mercoledì 26 ottobre 2011

Regolamento Urbanistico: a San Casciano ancora cemento e nuovo consumo di suolo

Lo scorso 10 ottobre il Consiglio Comunale di San Casciano ha adottato il nuovo Regolamento Urbanistico, l'atto di governo del territorio che delinea gli interventi urbanistici per i prossimi cinque anni. La nostra lista ha espresso un netto voto contrario ed è stata l'unica voce di chiaro dissenso.
L'amministrazione presenta un piano definito sostenibile, ma la realtà è ben diversa: 22500 mq nei centri abitati e 8300 mq nel territorio aperto di nuova superficie residenziale (equivalenti a circa 1200 abitanti), oltre all’aumento delle superfici produttive, commerciali e turistiche. Un carico urbanistico rilevante che ci viene proposto senza che sia dimostrata la compatibilità degli interventi proposti con le attuali criticità, prima fra tutte la carenza idrica, per la quale si rinvia ad una serie di “misure di mitigazione”: ma tutti conosciamo le inadempienze di Publiacqua e non crediamo che interventi promessi da molti anni possano miracolosamente arrivare nel breve periodo. Né è stata fatta un'analisi relativa al mercato di domanda e offerta abitativa nel nostro comune.
Il consumo di suolo è notevole. Si dismettono diverse aree artigianali e si convertono in residenze , contemporaneamente si propongono nuovi insediamenti produttivi, localizzati ai confini dei perimetri urbani. Tutto senza che sia stato minimamente verificato lo stato di utilizzazione del patrimonio edilizio: non sappiamo quanti volumi (residenziali, commerciali o produttivi) sono al momento attuale inutilizzati. Si giustifica l'incremento abitativo e il consumo di suolo con la necessità di garantire una casa alle fasce deboli della società. In realtà la piccola quota prevista per gli appartamenti in convenzione non potrà risolvere le reali problematiche sociali che invece sarebbero meglio tutelate prevedendo e favorendo il riuso e la ristrutturazione di edifici in abbandono per realizzare abitazioni per giovani, immigrati, anziani.
Desta sconcerto il destino dell'asilo del Bargino, vero fiore all'occhiello della proposta formativa del nostro comune, del quale (invece di provvedere alla ristrutturazione) viene proposta la vendita per farne una villetta, con un generico impegno per la costruzione di una nuova scuola. Di certo possiamo dire che l'adeguamento alla normativa antisismica dell'asilo, necessaria anzi urgente, non si realizzerà.
E il territorio aperto? Scompare il Parco della Pesa inteso come progetto integrato; rimane solo una ristretta fascia a verde attrezzato. Per il corso della Greve non si prevede nessuna forma di salvaguardia. Per il rilancio di attività coerenti con il nuovo modello di sviluppo del quale la Toscana ha bisogno per uscire dalla crisi, come quelle agricole sostenibili, il piano non si pronuncia. E invece da qui vogliamo partire per rappresentare una gestione del nostro territorio economicamente e socialmente sostenibile.


San Casciano Val di Pesa, 21 ottobre 2011
LABORATORIO PER UN'ALTRA SAN CASCIANO-RIFONDAZIONE COMUNISTA

Le archeopatacche del Presidente della Gran Toscana Enrico Rossi

Per chi ha ancora qualche illusione su cosa ne faranno di Gonfienti, in particolare su quello che ne farà Enrico Rossi, si veda dello scempio fatto a San Casciano (a Firenze) con i soldi della Laika, ovvero spostare il sito archeologico, sì letteralmente spostare il sito archeologico da un'altra parte con il bene placito della Soprintendenza!, per dare questo santo benedetto lavoro a un tot numero di gente, dice lui, ma in realtà per intascare i soldi della balla-laika.
In una recente intervista il presidente ha detto che lui è per il paesaggio, e per questo lo tutela con i capannoni, che meglio delle villette oppure con qualche roba da turismo invasivo.
Leggete, e capite di che sinistra sostanza son fatti questi nostri am-minestratori.

Maila Ermini su Primavera di Prato

Vedi anche Maila Ermini mette nero su bianco la storia della battaglia di Gonfienti

martedì 25 ottobre 2011

Laika, firmato il protocollo di intesa

Questa la notizia, pubblicata nel sito Toscana notizie, agenzia della Giunta Regionale Toscana:

Laika, firmato il protocollo di intesa
FIRENZE – Firmato oggi il protocollo di intesa per la tutela e la valorizzazione delle strutture di epoca etrusca e romana rinvenute a Ponterotto, nel Comune di San Casciano, attraverso un progetto di ricollocazione, restauro dei reperti e allestimento dell’area archeologica. Hanno firmato il documento, con il presidente Enrico Rossi, Maddalena Ragni per il Ministero per i beni e le attività culturali, Maria Rosa Barbera della Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, il sindaco del Comune di San Casciano, Massimiliano Pescini, e l’AD della Laika Caravans spa, Jan Gerrit De Haas. Questi ultimi due soggetti si impegnano a farsi carico dei costi dell’intervento, che dovrà essere ultimato entro il 30 giugno 2013. Con questo atto viene data soluzione positiva al problema della tutela e della fruizione dei beni ritrovati, considerati una importante testimonianza del popolamento antico del territorio. La Laika potrà dal canto suo riprendere la realizzazione del nuovo stabilimento, assicurando lavoro a 249 persone (più le 800 dell’indotto).
Sul progetto, come ricorda la delibera adottata ieri della giunta regionale, si sono nel tempo pronunciati positivamente gli enti statali al massimo livello: la Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, il Comitato tecnico scientifico per i beni archeologici del Ministero per i beni e le attività culturali, la Direzione generale per le antichità dello stesso Ministero. La Regione dal canto suo esercita i compiti specifici che attengono alla valorizzazione dei beni storici e artistici presenti sul territorio.
Le opere rimosse verranno ricollocate in un’aerea già individuata, adiacente all’area naturalistico-sportiva “La botte”, in posizione limitrofa al percorso ciclabile che costeggia la Pesa, mantenendo ognuna il proprio orientamento in modo da riprodurne la disposizione rispetto all’esposizione al sole e alla direzione dei venti. Le strutture saranno circondate da una recinzione che ne permetta la visione dall’esterno.

La vicenda
Nel 2004 il Comune di S.Casciano ha approvato una variante del Piano regolatore che consentiva a Laika l’utilizzo di un terreno di sua proprietà ai fini della realizzazione del suo nuovo stabilimento. La nuova struttura nasce su terreni acquistati a prezzo industriale e vincolati a questo uso per 40 anni. Dopo la conclusione dell’iter autorizzativo, nel corso dei lavori, in diversi periodi del 2010, sono state rinvenute testimonianze archeologiche riferite ad epoche distinte, in particolare etrusca e romana. Fra gli altri, si sono identificati due siti di significativo interesse, ubicati lungo la pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: i resti di un edificio residenziale di età etrusco-ellenistica e della pars rustica di una villa romana di prima e media età imperiale (IV-III sec. a.C.). Il mantenimento in situ di tali testimonianze è risultato da subito incompatibile con le opere da realizzare e per questo motivo è stata richiesta subito l’autorizzazione alla rimozione. La Soprintendenza ha espresso parere favorevole in quanto è stato ritenuto che l’intervento di rimozione e di ricollocazione garantisse la conservazione dei beni rinvenuti permettendone la loro fruizione e valorizzazione. L’autorizzazione definitiva alla rimozione è arrivata dalla Direzione generale del ministero nel 2011.

.............

Le opere rimosse verranno ricollocate in un’aerea già individuata, adiacente all’area naturalistico-sportiva “La botte”...
ah, si è cambiata nuovamente la destinazione, solo "appena" un po' più in là



E questo il commento di Enrico Rossi intitolato

Laika, Rossi: “Una soluzione equilibrata, che salva il passato e il futuro”
“Mi sembra che ora ci siano tutte le condizioni per andare avanti. Conciliare la tutela dei beni culturali e paesaggistici con la necessità dello sviluppo è sempre più difficile, ma è la nostra scommessa. Sono convinto che, se venissero a mancare il mantenimento e lo sviluppo del nostro apparato produttivo, si aprirebbe il campo ad una minaccia assai maggiore nei confronti del paesaggio, dei beni culturali e delle caratteristiche distintive della nostra Regione. Una minaccia fatta di spinte speculative finalizzate alla rendita e di ipersfruttamento delle bellezze che abbiamo e che invece dobbiamo preservare per il futuro”.

Così si è espresso il presidente Enrico Rossi commentando oggi la firma del protocollo Laika. “La Regione – ha proseguito – non si occupa di tutela ma di valorizzazione dei beni culturali. In più ci siamo impegnati per dare certezza a una impresa e a tanti lavoratori. Ci sono state discussioni e alla fine una assunzione di responsabilità. Abbiamo gli occhi addosso – ha concluso il presidente Rossi – ma così la Toscana si sta facendo un buon nome a livello nazionale e internazionale”.

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Una soluzione equilibrata, che salva il passato e il futuro...
una soluzione che non salva il futuro e certamente non il passato
Una minaccia fatta di spinte speculative finalizzate alla rendita...
mi sono perso qualcosa?
La Regione non si occupa di tutela ma di valorizzazione dei beni culturali...
frase di significato oscuro
Abbiamo gli occhi addosso...
effettivamente...
così la Toscana si sta facendo un buon nome a livello nazionale e internazionale...
qui se la canta e se la suona.

La lettera al Presidente della Regione Toscana da parte dei Presidenti delle Consulte Archeologiche

La vicenda di San Casciano rappresenta l'ennesimo episodio di 'distruzione' del patrimonio archeologico e ambientale. Nello specifico, non è tanto l'importanza dei resti rinvenuti (di cui quasi nessuno conosce l'entità e la natura), ma proprio l'assenza di informazione e di partecipazione nelle scelte decisionali (fino alla risibile decisione di allocare altrove ciò che rimaneva delle strutture murarie scoperte) che rendono discutibile ed emblematica la vicenda.

La presa di posizione pubblica da parte delle due Consulte Archeologiche (la Consulta Universitaria per l'archeologia del mondo classico nella persona della Presidente Prof. Angela Pontrandolfo e la Consulta Universitaria per l’Archeologia Post-Classica nella persona del Presidente Prof. Sauro Gelichi) nella lettera inviata al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e alla Direttrice per i beni culturali e paesaggistici della Toscana Maddalena Ragni.



Al Presidente della Regione Toscana Dott. Enrico Rossi Regione Toscana
Alla Direttrice per i beni culturali e paesaggistici della Toscana Dott.ssa Maddalena Ragni


Gentile Presidente, Gentile Direttrice
la Consulta universitaria per l'archeologia del mondo classico e quella per l’Archeologia Post-classica esprimono condivisione e pieno sostegno alla lettera inviata dal collega Giuliano Volpe, sulla questione dei rinvenimenti archeologici avvenuti nel Comune di San Casciano val di Pesa (FI), in occasione della costruzione di un nuovo stabilimento da 300mila metri cubi da parte di Laika. Pur non volendo entrare nel merito del ‘valore’ del contesto archeologico che si intende rimuovere e trasportare altrove, anche perchè privi di sufficienti informazioni scientifiche, ci sentiamo tuttavia di dover rilevare la scarsa trasparenza che ha contraddistinto l’iter di tutta questa vicenda, fin dalla mancata diagnostica preventiva. Anche noi ci auguriamo che la Regione Toscana, che è stata protagonista di avanzate politiche di tutela e valorizzazione del proprio patrimonio archeologico e paesaggistico, sappia trovare le soluzioni più idonee per offrire una soluzione adeguata all’intera vicenda.
Con i migliori saluti

Prof. Angela Pontrandolfo Presidente della Consulta Universitaria per per l'archeologia del mondo classico

Prof. Sauro Gelichi Presidente della Consulta Universitaria per l’Archeologia Post-Classica

lunedì 24 ottobre 2011

San Casciano "Ancora cemento e nuovo consumo di suolo". Carlesi contro il regolamento urbanistico

Il Nuovo Corriere di Firenze, 23 ottobre 2011

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Si può fare



Da domani possiamo nuovamente immaginare che non esistano zone rosse inviolabili, possiamo pensare che la forza di migliaia di persone armate soltanto delle proprie ragioni sia in grado di tagliare qualsiasi rete: oggi in val si Susa sono stati aperti, come promesso, nuovi spiragli di democrazia.


La giornata nel boschi tra Giaglione e Chiomonte può essere raccontata da diversi punti di vista: c'è chi si compiace del fatto che non siano state realmente tagliate le reti e chi ha invaso una zona rossa dimostrando che quelle reti sono vulnerabili e inutili. C'è chi ha sperato in scontri da mostrare in tv ed è rimasto deluso e chi ha promesso che non vi sarebbero stati scontri e ha mantenuto la promessa. C'è chi ha speso almeno mezzo milione di euro in un solo giorno per schierare un esercito e chi ha dimostrato che sono stati soldi buttati al vento (resta il problema che chi li ha spesi non li ha certo messi di tasca sua). C'è chi vuol fare un tunnel e non sa più dove sbattere la testa perché ogni giorno perde consensi e chi il tunnel non lo vuole e ogni giorno guadagna consensi, c'è chi da domani dovrà inventarsi qualcosa di nuovo per non perdere almeno la faccia e chi è tornato a casa questa sera con la faccia pulita e sa che da domani la strada è meno in salita.

Questione di punti di vista si direbbe: se non fosse che occorre proprio essere ciechi per non vedere cosa è successo oggi in Val di Susa.


Non è successo niente.

Niente di ciò che avevano sperato: hanno lavorato settimane nel dipingere ancora una volta il movimento no tav come un covo di black bloc e sono rimasti a mani vuote. Nell'ultima settimana poi ce l'avevano messa tutta, e Roma era venuta loro incontro.

Nelle ultime ore avevano forse capito che era tutto inutile e si sono resi ridicoli: pur di fermare chi veniva a manifestaree multavano le auto sprovviste di catene da neve a bordo e le rimandavano indietro; questa mattina non si contavano i posti di blocco nelle strade e in autostrada, le perquisizioni alla ricerca di qualcuno da portare in caserma per porto abusivo di forbici o tenaglie. Niente da fare: chi aveva fatto tardi ed era rimasto imbottigliato arrivava a piedi.



Quanti? Diecimila? Quindicimila? Più o meno, ma poco importa. Ciò che conta è che migliaia di persone a mani nude e a volto scoperto sono arrivate a Giaglione decise a commettere un'azione di disobbedienza civile, a infrangere un divieto che aveva allargato la zona rossa del non cantiere di Chiomonte. Migliaia di persone disposte a metterci la faccia, decise a non rispettare l'ordinanza del prefetto e a farlo alla luce del sole, orgogliose di mostrarsi alle telecamere (comprese quelle della digos) con le loro brave tronchesine bene in vista. Migliaia di persone in marcia verso le reti del cantiere che non c'è.



A metà strada hanno trovato una prima rete: le donne della Val di Susa, sempre in prima fila, non ci hanno pensato un attimo e la rete è andata in pezzi. Perché avevano messo nella notte quella rete che ieri non c'era? Per metterci alla prova? Pensavano forse che avevamo in mente un'azione simbolica, una rete tagliata da mostrare alle telecamere e poi saremmo tornati indietro? Un contentino? Non siamo mica scemi. Avanti.

Poco più avanti un altro sbarramento, questa volta difeso da decine di uomini in divisa: un blocco difficile da superare. E a quel punto inizia il bello: centinaia, migliaia di persone che si inerpicano nel ripido bosco alla ricerca di un sentiero, altri che scendono a valle per aggirare il blocco. Nei boschi, mentre l'elicottero dall'alto consuma inutilmente fiumi di carburante, incontri uomini in divisa che fanno quasi tenerezza al vederli impotenti di fronte alla marea che dilaga e neanche ci provano a cacciarti da dove sei arrivato.



Succede così che dopo un bel po' di passeggiata, sempre a chiamarsi l'un l'altro, ad aspettarsi per non lasciare nessuno indietro in balia dei Cacciatori "Sardegna", l'unità speciale del Carabinieri specializzata nel contrastare i sequestri di persona (!), si arriva al ponte sul torrente a pochi metri dalla baita-presidio costruita nei mesi precedenti l'occupazione militare.

Una scena surreale: sul ponte decine di poliziotti con tutto l'armamentario del caso ad impedire il passaggio, poche decine di metri a monte e a valle centinaia di persone che attraversano il torrente e si dirigono alla baita senza degnarli neppure di uno sberleffo.

La baita-presidio dista poche decine di metri dalle recinzioni, questa volta quelle vere. Tolti il centinaio di uomini in divisa aggirati lungo la strada ne restano milleseicento a difendere quelle povere reti inutili.



"Il cantiere è all'interno di un'ampia zona rossa invalicabile, nessuno potrà avvicinarsi a meno di due chilometri" avevano detto. Eravamo a poche decine di metri del (non) cantiere, in migliaia avevamo dimostrato che non c'è zona rossa che tenga: aveva senso andare oltre? Il nostro obiettivo non era certo espugnare un fortino e fare milleseicento prigionieri.

Forse ci avevano lasciato passare, non avevano usato lacrimogeni e idranti e non si erano innervositi. Forse. Ma forse per chi dava gli ordini ogni altra scelta sarebbe stata sconveniente. Abbiamo deciso di tornare indietro, non c'era più niente da dimostrare.


Questa è la cronaca di una giornata che ha visto nuovamente la Val di Susa protagonista, da oggi il movimento notav è più forte.

Domani è un altro giorno, la resistenza al TAV percorrerà altri sentieri, si muoverà a trecentosessanta gradi sapendo che le reti non sono certo l'unico ostacolo che ha di fronte. Ma i no tav sono anche pronti a tornare presto sugli stessi sentieri in cui migliaia di persone a mani nude e a volto scoperto hanno saputo dimostrare che le zone rosse non sono inviolabili.



Comitato NO-TAV Torino

23 ottobre 2011

Salvatore Settis: i reperti etruschi vengono prima dello stabilimento. Lo dice la Costituzione

Laika, quel trasloco è fuorilegge
L'ex direttore della Normale: la scelta presa non rispetta nessuna normativa e mi chiedo perché tanti misteri sui manufatti
Settis: i reperti etruschi vengono prima dello stabilimento. Lo dice la Costituzione

Intervista di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, domenica 23 ottobre 2011

A San Casciano dove Laika sta costruendo il nuovo stabilimento da 300 mila metri cubi sono stati scoperti i reperti di due edifici, uno etrusco, l'altro romano. Il Comune e l'azienda hanno deciso di smontare i reperti e di rimontarli su una collinetta artificiale. È una archeopatacca, attaccano le associazioni ambientaliste, che già avevano contestato la localizzazione della fabbrica. È tutto in regola ed è la soluzione sottoscrivono il governatore Enrico Rossi e la Soprintendenza per i Beni Archeologici. Pd, industriali e sindacati accusano "l'ambientalismo in cashemire che vuole frenare lo sviluppo". L'operazione "trasloco reperti" però - che divide pure la maggioranza che governa la Regione, Pd e Idv - secondo il professor Salvatore Settis (storico dell'arte, archeologo, ex direttore della Normale di Pisa) è viziata all'origine perché illegale, incostituzionale.

Professore ci spieghi.
Non stiamo parlando di un problema di gusti, ma di un problema di legalità. Quando avviene un rinvenimento archeologico casuale come questo, le alternative previste dalla legge sono solo due: o i reperti sono poco importanti, ne viene fatto un rilievo e si possono distruggere (succede ogni giorno, e nessuno protesta); oppure i reperti sono importanti, e vanno conservati in situ. La terza alternativa (come nel caso di San Casciano, ndr), "tanto importanti da non potere essere distrutti" e simultaneamente "tanto poco importanti da non dover essere conservati in situ" semplicemente non esiste nella normativa vigente, dalla legge 364/1909 al Codice dei Beni Culturali.

E allora in quali casi l'archeologia può bloccare un piano di sviluppo industriale?
Per giustificare l'idea assai bizzarra di rimuovere i reperti, creando un'area archeologica fittizia (ha avuto mano felice chi l'ha definita "archeopatacca") è stato invocato l'articolo 21 del codice dei Beni Culturali, che prevede la possibilità di rimuovere o persino di abbattere beni culturali, ma solo per cause di stretta necessità (ad esempio per ragioni di pubblica incolumità), per cui si può anche demolire in tutto o in parte un edificio storico (è il caso della Torre civica di Ravenna). Questa interpretazione della legge è confermata da tutta la giurisprudenza a me nota.

A San Casciano il conflitto è tra l'interesse economico dell'azienda, l'occupazione e la tutela di un bene culturale.
Per la Corte Costituzionale, esiste una gerarchia costituzionale dei valori, secondo cui la tutela del paesaggio e beni culturali (articolo 9 della Costituzione) non può essere "subordinata al altri valori, ivi compresi quelli economici", anzi dev'essere "capace di influire profondamente sull'ordine economico-sociale" (sentenza 151 del 1986, da allora spesso ribadita dalla Consulta). Quindi la tutela in situ dei reperti archeologici è gerarchicamente superiore (secondo la Costituzione) a qualsiasi capannone.

Ma il "trasloco" dei reperti è stato autorizzato dalla Soprintendenza.

Se nel caso in specie i reperti sono poca cosa, e perciò da distruggere, vuol dire che l'idea di delocalizzarli creando un falso storico è stato un errore, anche della Soprintendenza. Ma in ogni caso mi chiedo perché non sia stata mai data puntuale documentazione dei reperti pubblicando foto e piante? Perché tanti misteri, se tutto è in regola? Perché prendere decisioni irreversibili prima che sia stata diffusa una corretta e trasparente informazione? Perché non si prende in considerazione la proposta di Andrea Carandini, di lasciare i reperti in situ costruendo il capannone al di sopra, ma in modo che i resti rimangano visibili, evitando almeno la grossolanità di un falso storico?

Lei ha sempre sostenuto le Soprintendenze. Ma hanno la forza per resistere a pressioni di qualsiasi tipo?
L'intera struttura della tutela è enormemente indebolita dalla mancanza di risorse umane e finanziarie, e perciò più esposta a pressioni terze.

L'assessore regionale all'urbanistica Anna Marson ha sollevato più di una perplessità sul progetto, specie sull'iter urbanistico seguito dal Comune con l'azienda. Lei come giudica l'attuale ruolo dei Comuni nella gestione del territorio?

Penso che la Toscana abbia commesso un grandissimo errore storico e politico nel subdelegare ai Comuni competenze che essa dovrebbe esercitare in prima persona, anche nello spirito dell'ultima versione del Codice, quella datata 2008 che fu varata dal governo Prodi. Una revisione della legge 1 (la legge regionale sul governo del territorio, ndr) sarebbe necessaria.

Il nuovo corso dell'urbanistica in Toscana dovrebbe seguire il principio del recupero. Questo è stato uno dei primi annunci da governatore di Rossi. Ci sarà davvero discontinuità con il passato?
Il principio del recupero di architetture dismesse, in presenza dell'enorme quantità di appartamenti invenduti (100.000 solo a Roma) è una delle strade. Ma il faro deve essere sempre e solo la Costituzione e la legalità.

Cittadini e associazioni che vorrebbero partecipare e incidere davvero sulle scelte che coinvolgono il loro territorio vengono spesso accusati di voler difendere il proprio orticello. Pubblico e privato a loro volta vengono accusati di socializzare le perdite e privatizzare i profitti. Non toccherebbe alla politica trovare una sintesi?
La voglia dei cittadini di partecipare al processo decisionale è in grande crescita: ci sono non meno di 15.000 associazioni in Italia che si preoccupano di paesaggio e ambiente, reagendo civilmente alle sordità, inerzie e complicità della politica. L'accusa "difendete il vostro orticello" è stupida: anche l'industriale che difende il proprio capannone andrebbe messo a tacere solo per questo? Facendo mente locale sulle situazioni a loro meglio note, i cittadini possono elaborare una coscienza più alta: se le associazioni sapranno coordinarsi, costringeranno anche i politici più ciechi ad ascoltarli. È accaduto coi referendum sull'acqua come bene comune, o con quello sulle elezioni: vittorie di cittadini, non dei partiti. Sta accadendo anche con il paesaggio, chi non se ne vuole accorgere imparerà a proprie spese.

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Salvatore Settis: Laika, quel trasloco è fuorilegge

Laika, quel trasloco è fuorilegge
L'ex direttore della Normale: la scelta presa non rispetta nessuna normativa e mi chiedo perché tanti misteri sui manufatti
Settis: i reperti etruschi vengono prima dello stabilimento. Lo dice la Costituzione


Intervista di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, domenica 23 ottobre 2011

A San Casciano dove Laika sta costruendo il nuovo stabilimento da 300 mila metri cubi sono stati scoperti i reperti di due edifici, uno etrusco, l'altro romano. Il Comune e l'azienda hanno deciso di smontare i reperti e di rimontarli su una collinetta artificiale. È una archeopatacca, attaccano le associazioni ambientaliste, che già avevano contestato la localizzazione della fabbrica. È tutto in regola ed è la soluzione sottoscrivono il governatore Enrico Rossi e la Soprintendenza per i Beni Archeologici. Pd, industriali e sindacati accusano "l'ambientalismo in cashemire che vuole frenare lo sviluppo". L'operazione "trasloco reperti" però - che divide pure la maggioranza che governa la Regione, Pd e Idv - secondo il professor Salvatore Settis (storico dell'arte, archeologo, ex direttore della Normale di Pisa) è viziata all'origine perché illegale, incostituzionale.

Professore ci spieghi.
Non stiamo parlando di un problema di gusti, ma di un problema di legalità. Quando avviene un rinvenimento archeologico casuale come questo, le alternative previste dalla legge sono solo due: o i reperti sono poco importanti, ne viene fatto un rilievo e si possono distruggere (succede ogni giorno, e nessuno protesta); oppure i reperti sono importanti, e vanno conservati in situ. La terza alternativa (come nel caso di San Casciano, ndr), "tanto importanti da non potere essere distrutti" e simultaneamente "tanto poco importanti da non dover essere conservati in situ" semplicemente non esiste nella normativa vigente, dalla legge 364/1909 al Codice dei Beni Culturali.

E allora in quali casi l'archeologia può bloccare un piano di sviluppo industriale?
Per giustificare l'idea assai bizzarra di rimuovere i reperti, creando un'area archeologica fittizia (ha avuto mano felice chi l'ha definita "archeopatacca") è stato invocato l'articolo 21 del codice dei Beni Culturali, che prevede la possibilità di rimuovere o persino di abbattere beni culturali, ma solo per cause di stretta necessità (ad esempio per ragioni di pubblica incolumità), per cui si può anche demolire in tutto o in parte un edificio storico (è il caso della Torre civica di Ravenna). Questa interpretazione della legge è confermata da tutta la giurisprudenza a me nota.

A San Casciano il conflitto è tra l'interesse economico dell'azienda, l'occupazione e la tutela di un bene culturale.
Per la Corte Costituzionale, esiste una gerarchia costituzionale dei valori, secondo cui la tutela del paesaggio e beni culturali (articolo 9 della Costituzione) non può essere "subordinata al altri valori, ivi compresi quelli economici", anzi dev'essere "capace di influire profondamente sull'ordine economico-sociale" (sentenza 151 del 1986, da allora spesso ribadita dalla Consulta). Quindi la tutela in situ dei reperti archeologici è gerarchicamente superiore (secondo la Costituzione) a qualsiasi capannone.

Ma il "trasloco" dei reperti è stato autorizzato dalla Soprintendenza.

Se nel caso in specie i reperti sono poca cosa, e perciò da distruggere, vuol dire che l'idea di delocalizzarli creando un falso storico è stato un errore, anche della Soprintendenza. Ma in ogni caso mi chiedo perché non sia stata mai data puntuale documentazione dei reperti pubblicando foto e piante? Perché tanti misteri, se tutto è in regola? Perché prendere decisioni irreversibili prima che sia stata diffusa una corretta e trasparente informazione? Perché non si prende in considerazione la proposta di Andrea Carandini, di lasciare i reperti in situ costruendo il capannone al di sopra, ma in modo che i resti rimangano visibili, evitando almeno la grossolanità di un falso storico?

Lei ha sempre sostenuto le Soprintendenze. Ma hanno la forza per resistere a pressioni di qualsiasi tipo?
L'intera struttura della tutela è enormemente indebolita dalla mancanza di risorse umane e finanziarie, e perciò più esposta a pressioni terze.

L'assessore regionale all'urbanistica Anna Marson ha sollevato più di una perplessità sul progetto, specie sull'iter urbanistico seguito dal Comune con l'azienda. Lei come giudica l'attuale ruolo dei Comuni nella gestione del territorio?

Penso che la Toscana abbia commesso un grandissimo errore storico e politico nel subdelegare ai Comuni competenze che essa dovrebbe esercitare in prima persona, anche nello spirito dell'ultima versione del Codice, quella datata 2008 che fu varata dal governo Prodi. Una revisione della legge 1 (la legge regionale sul governo del territorio, ndr) sarebbe necessaria.

Il nuovo corso dell'urbanistica in Toscana dovrebbe seguire il principio del recupero. Questo è stato uno dei primi annunci da governatore di Rossi. Ci sarà davvero discontinuità con il passato?
Il principio del recupero di architetture dismesse, in presenza dell'enorme quantità di appartamenti invenduti (100.000 solo a Roma) è una delle strade. Ma il faro deve essere sempre e solo la Costituzione e la legalità.

Cittadini e associazioni che vorrebbero partecipare e incidere davvero sulle scelte che coinvolgono il loro territorio vengono spesso accusati di voler difendere il proprio orticello. Pubblico e privato a loro volta vengono accusati di socializzare le perdite e privatizzare i profitti. Non toccherebbe alla politica trovare una sintesi?
La voglia dei cittadini di partecipare al processo decisionale è in grande crescita: ci sono non meno di 15.000 associazioni in Italia che si preoccupano di paesaggio e ambiente, reagendo civilmente alle sordità, inerzie e complicità della politica. L'accusa "difendete il vostro orticello" è stupida: anche l'industriale che difende il proprio capannone andrebbe messo a tacere solo per questo? Facendo mente locale sulle situazioni a loro meglio note, i cittadini possono elaborare una coscienza più alta: se le associazioni sapranno coordinarsi, costringeranno anche i politici più ciechi ad ascoltarli. È accaduto coi referendum sull'acqua come bene comune, o con quello sulle elezioni: vittorie di cittadini, non dei partiti. Sta accadendo anche con il paesaggio, chi non se ne vuole accorgere imparerà a proprie spese.

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domenica 23 ottobre 2011

Marson fra le ombre etrusche. L'assessore: "Attaccano me, ma qual è il veo obiettivo?"

Corriere Fiorentino, 22 ottobre 2011


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Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano