giovedì 29 settembre 2011

Vicenda Laika - Laboratorio chiede la revoca della delibera dello smontaggio dei reperti


Il Nuovo Corriere di Firenze, 28 settembre 2011

Opposizioni al contrattacco sulla vicenda Laika. Nel corso della seduta del Consiglio, che si svolgerà domani, il gruppo Laboratorio per un'altra San Casciano/PRC, presenterà infatti un ordine del giorno per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto, quella con la quale l'amministrazione comunale di SanCasciano ha deciso lo "smontaggio" dei reperti del cantiere Laika in località Ponterotto...

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giovedì 22 settembre 2011

L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper


di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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mercoledì 14 settembre 2011

Mi unisco a esperti e associazioni che chiedono di trovare nuove soluzioni. Intervenga la Regione

COMUNICATO STAMPA 13 settembre 2011

Ritrovamenti archeologici nel cantiere Laika a San Casciano Val di Pesa. Romanelli: “Mi unisco a esperti e associazioni che chiedono di trovare nuove soluzioni. Intervenga la Regione”.

“Fin dall'inizio – dichiara il Consigliere Regionale Mauro Romanelli – sono stato contrario, sollecitato da Legambiente e dal gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano, alla localizzazione scelta per il nuovo capannone della Laika caravan: una contrarietà non a priori, ma motivata da ragioni ambientali e paesaggistiche, nonché per l’inadeguatezza delle infrastrutture circostanti e per la fretta nel concedere varianti urbanistiche al di fuori del Piano Strutturale del Comune di San Casciano”.

“Una scelta, quella dell’amministrazione locale, dettata da motivi occupazionali, ma che a oggi, a sette anni di distanza dall’adozione della variante, nulla ha prodotto, essendo ben lontani dall’apertura della struttura”. “La Laika ha pesantemente ridotto i posti di lavoro, in questi ultimi anni, e non pare esserci alcuna garanzia che in futuro, anche accettando supinamente ogni condizione posta dall'azienda, il livello occupazionale sia garantito”.

“Nel frattempo nel sito, durante gli scavi cantieristici, sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco - ellenistica e di una villa romana di età imperiale e rimango assai sorpreso dalla recente decisione della Giunta locale di accettare le richieste della multinazionale e d’intervenire con proprie risorse per la demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che, con modifiche progettuali, potessero salvare, almeno in parte, il sito archeologico”.

“Mi appello quindi alla sensibilità dell’Assessore Regionale Cristina Scaletti affinché siano ascoltati i dubbi e le critiche di esperti e associazioni, sospendendo la firma regionale all’accordo e promuovendo un tavolo di concertazione, ove cercare soluzioni più attente e condivise, scongiurando così il rischio di produrre, con la rimozione dei reperti, un falso storico e topografico”.

“Sulla vicenda ho presentato un’interrogazione urgente” - termina Romanelli.


Interrogazione orale urgente

Il sottoscritto Consigliere Regionale

Ricordato che in località Ponterotto, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (Fi) è stato localizzato, tra le proteste di molti comitati e associazioni per l’alto impatto ambientale e paesaggistico, un capannone di tre ha della multinazionale Hymer, proprietaria di Laika caravan;

Ricordato che nell’anno 2010, durante gli scavi cantieristici sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco - ellenistica e di una villa romana di età imperiale;

Ricordato che l’amministrazione comunale di San Casciano, con la delibera di Giunta n.132 del 1° agosto 2011, ha fatto propria la richiesta di rimozione dei reperti avanzata da Hymer a pochi mesi dall’inizio scavi, decidendo di intervenire con proprie risorse a un progetto di demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che, con modifiche progettuali, salvassero almeno parte del sito archeologico;

Ricordato che sembrerebbe non esistere ancora una relazione pubblicata sugli scavi, che il progetto di rimozione è stato deliberato a scavi in corso, a prescindere quindi dai risultati, che il progetto a parere di molti esperti distruggerà il valore scientifico del sito e produrrà un falso storico e topografico e che molte associazioni ambientaliste sono intervenute manifestando dubbi e critiche.

Interroga la Giunta Regionale per conoscere:

Se intende sospendere la firma regionale all’accordo, aprendo un confronto tra Amministrazione locale, Hymer e tecnici del settore ed esponenti delle associazioni di diversa opinione per verificare la correttezza della soluzione a oggi individuata.

Mauro Romanelli

La Laika fa traslocare i resti etruschi

di Mario Neri, La Repubblica, 14 settembre 2011

Ritrovati nell'area del futuro capannone: la soprintendenza dà l'ok al trasferimento. "No all'archeo-patacca"
La Laika fa traslocare i resti etruschi



Nella terra dei caravan anche un sito archeologico può traslocare. Succederà ai resti di un insediamento etrusco e a quelli di una villa romana di età imperiale ritrovati nel giugno 2010 a Ponterotto, pochi chilometri da San Casciano, dove la Laika caravans vorrebbe costruire il mega capannone progettato 11 anni fa per rilanciare la produzione dei camper nella Val di Pesa. Da un anno i lavori sono fermi. Nei 3 ettari destinati alla nuova fabbrica - e riconvertiti in area industriale con una variante ad hoc del Comune - gli archeologi procedono ancora con scavi e analisi, ma l'amministrazione di San Casciano ha già accolto le richieste della multinazionale: i reperti verranno ricollocati vicino al torrente Pesa «in modo da riprodurre la disposizione dei vani rispetto all'esposizione al sole e alla direzione dei venti», è scritto in una delibera approvata ad agosto. Il via libera è arrivato con il parere favorevole di Soprintendenza, ministero dei Beni culturali e Regione, eppure fa infuriare i comitati del Chianti. «Trasferendo i resti si creerà una "archeopatacca" - dice Giuseppe Pandolfi, presidente del circolo locale di Legambiente - Il comune avalla una speculazione. La salvezza dei posti di lavoro è una scusa, negli ultimi anni i fatturati di Laika sono scesi». Non sarà un parco archeologico farlocco, è invece la tesi della Soprintendenza: «Ci sono molti esempi di rovine ricollocate a favore di una maggiore tutela - spiega la soprintendente regionale Mariarosaria Barbera - e comunque il trasferimento è previsto dal codice dei beni culturali». Comitati e ambientalisti vorrebbero che Laika ridimensionasse i progetti. «Non più un grande capannone da 30mila mq, ma qualcosa meno, quanto basta per lasciare i reperti a loro posto», chiede anche Mauro Romanelli, consigliere regionale di Sel, che ieri ha presentato un'interrogazione urgente in consiglio.

Caso Laika, petizione "Non affogate i resti della villa etrusca nel cemento"

di  Andrea Settefonti, La Nazione, 13.09.2011


SAN CASCIANO

Sui resti di una villa etrusco ellenica e di una romana ritrovati nel cantiere di Ponterotto, a San Casciano, dove si realizza il nuovo stabilimento Laika, entra in scena anche l'associazione "Laboratorio per un'altra San Casciano", lo fa organizzando una petizione via posta elettronica con l'obiettivo di sensibilizzare l'assessore regionale alla Cultura Cristina Scaletti affinché i resti vengano valorizzati e non affogati nel cemento.

Nell'appello inviato all'assessore si legge che "nel 2010 durante gli scavi cantieristici sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. Invece di valorizzare queste testimonianze storico-artistiche, l'amministrazione comunale ha fatto propria l'istanza di rimozione dei reperti avanzata da Hymer a pochi mesi dall'inizio degli scavi.
Inoltre, il Comune ha deciso di intervenire con proprie risorse ad un progetto di demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che con modifiche progettuali salvassero almeno parte del sito archeologico". Secondo il Laboratorio "tutte le procedure legate al progetto sono state svolte nella assoluta segretezza e senza contraddittori". Inoltre "ancora non esiste neanche una riga di relazione pubblica sugli scavi" e "il progetto di rimozione è stato deliberato a scavi in corso (quando ancora la villa romana non era emersa) a prescindere quindi dai risultati". Il rischio è "che il progetto distruggerà il valore scientifico del sito e produrrà un falso storico e topografico".

Quindi viene chiesto all'assessore di "accogliere l'appello delle associazioni ambientaliste WWF, Legambiente, Italia Nostra, Rete dei Comitati, sospendendo la firma regionale all'accordo e aprendo un confronto tra i tecnici per verificare se davvero questa sia la soluzione giusta".

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lunedì 12 settembre 2011

Manco una roulotte al povero lucumone sfrattato…


Stefano Tesi, Alta fedeltà, 11.09.11

A San Casciano Val di Pesa, in Toscana, pare che alla chetichella si vogliano distruggere importanti vestigia etrusche per costruire una fabbrica di camper. Comune e impresa d’accordo, cittadini in subbuglio. Possibile che lo stabilimento si possa fare solo lì?

Si dice che la verità sta sempre in mezzo, o almeno mai da una parte sola. E nemmeno in questo caso abbiamo motivo di dubitare che ambedue i contendenti abbiano, nello specifico, buoni argomenti.
Ma è il principio che non ci piace.
La storia è semplice e nemmeno nuova, visto che si trascina da un decennio, lasciata però sospettamente procedere sotto traccia in un silenzio ufficiale a cui qualche acuto mediatico non può certo far da contraltare. E quando il silenzio diventa la clava delle pubbliche amministrazioni, c’è sempre qualcosa che non torna.
Fattostà che in territorio di San Casciano Val di Pesa, nel Chianti insomma, è in programma la costruzione, regolarmente autorizzata, di un grande capannone industriale destinato ad accogliere lo stabilimento di un’azienda che produce roulotte. Il tutto è sancito da un accordo tra il comune e la multinazionale proprietaria della casa costruttrice di van, con relative autorizzazioni.
Fin qui, tutto ok.
Il problema è che sottoterra, esattamente nel punto in cui deve sorgere lo stabilimento, ci sono i resti di un fabbricato etrusco e di una villa romana, venuti alla luce durante gli scavi di fondazione.
A questo punto che succede? Si bloccano i lavori? Si vincola il terreno? Si procede a ricerche archeologiche?
Macchè: il comune, a spese proprie, pensa anzi di demolire in fretta e furia le antiche ma fastidiose rovine (lo affermano almeno qui i comitati e associazioni locali contrari all’operazione), con l’idea bislacca di ricostruirle altrove. Insomma: non solo le distruggono, ma pensano di creare un falso storico e architettonico.
Da qui gli appelli lanciati dai detti comitati alla Direzione regionale per i beni artistici, alla Soprintendenza archeologica della Toscana e alla Regione affinchè intervengano e consentano se non altro l’apertura di un dialogo tra le parti.
Quale sia la versione ufficiale del comune e della multinazionale non è ancora dato sapere, ma non è questo ciò che conta.
Nè conta, secondo noi, l’osservazione che il settore camperistico è in crisi e che quindi il momento economico non giustifichi la costruzione di nuovi stabilimenti, nè che l’allocazione degli stessi possa essere più utilmente individuata altrove. E neppure che l’operazione nasconda, come qualcuno adombra, più lontane mire speculative in un’area di grande valore naturalistico e paesaggistico (oltre che, con ogni evidenza, archeologico).
Il punto è a mio avviso anteriore e di carattere generale.
Ovvero: in un paese dalle importantissime risorse culturali come l’Italia, dove la stratificazione storica è sistematica e ha fatalmente generato un patrimonio irripetibile di resti e vestigia, è possibile che la stessa eventualità di un ritrovamento non sia una condizione necessaria e sufficiente a bloccare e ad impedire nuovi insediamenti, qualunque sia la loro natura?
Certo, è un costo. Che deve assumersi la comunità, cioè tutti noi, per preservare un patrimonio comune. Un costo di studio preventivo, di ricerca, di possibile valorizzazione e tutela. E indubbiamente anche di risarcimento, perchè chi legittimamente ha un diritto a costruire reso impossibile da un evento sopravvenuto come un ritrovamento archeologico, va ripagato integralmente del danno che subisce e delle spese che sopporta. A me pare solare.
Invece no, non è così. Ogni volta che si scopre qualcosa devono aprirsi interminabili conflitti tra chi vuole sbarazzarsene e chi vuole studiare e conservare, dando vita a contrasti che durano anni e provocano ritardi, collusioni, danni economici e labirinti giudiziari tanto ingiustificabili quanto, soprattutto, insostenibili.
Se invece lo Stato, attraverso la legge, sancisse l’automatica inviolabilità di qualsiasi giacimento, rudere o ritrovamento e al tempo stesso stabilisse l’obbligo di ricerche preventive per chi progetta insediamenti produttivi, oltre a rapidi e congrui risarcimenti, probabilmente da un lato si scoraggerebbero gli scempi e le speculazioni. E dall’altro si convincerebbe la grande parte dell’opinione pubblica che tende a considerare la ricchezza immateriale, il paesaggio, la cultura, l’architettura, il bello come un ostacolo, una inutile seccatura, un impiccio, un fastidio da aggirare, possibilmente evitare, auspicabilmente impedire e perfino prevenire. Ovviamente nel nome del presunto sviluppo economico. Un argomento che spesso sta molto a cuore anche ai sindaci che devono firmare certe autorizzazioni.

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giovedì 13 maggio 2010

Stop al consumo di territorio, l'appello di Torino: Paesaggio Bene Comune

L'incontro nazionale promosso dal Movimento per lo Stop al Consumo di Territorio e dal Comitato “Non grattiamo il cielo di Torino” e svoltosi nella giornata di Sabato 17 Aprile con la partecipazione di molti esponenti di rango dell'associazionismo, dell'urbanistica e della cultura italiana, si è concluso con un forte appello conclusivo che suona come un richiamo all'azione per tutti i cittadini della nostra nazione ...

Sprawl e verticalizzazione delle città sono espressioni speculari del consumo ingiustificato di territorio conseguente alla valorizzazione economica dei patrimoni privati che porta al degrado dei beni comuni e all’aumento del disagio per gli abitanti.

Nel corso dell’incontro nazionale “Paesaggio Bene Comune” promosso dal movimento “Stop al consumo di territorio” e dal Comitato “non grattiamo il cielo di Torino”, presso la sede della Provincia di Torino, oltre 200 tra cittadini, esperti, rappresentanti di associazioni e di comitati, provenienti da varie parti del Paese, hanno discusso e si sono trovati d’accordo intorno al tema del Paesaggio - “sintesi di elementi naturali e costruiti nella quale la comunità dei cittadini si riconosce” (Convenzione UE, 2000) - come “Bene Comune”.

Dopo aver messo a confronto esperienze e studi, essi si rivolgono al Paese, al mondo della cultura, della politica e dell’economia per denunciare una generalizzata gestione del territorio che non riesce a controllare i processi, anche necessari, di trasformazione e produce un degrado del paesaggio che è sotto gli occhi di tutti: dissesto idrogeologico, inquinamento, contesti ambientali naturali compromessi, distruzione delle aree agricole, incontrollato allargamento dei confini urbani, degrado di contesti storico artistici, patrimonio immobiliare inutilizzato o sotto utilizzato, nascita di nuovi quartieri privi di servizi e di qualità, con perdita di identità sociale e culturale dei centri e delle periferie.

La difesa dei territori agricoli e naturali da ulteriori infrastrutturazioni e urbanizzazioni va di pari passo con la difesa della storia delle funzioni e del paesaggio delle nostre città penalizzate sia da espansioni ingiustificate a bassa densità sia da densificazioni esasperate, che occupano aree dismesse o vuoti urbani, miracolosamente scampati alle precedenti speculazioni edilizie. La verticalizzazione delle città storiche che non risolve il problema del consumo del suolo, ma al contrario introduce processi di snaturamento dei contesti sociali e di degrado del paesaggio, è inoltre condotta in assenza di un censimento dei bisogni reali ed è guidata dalla logica della mera valorizzazione immobiliare. Le Amministrazioni locali, strangolate dai tagli statali ai bilanci, cercano di tamponare la crisi incamerando oneri di urbanizzazione e introiti da vendite di aree pubbliche e demaniali (inclusi fiumi e coste) avviando dinamiche che, invece di controllare le rendite e la speculazione, ne diventano il motore principale. Queste pratiche, alimentate da scelte politiche ed economiche miopi, vanno in controtendenza rispetto a una opinione pubblica in cui sta invece crescendo la consapevolezza del valore del paesaggio come bene comune, ricchezza e risorsa di tutti i cittadini, tutelato dalla Costituzione, e particolarmente significativo per un paese ricco di storia e di intensa antropizzazione come l'Italia. E’ dunque necessario e urgente contrastare lo spreco del territorio e l’edificazione in altezza nei contesti paesistici consolidati, attraverso azioni forti per riportare l'architettura e l'urbanistica ad una gestione equilibrata e di qualità del territorio, nell'interesse generale.

L’incontro si è svolto a Torino per chiedere inoltre una pausa di riflessioni sull’introduzione dei grattacieli in una città che ha iniziato a trasformarsi da polo industriale a centro culturale, della ricerca e tecnologico del terzo millennio, anche nella prospettiva delle celebrazioni per il 2011, centocinquantesimo anniversario dell'Unità di Italia. Il paesaggio urbano, integrato nel suo contesto naturale e montano, è elemento fondamentale del patrimonio collettivo di questa città: chiediamo per questo uno stop ai progetti di grattacieli già autorizzati e in generale allo sviluppo verticale nel centro e nei nuovi quartieri. Non intendiamo mettere in discussione le prerogative di nessuno, ma chiedere saggezza, lungimiranza e disponibilità a valutare soluzioni diverse. Un confronto culturale, tecnico e urbanistico di questo tipo non potrebbe che onorare la tradizione democratica e pluralista di Torino e dell'Italia.

“Paesaggio Bene Comune” è infine l'appello che noi lanciamo a cittadini, studiosi e amministratori per collaborare in tutte le regioni italiane affinché si metta davvero mano alla formazione dei piani paesaggistici, come prescritto dal codice, e ai conseguenti piani urbanistici, si dia vita ad un censimento del patrimonio edilizio esistente e non utilizzato e si fermino i processi di espansione edilizia e di trasformazione del territorio che non siano attentamente valutati sotto tutti i profili della sostenibilità ambientale, paesaggistica, sociale, culturale. La vera sostenibilità sarà la capacità di conservare, restaurare e valorizzare, nell’interesse di tutti, con attenzione e garbo, l'immenso patrimonio culturale e ambientale - il Paesaggio - del nostro Paese.

Torino, 17 aprile 2010

Continuano a svilupparsi, dunque, iniziative, proposte, idee in tutta Italia all'insegna dello "Stop al Consumo di Territorio", proviamo a sintetizzare:

1. L'appello di Torino: Paesaggio Bene Comune. Sala gremita il 17 Aprile scorso per l'assemblea/Convegno promossa dal Movimento e dal Comitato "Non Grattiamo il Cielo di Torino" e dedicata al non consumo di suolo e di spazio, ospiti Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Alberto Asor Rosa, Domenico Finiguerra e centinaia di Urbanisti, Architetti, Militanti ... Al termine è stata siglata una Mozione/Appello che potete leggere qui (e che vi invitiamo a diffondere):
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/index.php?option=com_content&task=view&id=271&Itemid=56

2. Aggiornamenti su campagna "SI' al fotovoltaico, ma non su terreni liberi". Ad appena 5 mesi dall'avvio di questa nostra "campagna nella campagna", è ormai assolutamente evidente che il tema della corretta coniugazione fra energie da rinnovabili e salvaguardia dei terreni fertili è - finalmente - entrato nel pieno dell'attenzione di amministratori e cittadini. Ne siamo contenti ed assistiamo ora agli sviluppi, mentre molti Sindaci e Consigli comunali ci stanno chiedendo un aiuto nel "dire di No" in assenza di regolamentazioni a loro sostegno. Abbiamo pertanto inviato al Ministro dello Sviluppo Economico ed al Presidente della Conferenza Unica Stato-Regioni-Autonomie Locali una richiesta perentoria: fermate tutte le procedure autorizzative in corso fino a che le Linee Guida (promesse nel 2003 e non ancora emanate ...) non verranno finalmente proposte a salvaguardia di una corretta pianificazione nazionale:
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/index.php?option=com_content&task=view&id=272&Itemid=49

3. Il 25 Aprile è partito il lungo trekking GeMiTo lungo l'ex triangolo industriale, che vede l'aiuto operativo ed il sostegno del nostro Movimento: dopo le tappe tra Genova ed il Monferrato astigiano ci incontreremo ancora in qualcuna delle tappe del percorso?
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/index.php?option=com_content&task=view&id=175&Itemid=37

4. Il 24/25 Aprile, invece, è stato il primo weekend di banchetti in tutta Italia per la raccolta firme a sostegno dei 3 referendum a salvaguardia della gestione pubblica degli acquedotti: anche noi siamo in prima fila, perchè suolo ed acqua sono ... la stessa "battaglia":
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/index.php?option=com_content&task=view&id=273&Itemid=49

5. Si può dichiarare un luogo "di notevole interesse pubblico" ? Sì, si può ... E questa è una strada pilota che qualcuno sta iniziando a sperimentare:
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/index.php?option=com_content&task=view&id=270&Itemid=49


Fonte: Stop al Consumo di Territorio

domenica 7 giugno 2009

Il male comune


Report 31/05/2009, Il male comune
Come oggi in Italia una dissennata gestione dell'urbanistica e la speculazione immobiliare divorano il territorio.

venerdì 5 giugno 2009

Questionario per i candidati Sindaci Stop consumo di territorio

Il movimento "Stop al consumo di terriorio" http://www.stopalconsumoditerritorio.it/  fra le iniziative  che sta promuovendo per la difesa del diritto al territorio non cementificato ha rivolto ai candidati sindaco per le elezioni comunali 2009 un questionario attraverso il quale relazionarsi con i candidati mettendo in evidenza le scelte amministrative e programmatiche coerenti con politiche di gestione sostenibile del territorio e delle risorse. In qualità di candidata sindaco al Comune di San Casciano Val di Pesa per la coalizione formata dalla lista Laboratorio per un'altra San Casciano e dalla lista Rifondazione Comunista, ritengo questa iniziativa significativa e rappresentativa di quelle realtà si stanno muovendo facendo scelte innovative e coraggiose improntate al rispetto e alla valorizzazione del territorio;  insieme alle due liste che mi sostengono ho aderito all'iniziativa complilando il questionario che invio in allegato: fermare il cemento e il consumo di suolo è una delle priorità assolute del nostro programma, ci presentiamo su questo come su altri temi fondamentali, alternativi alla maggioranza di centro sinistra che finora ha guidato l'amministrazione comunale di San Casciano; questo questionario e l'iniziativa del movimento Stop al consumo di territorio ben rappresentano le nostre priorità e i nostri obiettivi.

Lucia Carlesi


Questionario per i candidati Sindaci
Stop consumo di territorio


1) È disponibile ad attuare un censimento generale del patrimonio edilizio esistente entro 12 mesi individuando:
- le abitazioni non utilizzate? SI
- i capannoni non utilizzati (agricoli, artigianali, industriali, commerciali)? SI

2) È disponibile a ridiscutere il Piano Regolatore Generale in base ai risultati del censimento? SI

3) È disponibile ad attuare una forma di moratoria per evitare di occupare nuovo suolo agricolo in attesa della stesura di un nuovo PRG? SI

4) Ritiene prioritario recepire nelle norme comunali le linee guida indicate nei Piani Territoriali Provinciali e Regionali? SI

Intende rafforzare e contestualizzare a livello locale tali norme? SI

5) Ritiene importante ridiscutere le norme comunali con l’obiettivo prioritario di:
contenere il consumo del territorio? SI
Valorizzare e riqualificare il paesaggio urbano e agricolo? SI

6) Ritiene importante sensibilizzare le diverse forze sociali (imprenditoriali, professionali, comunali ecc.) interessate alla gestione del territorio? SI
Quali iniziative intende proporre per ottenere questo risultato?
Coinvolgere e informare le categorie, i sindacati, le associazioni, la società civile attraverso incontri specifici e forum tematici.

7) Si impegna a promuovere maggiormente la partecipazione dei cittadini alla stesura dei PRG attraverso specifici tavoli partecipati? SI

8) È disponibile a studiare modalità di intervento attivo da parte del Comune per indirizzare il mercato delle locazioni verso un migliore utilizzo del patrimonio edilizio esistente? SI

9) È disponibile ad aumentare le tasse di competenza comunale per incentivare l’utilizzo del patrimonio edilizio esistente non utilizzato? SI

10) È disponibile a individuare le aree di pregio paesaggistico del territorio comunale nella prospettiva di una loro più efficace conoscenza e conservazione? SI

11) È disponibile ad autorizzare la costruzione di nuovi capannoni solo in presenza di adeguate valutazioni di impatto paesaggistico, specifiche tipologie ed impiego di materiali tradizionali? NO (*)
12) È disponibile a ricercare forme di incentivazione alla riqualificazione paesaggistica dei capannoni esistenti per un loro miglior inserimento ambientale? SI

13) Si impegna a ridurre gli oneri urbanistici per il recupero e il riutilizzo di edifici urbani e rurali inutilizzati? SI

14) È disponibile ad adottare incentivi per la realizzazione di ristrutturazioni ad alto risparmio energetico degli edifici? SI

15) Si impegna a stilare una regolamentazione per rendere obbligatoria l’opera di piantumazione delle aree adiacenti a fabbriche, capannoni, officine, ecc? SI

16) E’ disponibile in vista dell’attuale momento congiunturale sfavorevole a prendere misure atte a riqualificare le aree produttive dismesse prioritariamente rispetto al consumo di nuove aree? SI

17) E’ disponibile a normare la realizzazione delle nuove opere e infrastrutture
comunali e della gestione delle esistenti con soluzioni a basso impatto ambientale? SI

18) E’ disponibile ad operare per mitigare l’impatto visivo delle opere comunali e delle aree artigianali esistenti? SI

19) E’ disponibile a rivedere le norme di nomina e di funzionamento delle commissioni comunali inerenti i problemi della gestione del territorio e del paesaggio? SI

20) E’ disponibile a rivedere il regolamento sulla piantumazione al fine di incentivarla? SI

21) E’ disponibile a vietare l’apertura di nuove cave per l’estrazione di materiale ghiaioso? SI

22) E’ disponibile ad avviare entro 12 mesi attività di sensibilizzazione e formazione per gli operatori comunali e del settore al fine di promuovere un approccio ecosostenibile alle problematiche qui indicate? SI

23) E’ disponibile a promuovere la rinaturalizzazione delle sponde non arginate dei torrenti? SI

24) E’ disponibile a promuovere la risistemazione del reticolo idrografico secondario? SI

25 ) E’ disponibile a non permettere nuove coperture di fossi e canali urbani ed extra-urbani e ove possibile riportare alla luce i tratti intubati? SI

26) E’ disponibile ad incentivare l’utilizzo di materiali che evitino un’eccessiva impermeabilizzazione del suolo? SI

27) E’ disponibile a perseguire il contenimento dell’inquinamento luminoso della rete di illuminazione pubblica e ad incentivare l’ammodernamento e la riduzione delle installazioni private? SI

28) E’ disponibile a normare l’installazione di nuovi cartelloni pubblicitari stradali e comunque a non aumentarne il numero e/o a liberare certi posti dalla loro invadente presenza? SI

29) E’ disponibile a vietare il diserbo con prodotti chimici e la pratica dell’incendio come contenimento della vegetazione lungo le strade comunali e i fossi consortili? SI


(*)
Il NO espresso si deve intendere come restrittivo delle possibilità edificatorie
La domanda appare generica e si presta a diverse interpretazioni (in genere le nuove previsioni urbanistiche sono sottoposte a verifica di impatto ambientale e paesaggistico, ma sempre tali valutazioni danno esito positivo e l’intervento quindi risulta in ogni caso sostenibile).



San Casciano Val di Pesa (FI), comune del Chianti fiorentino, ha visto negli ultimi venti anni un’edificazione massiccia. L’alto pregio ambientale e paesaggistico unito alla vicinanza a Firenze hanno reso questo territorio estremamente appetibile per la lobby del cemento e le amministrazioni locali hanno favorito attraverso i PRG interventi edificatori di notevole impatto, senza peraltro verificarne la sostenibilità rispetto al limite delle risorse e alla tenuta complessiva del sistema viario e dei servizi.
E il futuro non appare diverso. Il Piano Strutturale recentemente approvato presenta una relazione generale che pare improntata a criteri di sostenibilita’ e tutela del territorio. In realtà si prevede una notevole espansione residenziale e produttiva; si punta al rilancio dell’edilizia vedendola come volano della ripresa economica, si svende il territorio a nuovo cemento.
Il programma elettorale della lista civica Laboratorio per un’altra San Casciano e Rifondazione Comunista mette al primo posto la difesa del territorio e dei beni comuni; prevede quale priorità assoluta arrestare il consumo di suolo per nuove costruzioni residenziali e produttive, favorendo invece la ristrutturazione degli edifici esistenti ed incentivando l’uso di biotecnologie per l’edilizia, il risparmio idrico ed energetico, l’uso delle fonti energetiche rinnovabili. Ci impegneremo affinchè nel prossimo Regolamento Urbanistico non si dia seguito alle previsioni massimali di crescita previste dal Piano Strutturale.

venerdì 8 maggio 2009

Asor Rosa: voto De Zordo perché difende l'ambiente


Ingrandimento dell'articolo
Un articolo comparso su La Repubblica di Firenze, 08.05.09. Intervista ad Asor Rosa, storico della letteratura, intellettuale impegnato, portavoce del Coordinamento dei Comitati per la difesa del territorio. Presenta le motivazioni al proprio voto alla lista di cittadinanza Per Unaltracittà di Ornella De Zordo, la quale, di programma affine a quello della lista Per un'Altra San Casciano – come altre forze politiche non direttamente presenti sul territorio – la appoggia.

venerdì 20 marzo 2009

La Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio

La Rete dei Comitati per la difesa del territorio sulle elezioni amministrative ed europee della primavera del 2009


A . PREMESSA

1. Le elezioni amministrative ed europee della primavera del 2009 rischiano di svolgersi in una situazione di grave emergenza. Il Governo di Centro-Destra, presieduto da Silvio Berlusconi, ha imboccato rapidamente strade pericolose e inaccettabili su punti numerosi e particolarmente rilevanti: la scuola,la formazione, la ricerca e l’Università, il lavoro, la giustizia ecc. ecc.
Sulle questioni ambientali e del territorio ha sposato le tesi più estreme dell’industrialismo sviluppistico: il pieno sostegno a tutte le progettate “grandi opere”, dal corridoio tirrenico al ponte sullo stretto di Messina alla TAV in Val di Susa, e la ripresa in grande del nucleare ne rappresentano le più evidenti (ma non uniche) testimonianze (per non parlare del silenzio e dell’inettitudine, a dir poco, dei Ministeri più direttamente interessati, quello dell’Ambiente e quello dei Beni Culturali). Soprattutto colpisce una metodologia di governo, che sistematicamente mortifica tutti gli spazi di discussione e di confronto. In generale parlando
si potrebbe dire che tale logica confligge apertamente con quella cui si ispirano ab origine i Comitati per la difesa del territorio, i quali crescono e si alimentano da un principio di seria ed effettiva democrazia partecipativa.

2. Il quadro tuttavia non si presenta confortante neanche nell’ambito dell’attuale
opposizione di Centro-sinistra (per giunta al proprio interno pericolosamente frammentata e divisa).
I cedimenti da parte sua (in varie forme e in varie gradazioni) alle logiche sviluppistiche e di mercato sono talmente frequenti da far pensare ad una cultura del territorio e dell’ambiente,soprattutto a livello locale e amministrativo, ormai fortemente compromessa con l’ideologia economicistica dominante (la formula dell’”ambientalismo del fare” rende bene, nella sua equivoca paradossalità, il senso di questo compromesso al ribasso). A livello locale, - comunale, provinciale, regionale - questa debolezza di ordine generale si traduce troppo spesso in scelte aberranti, in una politica di sfruttamento vero e proposto del territorio, in iniziative di rapina e di distruzione dello stesso, che, all’atto pratico, inducono i cittadini a pensare (e sempre più spesso a dire) che fra i due schieramenti le differenze si siano attenuate fino al punto di scomparire, lasciando il posto ad una sola, unica, universale "cultura dello sfruttamento e consumo del suolo”.

3. È facile prevedere che la situazione di crisi finanziaria ed economica, in cui l’universo capitalistico attualmente è entrato, anziché favorire scelte più ponderate e attente, produca una perversa accelerazione delle politiche di sfruttamento e devastazione del territorio. Le ultime decisioni del governo italiano, in merito di autostrade, infrastrutture e “grandi opere”, anche per quello che riguarda la Toscana, lo confermano. Non è da escludere anche lo scatenarsi di una fase di “ecobusiness”, (centrali, inceneritori, eolico disposto casualmente, ecc.) destinata a confondere ulteriormente anche gli orientamenti del movimento ambientalista. D’altra parte, la stretta finanziaria nei riguardi degli enti locali e l’abolizione dell’ICI sulla prima casa spingeranno inevitabilmente verso crescenti consumi di suolo destinati al mercato speculativo.
In sintesi, sarà sempre più diffusa la pratica che le scelte del territorio siano sostanzialmente sottratte alle istanze elettive e alla partecipazione democratica e sempre più determinate dai poteri economico-finanziari dominanti nei diversi contesti.

4. Le elezioni amministrative ed europee possono però costituire in Toscana e altrove, un momento della svolta. Emergono ovunque nel paese Italia, così mortificato e così poco rappresentato, fenomeni di resistenza e risposte positive, che si muovono in una direzione che sostanzialmente è la stessa: fra le lotte della scuola , quelle dei Comitati per la difesa de1 territorio e quelle dei movimenti per la ripubblicizzazione dell’acqua, ad esempio, si avvertono analogie profonde, negli obiettivi e ancor più nei metodi. Una parte non marginale del paese non intende accettare né le sopraffazioni della forza oggi dominante né i compromessi cui taluni settori dell’opposizione volentieri si adeguerebbero. Questa parte del paese esiste e si muove: le si deve dare una risposta.

5. La Rete dei Comitati per la difesa del territorio presenta con questo Documento un
elenco aggiornato delle richieste, di principio e pratiche, effettuali sulle quali ritiene sia possibile costruire uno schieramento alternativo di forze, disponibile alla collaborazione ma intransigente sui compromessi, non intorno ad un nuovo progetto di spartizione del potere ma intorno ad un programma e ad una serie imprescindibile di obiettivi. Nulla di più lontano, dunque, nelle nostre intenzioni, da qualsiasi generica e approssimativa "ammucchiata” di contestatori dell'attuale potere politico amministrativo, comunque e ovunque esso si manifesti: ma una specifica e ben programmatica proposta di sostituire ad una "metodologia del potere” un'altra decisamente opposta, fondata sulla partecipazione e il controllo democratico dei cittadini. Perché i candidati a governare le amministrazioni locali e a rappresentare l'Italia nel Parlamento europeo siano considerati degni di fiducia da parte della Rete, sarà necessario che essi facciano propri i seguenti punti di programma, quali sono scaturiti con estrema chiarezza dai molti documenti elaborati dalla rete e da ultimo dal Convegno svoltosi a Firenze il 28 giugno 2008 su “Le emergenze in Toscana”. Crisi di un modello regionale di sviluppo”

B. PUNTI DI PROGRAMMA

1. Uno sviluppo sostenibile e durevole. Ciò significa che lo sviluppo non può essere
misurato solo in termini di incremento del PIL, indipendentemente dalle risorse non
riproducibili consumate, prima fra tutte il territorio. Sviluppo durevole significa che ogni nuovo consumo di suolo deve essere funzionale a progetti realmente innovativi e di modernizzazione o riconversione dell’apparato produttivo; il contrario di quella crescita edilizia finalizzata alla speculazione a se stessa che negli ultimi anni ha prodotto una miriade di seconde, terze case, residence turistici, un’edilizia alimentata dall’abbandono dei settori manifatturieri e utilizzata fondamentalmente come bene rifugio.
2. La tutela e la gestione del paesaggio deve essere inquadrata in principi statutari
condivisi e operativi e deve essere sottratta alla variabilità della pianificazione urbanistica. Si tratta di andare in direzione opposta al processo in atto in numerosi comuni toscani dove le “invarianti strutturali” degli statuti del territorio sono soggette a variante come qualsiasi banale e corrente previsione di piano.
3. La partecipazione ai processi di piano e alle scelte di governo del territorio deve essere reale e non mirata alla ricerca del consenso dei cittadini o e dei portatori di interesse. La partecipazione a scelte di grande impatto paesaggistico e ambientale non può essere limitata solo ai residenti del comune direttamente coinvolto, ma deve essere estesa ad una platea vasta, sovracomunale, sovra-locale, portatrice di impegno civile.
4. Il rispetto dei piani – innanzitutto del PIT, che deve essere ancora integrato per la sua valenza di piano paesaggistico – deve riguardarne lo spirito e le finalità e non essere interpretata in modo burocratico come ottemperanza limitata (nel migliore dei casi) alla parte prescrittiva delle norme. A maggior ragione occorre intervenire a livello amministrativo per reprimere la diffusa non osservanza della legge di governo del territorio.
5 . Infrastrutture e grandi opere possono concorrere alla modernizzazione del paese e al rilancio della sua economia, solo se rispondono a reali fabbisogni collettivi e se non sono distruttive del patrimonio territoriale, ciò che in primo luogo significa che non devono essere progettate come operazioni settoriali e privatistiche, ma inquadrate nelle politiche di sviluppo durevole e di sostenibilità ambientale. Fra diverse opzioni è necessario scegliere quella meno impattante che quasi sempre si rivela – ma questo spesso è considerato un difetto – la meno costosa.

C. PROPOSTE SPECIFICHE

1. Distruzione e/o difesa del territorio

La politica della Regione Toscana per il governo del territorio è incentrata sulla Legge R. 1/2005 e sul PIT.
Se da un lato questi strumenti sono stati presentati come un rimedio alle centinaia di episodi che si sono verificati nel corso dell'ultimo decennio in Toscana, che si configurano come vere e proprie emergenze territoriali, essi, anche se definiti di pianificazione-programmazione, si caratterizzano invece per la loro debolezza rispetto alle esigenze di direzione pubblica, limitandosi a indirizzi, metodologie, procedure, buoni consigli di stampo narrativo, sostanzialmente incapaci di guidare le grandi scelte territoriali e si collocano in una logica di neoliberismo dolce attivando una sorta di contrattazione permanente con le forze economiche, finanziarie, imprenditoriali che portano al perpetuarsi di tutta una serie di emergenze già note che riguardano principalmente:

a) l’edificazione speculativa in territori di pregio ambientale e paesaggistico;

b) il fatto che tali edificazioni vadano contro lo spirito della LR: 1/2005 di governo del territorio e spesso anche contro la sua lettera adottando procedure illegittime;

c) la mancanza di efficacia e operatività della normativa vigente riafferma il ruolo
essenzialmente retorico svolto dalle invarianti strutturali che spesso restano generiche petizioni di principio;

d) il mancato ricorso delle amministrazioni alla conferenza interistituzionale prevista dagli art. 24, 25, 26 della LR 1/2005.

e) la mancanza di una vera e propria pianificazione riguardante i temi dell’energia, della gestione dei rifiuti, delle attività estrattive (queste ultime previste anche nei Siti Natura 2000), delle grandi opere infrastrutturali, degli aeroporti;

f) un’aberrante e generalizzato consumo di suolo, con il territorio agrario interpretato non come ambito con il suo specifico, insostituibile ruolo produttivo, ma come spazio non qualificato in attesa di divenire qualcosa d’altro.

g) il suolo agrario di fatto non solo è aggredito dalla cementificazione, ma anche modificato nei sui caratteri essenziali per una riconversione non programmata o programmata solo dal punto di vista delle necessità delle colture destinate agli impianti per la produzione di biomasse;

h) la mancanza nella LR 1/2005, nel PIT e nel PSR 2007-2013 di specifiche azioni per il recupero e la conservazione dei paesaggi rurali tradizionali che non devono essere museificati ma riqualificati.

In sintesi: la legislazione e gli atti di pianificazione della Regione Toscana permettono buone politiche e buoni piani a livello provinciale e locale, il problema è che permettono anche cattive politiche, cattivi piani e progetti distruttivi e inutili per la collettività.

Questo stato di cose deve essere sostanzialmente modificato.

La Rete dei Comitati propone che la disciplina di tutela del paesaggio – definita come
pianificazione paesaggistica - sia prioritaria sulla pianificazione territoriale. Lo statuto del paesaggio articolato in vari livelli, deve essere considerato un‘invariante non modificabile se non mediante procedure particolari e rigorose documentazioni, in cui sia centrale la partecipazione dei cittadini.

2. Infrastrutture e Grandi Opere

L'Italia, e in questa quadro la Toscana praticamente senza distinzione alcuna rispetto alle Regioni governate da altro orientamento, sono funestate da alcune scelte infrastrutturali (ritenute non discutibili, le vere invarianti per la Regione Toscana), del tutto subalterne a decisioni privatistiche, imposte e mai verificate, in relazione ai costi e benefici per la collettività.
È il caso del progetto SAT-Regione Toscana del 2005 per il cosiddetto “corridoio tirrenico”, tanto inutile quanto costoso e distruttivo del territorio (vedi il Dossier agosto 2004, l’Osservazione al progetto SAT agosto 2005 e il comunicato stampa ottobre 2007 delle Associazioni ambientaliste e della Rete, già in possesso della Regione); è il caso della progettazione di attraversamento della E 78 (Grosseto-Fano) dentro il paesaggio consacrato nei dipinti di Piero della Francesca, in località Monterchi, nella provincia di Arezzo; è il caso della TAV Firenze-Bologna; è il caso della terza corsia della autostrada A1 tra Firenze sud e Incisa; è il caso del sotto attraversamento TAV di Firenze, opera che non serve, pericolosissima, costosissima, alla quale si sommano le modalità di realizzazione delle tre
linee della “tramvia”, altro progetto altamente impattante e caratterizzato da gravi carenze sia progettuali che di condivisione da parte dei cittadini; è il caso del proliferare di proposte di aeroporti non solo deturpanti e rischiosi ma anche economicamente controproducenti e paesisticamente deturpanti; iniziative quest’ultime, fra cui spicca il progetto di potenziamento dell’aeroporto di Ampugnano in una zona di alta qualità ambientale.
Sono questi soltanto alcuni dei casi di maggior rilievo, che impongono a forze politiche, associazioni e Enti locali di prendere posizione con nettezza per la revoca o la revisione profonda di tali progetti, destinati se realizzati solo a produrre ulteriori scempi e densificazione del territorio.

3. Governo delle città e delle aree metropolitane

Le situazioni sopra descritte assumono un'evidenza ancora maggiore e un aspetto più critico nel "governo delle Città" e raggiungono il vertice in una situazione delicatissima come quella della Capitale della Regione, Firenze ma anche di altre aree metropolitane sia della contigua Piana fino a Pistoia, che della valle dell’Arno e della Costa. Uno speculare processo di "metropolizzazione" hanno subìto anche vaste aree marginali ancora espressive di forti identità locali, che stanno subendo un’accelerata riduzione delle loro complessità territoriali, vittime di
un processo di "semplificazione" che ne distrugge le specificità.
Qui la qualità della vita è peggiorata. Il territorio è stato pesantemente saccheggiato a favore della rendita fondiaria; si è privilegiata la scelta delle “grandi opere” invasive, costose e delle volte inefficaci, inutili e mal realizzate; il verde urbano e territoriale è travolto dalla cementificazione; il tasso di inquinamento atmosferico è uno dei più alti d’Italia. Problemi primari come l’emergenza abitativa sono all’ultimo posto della politica; i servizi pubblici sono
in grave dissesto e si prosegue sulla strada della privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua. Manca un piano dei trasporti e un piano della mobilità cittadina, mentre la sosta è stata mercificata da Firenze Parcheggi. Anziché contrastare i fenomeni di progressivo impoverimento di crescenti fasce di popolazione, si preferisce sanzionare i più deboli; non si affronta in modo adeguato il tema dell’immigrazione, creando disuguaglianze e conflitti.
È in questo quadro che a Firenze hanno potuto prendere corpo il progetto di Castello
(1.400.000mc di cemento) ora sotto inchiesta da parte della magistratura, e l’idea di un nuovo stadio per la Fiorentina che cancellerebbe definitivamente la possibilità di realizzare il Parco della Piana. Queste scelte forniscono la dimensione delle distruzioni del Territorio e dell’Ambiente delle aree metropolitane.
Politiche diverse di gestione del territorio urbano e metropolitano, rispettose degli interessi, della salute e della vivibilità dei cittadini, concertate con la grande massa degli utenti, devono sostituirsi all'attuale andazzo, fondato sistematicamente sull'arroganza, sul non ascolto, sull’adeguamento ai poteri forti.
In sostanza, le forme di governo della città, allontanandosi da ogni reale pratica di controllo e di partecipazione da parte dei cittadini, si sono sclerotizzate nella gestione del potere da parte di una ristretta oligarchia di intoccabili, che rammenta la fase podestarile del comune.

4 Problematiche energetiche.

Le "problematiche energetiche” attraversano la vita e l’esistenza quotidiana di tutti i cittadini italiani,e nel caso nostro toscani. E' perciò che ad esse non si può non rivolgere un'attenzione costante e primaria: anche in questo settore, andranno rovesciate le logiche finora prevalenti.
La priorità per attivare una buona politica energetica è quella di realizzare prima di tutto interventi di recupero edilizio con le regole del risparmio e dell’efficienza energetica; ove previste nuove costruzioni vanno realizzate secondo i criteri e le modalità della “CASA PASSIVA” o ad “ Emissioni Zero” , della bioedilizia agevolata da incentivi (queste norme devono obbligatoriamente far parte dei piani strutturali dei singoli comuni). Per ciò che riguarda la politica di gestione dei rifiuti, la Regione è tuttora proiettata nella programmazione di inceneritori: una politica rispetto alla quale la Rete dichiara la propria netta contrarietà, in quanto ben poche sono le azioni per il compostaggio e il riciclaggio programmato in coerenza con le esperienze internazionali più avanzate miranti alla riduzione a monte dei rifiuti, la raccolta porta a porta e gli impianti di trattamento a freddo. A tale riguardo sono già stati adottati dei modelli virtuosi anche in ambito nazionale e locale da prendere come riferimento.
Per quanto riguarda l’uso delle risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica. la Regione TOSCANA dovrebbe valutare più accuratamente gli impatti ambientali e sanitari delle alte entalpie, per troppo tempo trascurati dall’Enel, e riconoscere le varie specificità territoriali. A questo riguardo, particolare attenzione merita la tutela dell’Amiata al fine di salvaguardare le sue caratteristiche paesaggistiche, agrituristiche e termali, e il suo importante serbatoio di risorsa idrica naturale.
Dovrebbe inoltre essere ripensata la programmazione degli impianti di produzione di energia elettrica ottenuta attraverso l’uso di combustibili fossili (petrolio e metano). Le politiche autorizzative devono tendere a ridurre al minimo l’utilizzazione di combustibili fossili e, qualora il loro uso non sia sostituibile, massimizzarne il rendimento. Anche in questo caso, in attesa che sia approvato un piano energetico nazionale, riteniamo che il PIER-Piano di Indirizzo Energetico Regionale, recentemente approvato dalla Regione, è un primo passo nella direzione giusta, anche se tuttora permangono lacune, in quanto sarebbe stato meglio fosse stato impostato in modo non settoriale per collegarlo, invece, alle politiche di tutela del patrimonio territoriale in misura globale: sotto l’aspetto urbanistico, paesaggistico,
ambientale e sanitario, al fine primario di contenerne e diminuirne l’impatto complessivo sui territori. Esempi macroscopici di queste lacune sono la possibile costruzione di una centrale a biomasse in Valdichiana e i nuovi impianti inceneritori previsti in Val di Sieve a Selvapiana e nella Valle della Greve, senza che siano stati valutati completamente gli impatti ambientali e sanitari. Va da sé poi il rifiuto del nucleare perché palesemente antieconomico e perché non ha soluzioni attendibili per il problema dello smaltimento sicuro delle scorie radioattive.
Nello specifico dovrà essere rivista l’autorizzazione nei casi ove la Regione non ne abbia valutato preventivamente la sicurezza come per l’impianto di rigassificazione off-shore di Livorno.
In particolare, allo stato attuale, per poter meglio definire e approvare un vero e coordinato Piano Energetico Regionale con le finalità suddette, si rende necessaria una moratoria sulla localizzazione dei nuovi impianti e una valutazione partecipata, prendendo in considerazione il ciclo integrale dell’energia, cosa fondamentale se si vogliono raggiungere entro il 2020 gli obiettivi di Kyoto e cioè 20% di risparmio, 20% di efficienza e 20% di riduzione della CO2.

D. L'OBIETTIVO POLITICO AMMINISTRATIVO

1. L’obiettivo “politico-amministrativo”, che la Rete dei Comitati per la difesa del territorio si propone di conseguire con la formulazione e la diffusione di questo appello, è la costituzione di una concentrazione di forze solidali, seriamente ambientaliste, disposte a combattere insieme per il miglioramento delle condizioni ambientali, per la difesa del territorio, per una elevazione del tenore amministrativo, per un più corretto e efficace rapporto fra cittadinanza
e istituzioni, in Toscana e ovunque ciò sarà possibile. Ognuna di queste forze solidali è destinata a mantenere la sua specificità all’interno di tale concentrazione, ma converge su di un programma comune e s’impegna a rispettarlo e a praticarlo insieme con le altre nella fase post-elettorale, trovando forme pianificate di decisione.

2. Un buon programma ambientalista non può non incontrarsi con tutte quelle forme di
solidarismo e di progresso,che fanno parte anch’esse degli orientamenti più avanzati e civili del popolo italiano, Per questo motivo elezioni amministrative ed elezioni europee vanno tenute questa volta all’interno del medesimo ragionamento e in funzione dei medesimi
obiettivi. Esiste infatti una relazione stretta fra politiche europee per l’ambiente e gestione amministrativa e locale del territorio.
Quanto più larga, perciò, sarà la concentrazione, pur mantenendo la sua interna coerenza, tanto più grande sarà la possibilità di cambiare il corso impresso attualmente alle cose dalle attuali maggioranze.
Sottoponiamo pertanto questo documento alle forze politiche che si presentano alle elezioni amministrative ed europee della primavera 2009, chiedendo la puntuale espressione di condivisione.

Territorialmente, il sito della Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio

lunedì 16 marzo 2009

Le altre "Laika" d'Italia

È UN’IMMAGINE che bisognerà abituarsi a vedere sempre di più: capannoni nuovi di zecca con cartelli che recano la scritta "Vendesi" o "Affittasi". Le fabbriche chiudono e le zone industriali si riempiono, in maniera crescente, di fantasmi.

La crisi svuota i capannoni
Data di pubblicazione: 15.03.2009
Autore: Davide Carlucci

Per capire l’entità del fenomeno non bisogna attenersi tanto ai dati ufficiali, che registrano ancora poco. La Fiaip segnala, per esempio, un calo superiore al sette per cento per quanto riguarda le compravendite di capannoni.

Nomisma dice che anche i canoni sono in discesa, meno 1,1 per cento nel secondo semestre 2008, con un punte del meno 4,4 in provincia di Bergamo. Parlando con gli operatori del settore, però, si raccoglie molto più pessimismo. Valerio Uboldi sta tentando di vendere un capannone da 13mila metri quadrati, ultimato nel 2005, a Bariana, frazione di Garbagnate. «I prezzi sono calati del dieci per cento e in alcune aree si sono anche dimezzati. Siamo tornati ai valori del 2000. Io sto mettendo su un’azienda agricola per dare un futuro ai miei figli».
Per Legambiente è anche colpa della deregulation voluta dalla Regione. «In Lombardia nel decennio 1997-2006 - spiega Damiano Di Simine basandosi su dati Istat - si sono costruiti quasi 32.000 capannoni: una media di due all’anno in ogni Comune della nostra regione. Ora rischiano di diventare un tipico segno del nostro paesaggio, dove si costruiscono moltissimi contenitori, spesso in mezzo alla campagna, preoccupandosi molto poco del contenuto». È l’eredità, continua Di Simine, di una legislazione generosa: «Programmi integrati di intervento, piani attuativi in variante, sportelli unici, varianti ex-legge 23/97... E poi anche la legge Tremonti. Tutto va bene per realizzare insediamenti produttivi senza criterio».

Ma è anche nelle città che ora rischiano di aggiungersi nuovi strati di archeologia industriale. A Bollate, a due passi dal cimitero e di fronte alla Lidl, c’è la Syntess, industria tessile che gli operai avevano tentato eroicamente di salvare dalla chiusura provando ad acquisirla e a gestirla in proprio. Non ce l’hanno fatta e ora nel cortile dell’azienda un coniglio la fa da padrone. «È il mio - racconta la signora Lucia, la custode di origini campane - lo tengo qui, mi fa compagnia». A Garbagnate, invece, è in vendita lo stabilimento della Tc sistema servizi, azienda del settore hi-tech che a luglio ha licenziato 27 dipendenti. Le fabbriche sono transeunti e in ogni angolo della Lombardia ne restano le tracce. Come a Vimercate, dove campeggiano ancora le insegne della S. A., industria di lino e canapa, memoria di un’industria tessile che non c’è più. A Carpiano, invece, quel che resta di un grande allevamento intensivo gestito da un consorzio sono quattro enormi capannoni sulla Binaschese, quattro ecomostri in piena campagna. Quelli che un tempo erano gli uffici ora sono il ritrovo delle prostitute e dei loro clienti, come dimostrano i divani e i materassi sistemati qua e là. «Quei capannoni si vendono con tutti i terreni - dice il benzinaio della Q8 - quindici milioni di euro e te li compri tutti». Più avanti c’è la zona industriale del paese. Edifici appena ultimati, alcuni con le porte ancora imballate. I cartelli con la scritta vendesi, però, ormai non si notano quasi più: sono finiti per terra, piegati dal vento e dalla pioggia.

Da Magenta ad Arcore, da Zingonia ad Arese, nei nuovi insediamenti logistici del Lodigiano, ad Agrate e a Burago, in Brianza, la crisi lascia alle società immobiliari un grande patrimonio da vendere. Ma prima di trovare un acquirente o un affittuario si aspettano mesi e mesi, e il prezzo intanto scende. E più sono grandi gli insediamenti, più è difficile piazzarli. «Il dato su cui riflettere è questo - attacca Mario Agostinelli, capogruppo di Rifondazione in Regione - in Lombardia ci sono ormai 27 milioni di metri quadrati di aree dismesse». Maurizio Martina, segretario lombardo del Pd, punta l’indice contro la legge Tremonti, che ha consentito di costruire aree industriali con meno vincoli ma senza programmazione. «Gli effetti di questa incapacità di governare il territorio ora sono visibili. Basta andare, per esempio, in alcune zone della provincia di Bergamo, per vedere quanto si sia sacrificato l’ambiente senza creare ricchezza. Non è così che si incentiva il sistema produttivo: una riflessione su alcuni errori del passato va compiuta. E per il futuro, prima di andare a toccare il verde, si riqualifichino le aree ex industriali». L’assessore regionale all’Urbanistica, il leghista Davide Boni, ammette: «In passato il problema c’è stato, non l’ho mai nascosto. Si è costruito troppo sfruttando tutte le agevolazioni esistenti sul manifatturiero. Per il futuro rivedremo tutto, ci saranno controlli maggiori: bisogna ricominciare a utilizzare i capannoni che già ci sono e ridurre le semplificazioni che hanno consentito uno sviluppo disordinato».

postilla
Altro che “da Magenta a Arcore …” eccetera, come recita l’articolo: anche scavalcando il Po, gli Appennini, e addirittura Tirreno o Stretto di Messina, salta all’occhio la criminale idiozia delle ineluttabili zone produttive che servono quasi esclusivamente a “produrre” sé stesse. Basta farci un giretto in certe mattine per capire che il valore aggiunto della cementificazione e sbancamento di terreni non sta nei posti di lavoro o nella trasformazione di materie prime in prodotti finiti o semilavorati, ma nel solito “sviluppo del territorio”. Che ora con la crisi mostra più impudiche che mai le chiappe scoperte della foia trasformatrice di certi nostrani “policy makers ”, di amministrazioni abituate a reagire in automatico a qualunque proposta di questo tipo considerandola fonte di “ricchezza”. Come poi insegnano le crisi più “avanzate”, in testa quella americana, a svuotarsi ci sono poi anche i parchi per uffici, e dulcis in fundo anche le cattedrali del consumo, tirate su in fretta e furia contro ogni logica dentro a bacini di potenziali consumatori di fatto virtuali (ogni scatolone presenta i conti come se il bacino di utenza fosse suo in esclusiva), e che ora giocoforza consumeranno ancora di meno. È troppo tardi per aspettarsi un ripensamento, magari anche solo delle logiche più perverse come la concessione delle fasce autostradali per insediamenti produttivo-commerciali FUORI dai piani regolatori? Una pensata per ora solo lombarda, ma che visti i precedenti forse non mancherà di suscitare anche l’entusiasmo di altre regioni di vari colori (f.b.)

Articolo: Eddyburg

lunedì 9 marzo 2009

Marco Boschini (Comuni Virtuosi) a "Parla con Me"

lunedì 2 marzo 2009

Comunicato stampa: area Testi, cementificio Sacci

La lista civica “Laboratorio per l’Alternativa”, costituitasi a San Casciano Val di Pesa nell’assemblea pubblica del 20 febbraio scorso, condivide le posizioni espresse dal Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del Chianti Fiorentino in merito alle ultime vicende che hanno visto coinvolta la società Sacci:

• Non mettiamo in discussione il cementificio, ma chiediamo che si adegui alle migliori tecnologie del settore.
• Per una gestione corretta del ciclo dei rifiuti, così come per la produzione di energia, esistono alternative che possono garantire occupazione ed allo stesso tempo meglio salvaguardare il territorio e la salute. Siamo perciò contrari alla centrale turbogas e alla filiera rifiuti Testi Falciani con il nuovo inceneritore, in quanto sono impianti che aggraverebbero la condizione ambientale.
• Riteniamo che il diritto al lavoro debba coesistere con la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini.
• Il futuro di questo territorio è legato anche economicamente alla salvaguardia del territorio e dell’ambiente.

La scelta di insediare a Testi e Falciani il polo energia-rifiuti deve diventare uno degli elementi fondamentali di confronto e discussione tra la cittadinanza e nella campagna elettorale, perché scelte così determinanti e strategiche non possono essere delegate né a pochi amministratori né tantomeno ai dirigenti della società Sacci.

venerdì 27 febbraio 2009

Il centrodestra (e il centrosinistra) e l’ambiente

Il centrodestra e l’ambiente

Autore: Guida, Giuseppe


Prosegue l’assalto al paesaggio, ma il centrosinistra non sembra avere una linea chiara e condivisa di opposizione. Da la Repubblica, ed. Napoli, 23 febbraio 2009 (m.p.g.)

Il paesaggio, che faticosamente pareva essere entrato nel novero dei beni comuni e con orientamenti bipartisan, ogni tanto viene rimesso in mezzo come un anfratto ideologico visto in maniera predatoria, in particolare da una precisa parte politica. E, soprattutto, la tutela del paesaggio rappresenta, ad occhi non scevri da interessi di piccolo cabotaggio, un esproprio anti-liberale che contrasta con le proprie, comode, concezioni di sviluppo.
Non è un caso che la prima dichiarazione del neo-presidente della Regione Sardegna Cappellacci è stata quella, incontenibile, sulla necessità di modificare l’odiato piano paesaggistico e l’armatura delle tutele messe in piedi dalla giunta Soru.

Dalla Campania viene un messaggio a volte contraddittorio e, soprattutto, subdolo perché nascosto dietro il fragile paravento del tradizionale ambientalismo di sinistra. Negli ultimi anni, infatti, si è forgiata una strisciante serie di leggi e norme regionali che in molti casi hanno, di fatto, deregolato buona parte della materia paesaggistica, affidandone la tutela non tanto alla norma tout-court, chiara, sufficientemente vincolante e inserita in un quadro pianificatorio nitido e di medio-lungo periodo, ma ad un farisaico sistema di verifiche ex-ante (di tipo auto-certificativo) e controlli ex-post, che nessuno tra Comuni, Province e Regione si prende la briga di fare concretamente e che si espone a cavillosità di tipo giuridico che molto spesso favorisce lo speculatore. Il caso della Penisola Sorrentina erosa dai parcheggi interrati è un esempio di incredibile attualità e affogato, tra l’altro, in un silenzio delle istituzioni colpevole e complice.

Tuttavia, almeno a parole, pochi a sinistra mettono in discussione acquisizioni fondamentali come piani paesistici, vincoli ambientali, tutela del verde residuo, ricostruzioni di ecologie urbane e di ecosistemi rurali, e così via. Ma secondo quali paradigmi, in questo campo, il centrodestra campano si candida a governare? Ad oggi non è noto un programma compiuto sui percorsi di sviluppo e di tutela del territorio che il centro-destra ritiene prioritari e intende applicare nell’eventualità di una vittoria. Un vuoto di idee e proposte che, in attesa che qualcuno si decida a colmarlo, non fa ben sperare, soprattutto se si fa riferimento ad alcune esperienze di governo locale.

A Roma, ad esempio, l’avvento della giunta Alemanno ha intensificato quanto già veniva in parte contestato a quella precedente: la saturazione edilizia dell’Agro romano, con venticinquemila nuovi appartamenti e 9 milioni di metri cubi, da costruire ancora su altri 750 ettari di quel che resta dell’Agro. Nella Milano della Moratti (opere per l’Expo a parte) siamo in piena epopea dei parcheggi interrati: si scava ovunque, in suoli pubblici e privati, nel centro città, con modifiche e varianti al programma parcheggi, in un processo continuo di privatizzazione del bene pubblico e con la nascita di comitati di cittadini spaventati da questa invasione nella loro quotidianità. L’assessore milanese allo sviluppo del territorio, Carlo Masseroli, ipotizza con un po’ di fantasia, 700.000 abitanti in più nella città e paventa la necessità di un aumento dell´indice di fabbricazione da 0,65 a 1 mq/mq (fonti: Eddyburg.it).

Le dichiarazioni del neopresidente della Regione Sardegna sono chiare, ma anche nell’altra isola a gestione centrodestra, la Sicilia, le idee sullo "sviluppo" sono associate a gestioni private di beni pubblici, alla "valorizzazione" di aree tutelate (valorizzazione che in genere implica la "necessaria" costruzione di strade, locali di accoglienza, strutture "provvisorie", aree di ristoro, eccetera.), come si è ipotizzato, tanto per fare un esempio, per la Valle dei Templi di Agrigento. A livello governativo, poi, le leggi sul condono edilizio sono una specialità berlusconiana che non trova riscontro in altri Paesi d’Europa. Su questo breve sfondo dovrebbero innestarsi le candidature locali del centrodestra e i loro programmi, ancora taciuti, per il territorio e per il paesaggio. A cominciare dalla Provincia di Napoli. Sarebbe utile saperne qualcosa in più.

Articolo: Eddyburg
 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano