè della resa alle imprese, e ha stretto con Laika un accordo per sfrattare l´archeologia in favore dei capannoni, smontando fattoria etrusca e villa romana per spostarle in un "parco archeologico" fasullo che i comitati locali hanno subito battezzato "archeopatacca".

Il modello è chiaro:
si applica all´area archeologica lo scambio di volumetrie già previsto da perfidi codicilli del recente decreto sviluppo, il principio di «libera cubatura in libero Stato», secondo il quale ogni terreno, anche inedificabile, è per sua natura dotato di una "capacità edificatoria" virtuale che può formare oggetto di diritti, essere venduta o scambiata con nuove edificazioni. Così, ha commentato Il Sole (24 agosto), «in nome della giustizia economica, sui terreni agricoli piomberanno d´incanto milioni di euro di nuove cubature». Anche sui terreni archeologici, a quel che pare: basta rimontare i ruderi altrove, come assemblando mattoncini Lego.

Alla cultura della tutela si sostituisce il più volgare mercatismo parassitario, e sfrattare gli Etruschi diventa una virtù. Interessante principio: che anche i Templi di Agrigento, finalmente "restituiti ai siciliani" a cui gli italiani li avevano rubati, possano essere smontati e trasferiti da una multinazionale, regalando ai "legittimi proprietari" qualche scampolo di "capacità edificatoria"?


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CHI VUOL SVENDERE I MONUMENTI


Salvatore Settis con Giorgio Napolitano


Di Salvatore Settis, La Repubblica, 28 settembre 2011

Saldi di fine stagione per paesaggio e patrimonio artistico. Nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino.

Nel grande (e irrealizzato) progetto che si incarnò nella Costituzione del 1948, l´idea di un´Italia giusta, libera e democratica s´impernia sulla condivisione di beni comuni, intesi come proprietà di tutti i cittadini e garanzia di attuabilità del disegno costituzionale. Tali sono prima di tutto i beni del Demanio, elemento costitutivo di uno Stato sovrano; tali sono i beni pubblici indirizzati a scopo di utilità sociale (per esempio per scuole, ospedali, musei); tale è l´ambiente e il paesaggio, scenario della nostra vita individuale e sociale e strumento di salute fisica e mentale (o di patologie); tale è il patrimonio artistico come memoria storica.

Di qui l´articolo 9 della Costituzione, secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», e deve farlo in modo identico dalle Alpi alla Sicilia. Essenziale alla legalità repubblicana, questo principio si lega ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2), al «pieno sviluppo della personalità umana» (art. 3), alla tutela della salute «come fondamentale diritto dell´individuo e interesse della collettività» (art. 32). Il bene comune non comprime, ma limita i diritti di privati e imprese: alla proprietà privata deve essere «assicurata la funzione sociale» (art. 42), la libertà d´impresa «non può svolgersi in contrasto con l´utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41). Contro questa architettura di valori è in atto un feroce attacco. Smontando l´art. 41 si vuole una libertà d´impresa senza limiti: e dunque anche in contrasto con l´utilità sociale, anche se calpesta sicurezza, libertà, dignità umana. L´indegna farsa del "federalismo demaniale" già devasta l´orizzonte dei beni comuni.

Un esempio, Agrigento. Atto I: il 4 agosto la Regione Sicilia annuncia che lo Stato ha ceduto alla Regione la Valle dei Templi, che diviene «patrimonio dei siciliani». Atto II: il 31 agosto il sindaco mette all´asta la Valle dei Templi, con l´idea di «cederla ai privati, affittarla a grandi multinazionali, a griffe internazionali». Ma di chi erano i templi di Agrigento prima della "legittima restituzione ai siciliani"? Erano di tutti gli italiani, dai siciliani ai veneti; come le Dolomiti (ufficialmente valutate 866.294 euro) erano proprietà dei veneti, ma anche dei siciliani. Lo spezzatino dei beni pubblici, ridistribuiti su base regionale o comunale per favorire il secessionismo leghista, svuota il portafoglio proprietario degli italiani, ci rende tutti più poveri.

Massimo simbolo della cultura italiana della tutela è l´ordine del Real Patrimonio di Sicilia del 21 agosto 1745, che simultaneamente impose la conservazione delle antichità di Taormina e dei boschi del Carpinetto ai piedi dell´Etna: prima norma al mondo in cui la tutela del paesaggio e quella del patrimonio artistico sono tutt´uno, secondo una linea che giungerà fino alla Costituzione. Eppure la Regione «intende privatizzare, per far cassa, il patrimonio boschivo e forestale siciliano» (La Sicilia, 23 agosto). In questa generale devastazione, il depotenziamento delle Soprintendenze mediante il blocco delle assunzioni e il taglio dei fondi (ne ha scritto su queste pagine, l´8 settembre, Francesco Erbani) colpisce la tutela alla radice.

Ma che cosa c´è da aspettarsi da un Ministero che ormai espressamente invita non a proteggere il paesaggio, ma a genuflettersi davanti alle imprese? Lo dice chiaro e tondo un documento del 13 ottobre 2010, che in materia di autorizzazione paesaggistica invita sfacciatamente i soprintendenti a «pervenire ad espressioni di pareri la cui formulazione si configura come una prescrizione di buone maniere», evitando come la peste «pareri che siano in contrapposizione alle proposte progettuali».

Esempio estremo di questa deriva (auto)distruttiva è, nella Toscana un tempo "rossa", la vicenda di uno scavo archeologico a San Casciano in Val di Pesa. Importanti resti di edifici ad uso abitativo e agrario di età etrusca e romana, ancora inediti, sono emersi durante i lavori per l´estensione di uno stabilimento della multinazionale Laika Caravans. Fino a pochi anni fa una scoperta come questa avrebbe comportato la salvaguardia dei reperti in situ, e obbligato la ditta a spostare altrove i suoi capannoni. Ma il Comune (governato da una giunta di "sinistra") ha adottato la cultura delle "buone maniere", cioè della resa alle imprese, e ha stretto con Laika un accordo per sfrattare l´archeologia in favore dei capannoni, smontando fattoria etrusca e villa romana per spostarle in un "parco archeologico" fasullo che i comitati locali hanno subito battezzato "archeopatacca".

Il modello è chiaro:
si applica all´area archeologica lo scambio di volumetrie già previsto da perfidi codicilli del recente decreto sviluppo, il principio di «libera cubatura in libero Stato», secondo il quale ogni terreno, anche inedificabile, è per sua natura dotato di una "capacità edificatoria" virtuale che può formare oggetto di diritti, essere venduta o scambiata con nuove edificazioni. Così, ha commentato Il Sole (24 agosto), «in nome della giustizia economica, sui terreni agricoli piomberanno d´incanto milioni di euro di nuove cubature». Anche sui terreni archeologici, a quel che pare: basta rimontare i ruderi altrove, come assemblando mattoncini Lego.

Alla cultura della tutela si sostituisce il più volgare mercatismo parassitario, e sfrattare gli Etruschi diventa una virtù. Interessante principio: che anche i Templi di Agrigento, finalmente "restituiti ai siciliani" a cui gli italiani li avevano rubati, possano essere smontati e trasferiti da una multinazionale, regalando ai "legittimi proprietari" qualche scampolo di "capacità edificatoria"?


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Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano