lunedì 2 marzo 2009

Come vincere la sfida dei rifiuti

Il conflitto tra la cultura della crescita e la cultura della sobrietà. Finchè vince la prima non c’è speranza.
Autore: Viale, Guido


Il problema dei rifiuti non può essere isolato dal suo contesto, cioè dalle produzioni e dai prodotti che li generano, dai modi del loro consumo. Alla luce del contesto il tema rifiuti si colloca all’interno di una contesa tra culture diverse in cui le posizioni dei contendenti si radicano entrambe nell’ambito della modernità; ma con esiti sempre più divergenti. Ritroviamo la stessa contrapposizione tanto sulle grandi questioni dell’umanità, come guerre o cambiamenti climatici, quanto in quelle minute della vita quotidiana – compresa la produzione di rifiuti – il cui effetto cumulativo decide il destino del pianeta

Da un lato abbiamo la cultura della crescita, affidata alla tecnica e al mercato, più o meno corretto con interventi “politici”, ma anch’essi di natura tecnica; non a caso chiamati sempre più spesso “manovre”. Qui, alle aspettative sullo sviluppo tecnologico viene affidato anche il rimedio ai “danni collaterali” prodotti dalla tecnica: alla superiorità nella tecnologia bellica il compito di garantire l’ordine mondiale messo in forse dalla disseminazione di armi micidiali; all’energia nucleare, alla cattura del carbonio, all’idrogeno, il compito di neutralizzare i cambiamenti climatici provocati dai combustibili fossili, il cui utilizzo non deve conoscere tregua per non ostacolare la crescita. L’assunto è semplice: la tecnologia ci ha dato il benessere; la tecnologia rimedierà ai suoi danni collaterali.

Nella vita quotidiana la cultura della crescita è promozione del consumo per il consumo; del consumo per mandare avanti la macchina produttiva; del consumo per sostenere occupazione e redditi. Consumo di beni sempre più inutili mentre miliardi di uomini mancano del minimo necessario. Il “danno collaterale” del consumo è costituito dai rifiuti, perché tutto ciò che viene prodotto è destinato a trasformarsi in rifiuto in un lasso di tempo sempre più breve. Quindi, tanto vale produrre direttamente rifiuti: l’usa-e-getta (nel cui novero rientrano tutti gli imballaggi “a perdere”) non è altro che fabbricazione di rifiuti destinati a qualche effimera funzione per il tempo più breve possibile.

Ma la cultura della crescita ha sempre una “tecnologia” pronta per rimediare a tutto: Per i rifiuti, prima c’era la discarica, più o meno “controllata”; poi l’inceneritore (il sogno di “mandare in fumo” tutto ciò che non ci serve); poi il “termovalorizzatore” (la produzione di energia più costosa mai comparsa sulla Terra: il termovalorizzatore manda in fumo con rendimenti energetici infimi non solo quello che brucia, ma anche tutta l’energia consumata per produrre i materiali che usa come combustibile e che potrebbero invece venir riciclati); infine il “ciclo integrato” dei rifiuti, inframmettendo tra pattumiera e inceneritore altre macchine per separare il secco dall’umido e “un po’” di raccolta differenziata; ma non troppa; altrimenti il termovalorizzatore si spegne.

Il secondo contendente di questa contrapposizione è la cultura della sobrietà. Non è organizzata, né sponsorizzata, né roboante; ma in qualche modo si radica in ciascuno di noi quando realizziamo che la rincorsa ai consumi è soprattutto una corsa alla produzione di rifiuti che rende tutti più poveri e intasa il mondo. Anche la cultura della sobrietà è figlia della modernità: non è frutto della penuria, della nostalgia per il passato o di una volontà di espiazione; bensì di saperi che ci guidano a usare le risorse in modo ragionevole. Non ha inventato macchine volanti, ma il deltaplano, che permette di realizzare il sogno di Icaro sfruttando i movimenti dell’aria; o la bicicletta, che moltiplica il rendimento dello sforzo che si fa per camminare; o il trasporto flessibile che combina velocità, comodità e risparmio di spazio, di risorse e di energia. Non ha realizzato la fusione a freddo – la pietra filosofale che trasformava il piombo in oro e oggi dovrebbe trasformare l’acqua in idrogeno – ma i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche, che possono fornire all’intero pianeta tanta energia quanta ne basta per una vita moderna e agevole. Ma solo in un quadro di contenimento e perequazione nell’utilizzo delle risorse.

Meno consumi producono meno rifiuti; ma a ridurre la produzione di rifiuti sarà soprattutto quello che si consuma e il modo in cui lo si fa: le nostre scelte di acquisto. Cioè: meno imballaggi superflui (oggi sono il 40 per cento dei rifiuti urbani in peso e il 70-80 per cento in volume), cominciando da bottiglie e flaconi a rendere cauzionati; meno prodotti usa-e-getta (un altro 10 per cento): l’usa-e-getta ha sostituito per una frazione di secolo prodotti che prima si usavano fino alla consunzione; ma oggi ci sono sostituti dei prodotti usa-e-getta che costano e inquinano meno e sono più comodi e igienici di tutti i loro predecessori: nuovi pannolini lavabili o lavastoviglie che evitano il ricorso a piatti e bicchieri di plastica nelle mense. Più prodotti venduti sfusi (“alla spina”), a partire dai detersivi; meno sprechi di avanzi alimentari, per lo più frutto di una spesa fatta senza programma, come ricordava pochi giorni fa Carlo Petrini; più compostaggio domestico dei rifiuti organici (ovunque si disponga di spazi adeguati, e lo può essere anche un balcone); adozione di prodotti tecnologici modulari (computer, hi-fi, cellulari, elettrodomestici), in modo che per adeguarli ai progressi della tecnologia non sia necessario cambiare tutta l’attrezzatura, ma solo le componenti logore od obsolete; una moderna regolazione e incentivazione del mercato dell’usato, per non mandare in discarica o in fumo quello che milioni di persone sono ancora disposte a usare. E poi, ma solo poi, raccolta differenziata capillare porta-a-porta, responsabilizzando gli addetti perché intrattengano un rapporto diretto con gli utenti; impianti decentrati di compostaggio e di recupero dei materiali; incentivi agli acquisti ecologici (green procurement) per enti pubblici e imprese, per fornire un mercato ai materiali riciclati.

Sono cose semplici, alla portata di cittadini, enti locali e imprese grandi o piccole, ma tanto più urgenti, anche ricorrendo a misure straordinarie, quanto maggiore è l’emergenza rifiuti che soffoca un territorio. Intervenire alla fonte, in base alla gerarchia delle priorità indicata oltre trent’anni fa da Ocse ed Europa: riusare, ridurre, riciclare, e poi smaltire – “termovalorizzatore” e discarica – solo quello che rimane. Ma se si fa tutto ciò, che cosa resta da bruciare in un “termovalorizzatore”? Quasi niente: non l’acqua (60-70 per cento) contenuta nel residuo organico sfuggito alla raccolta differenziata; non la carta talmente bagnata da non poter essere conferita insieme a quella riciclabile; non il vetro e le lattine che invece di bruciare assorbono calore. Ma neanche quel poco di plastica che ne resta dopo una buona raccolta differenziata (che al 2012, per decisione coincidente – caso quasi unico – degli ultimi governi sia di destra che di sinistra, dovrà raggiungere l’obiettivo del 65 per cento). Perché la plastica è fatta con il petrolio e non potrà più essere assimilata a una fonte di energia rinnovabile e fruire di quegli incentivi che in passato hanno fatto ricchi i gestori degli inceneritori – primo tra tutti quello famosissimo di Brescia – a spese dei fondi pagati da tutti noi per promuovere l’energia del sole, del vento, dei residui dei boschi e delle colture bioenergetiche.

E allora? Allora, anche nel campo dei rifiuti, la cultura della sobrietà ha soluzioni, anche tecnologicamente molto sofisticate, e tutte già sperimentate, per raggiungere risultati che la cultura della crescita non riuscirà mai a conseguire, immobilizzata com’è in attesa di inceneritori che sarà sempre più difficile e costoso realizzare e soprattutto far funzionare senza incentivi (negli Stati Uniti non se ne costruiscono più da 15 anni, mentre in molte città del Nord America la raccolta differenziata ha raggiunto il 60 per cento in poco più di un anno). La crisi drammatica della Campania deve essere l’occasione per un ripensamento profondo e generale su queste alternative.

Articolo: Eddyburg

venerdì 27 febbraio 2009

Il centrodestra (e il centrosinistra) e l’ambiente

Il centrodestra e l’ambiente

Autore: Guida, Giuseppe


Prosegue l’assalto al paesaggio, ma il centrosinistra non sembra avere una linea chiara e condivisa di opposizione. Da la Repubblica, ed. Napoli, 23 febbraio 2009 (m.p.g.)

Il paesaggio, che faticosamente pareva essere entrato nel novero dei beni comuni e con orientamenti bipartisan, ogni tanto viene rimesso in mezzo come un anfratto ideologico visto in maniera predatoria, in particolare da una precisa parte politica. E, soprattutto, la tutela del paesaggio rappresenta, ad occhi non scevri da interessi di piccolo cabotaggio, un esproprio anti-liberale che contrasta con le proprie, comode, concezioni di sviluppo.
Non è un caso che la prima dichiarazione del neo-presidente della Regione Sardegna Cappellacci è stata quella, incontenibile, sulla necessità di modificare l’odiato piano paesaggistico e l’armatura delle tutele messe in piedi dalla giunta Soru.

Dalla Campania viene un messaggio a volte contraddittorio e, soprattutto, subdolo perché nascosto dietro il fragile paravento del tradizionale ambientalismo di sinistra. Negli ultimi anni, infatti, si è forgiata una strisciante serie di leggi e norme regionali che in molti casi hanno, di fatto, deregolato buona parte della materia paesaggistica, affidandone la tutela non tanto alla norma tout-court, chiara, sufficientemente vincolante e inserita in un quadro pianificatorio nitido e di medio-lungo periodo, ma ad un farisaico sistema di verifiche ex-ante (di tipo auto-certificativo) e controlli ex-post, che nessuno tra Comuni, Province e Regione si prende la briga di fare concretamente e che si espone a cavillosità di tipo giuridico che molto spesso favorisce lo speculatore. Il caso della Penisola Sorrentina erosa dai parcheggi interrati è un esempio di incredibile attualità e affogato, tra l’altro, in un silenzio delle istituzioni colpevole e complice.

Tuttavia, almeno a parole, pochi a sinistra mettono in discussione acquisizioni fondamentali come piani paesistici, vincoli ambientali, tutela del verde residuo, ricostruzioni di ecologie urbane e di ecosistemi rurali, e così via. Ma secondo quali paradigmi, in questo campo, il centrodestra campano si candida a governare? Ad oggi non è noto un programma compiuto sui percorsi di sviluppo e di tutela del territorio che il centro-destra ritiene prioritari e intende applicare nell’eventualità di una vittoria. Un vuoto di idee e proposte che, in attesa che qualcuno si decida a colmarlo, non fa ben sperare, soprattutto se si fa riferimento ad alcune esperienze di governo locale.

A Roma, ad esempio, l’avvento della giunta Alemanno ha intensificato quanto già veniva in parte contestato a quella precedente: la saturazione edilizia dell’Agro romano, con venticinquemila nuovi appartamenti e 9 milioni di metri cubi, da costruire ancora su altri 750 ettari di quel che resta dell’Agro. Nella Milano della Moratti (opere per l’Expo a parte) siamo in piena epopea dei parcheggi interrati: si scava ovunque, in suoli pubblici e privati, nel centro città, con modifiche e varianti al programma parcheggi, in un processo continuo di privatizzazione del bene pubblico e con la nascita di comitati di cittadini spaventati da questa invasione nella loro quotidianità. L’assessore milanese allo sviluppo del territorio, Carlo Masseroli, ipotizza con un po’ di fantasia, 700.000 abitanti in più nella città e paventa la necessità di un aumento dell´indice di fabbricazione da 0,65 a 1 mq/mq (fonti: Eddyburg.it).

Le dichiarazioni del neopresidente della Regione Sardegna sono chiare, ma anche nell’altra isola a gestione centrodestra, la Sicilia, le idee sullo "sviluppo" sono associate a gestioni private di beni pubblici, alla "valorizzazione" di aree tutelate (valorizzazione che in genere implica la "necessaria" costruzione di strade, locali di accoglienza, strutture "provvisorie", aree di ristoro, eccetera.), come si è ipotizzato, tanto per fare un esempio, per la Valle dei Templi di Agrigento. A livello governativo, poi, le leggi sul condono edilizio sono una specialità berlusconiana che non trova riscontro in altri Paesi d’Europa. Su questo breve sfondo dovrebbero innestarsi le candidature locali del centrodestra e i loro programmi, ancora taciuti, per il territorio e per il paesaggio. A cominciare dalla Provincia di Napoli. Sarebbe utile saperne qualcosa in più.

Articolo: Eddyburg

Ma chi vogliono babbiare, questi?

Ho visto grandi entusiasmi su gran parte della stampa italiana per l'accordo italo francese per la costruzione di 4 centrali nucleari sul suolo italiano. Presi dall'entusiasmo, i media hanno commesso clamorosi errori e taciuto diverse scomode verità.

(1) Quale accordo?

Come spiega benissimo Ugo Bardi in questo post, non esiste al momento alcun contratto tra ENEL e EDF, ma solo un memorandum of understanding. Tutto quello che appare sui media è essenzialmente fumo.

(2) 25% del fabbisogno nazionale? sarebbe meglio scrivere 14%!

Secondo Repubblica, le 4 nuove centrali potrebbero garantire il 25% del fabbisogno di energia elettrica. Chi ha fatto i conti per l'articolista Marco Patucchi? Ora, anche uno scolaretto sa che
• in un anno ci sono 8760 ore,
• una centrale nucleare è attiva più o meno per l'80% del tempo (valore medio sul funzionamento di una decina di centrali francesi)
• 6,4 GW * 8760 h * 80% = 44850 GWh = 44,85 TWh
• Secondo Terna, i consumi elettrici italiani sono pari a 320 TWh all'anno
• 44,85 TWh/320 TWh = 14%
Questa percentuale corrisponde all'ipotesi che i consumi elettrici restino costanti. Forse all'ENEL pensano invece che nel 2020 avremo operato una notevole decrescita...

(3) Si vende la pelle dell'orso prima di averlo catturato

Molti scrivono che i reattori EPR di terza generazione sono più potenti e più efficienti di quelli del passato. Peccato che ci si dimentichi di dire che al momento nessuno di questi reattori è ancora in funzione.

Si dicevano meraviglie anche del Superphénix, prima della sua costruzione; poi ha funzionato solo per 13 anni, con un costo di ben 9 miliardi di €. The Independent segnala il fatto che, in caso di incidente, il rilascio di radiazioni potrebbe essere maggiore che per le centrali di vecchia generazione.

L'unico reattore EPR in costruzione si trova a Okiluoto in Finlandia. I tempi di realizzazione sono come segue

• autorizzazione: 2000
• inizio lavori: 2005, con prevista conclusione nel 2009
• dopo vari stop, problemi e ritardi, ora sembra che debba essere completa nel 2012

Qui parlo dei vari problemi di sicurezza in cui è incorso il reattore.

I precisissimi e efficientissimi finlandesi impiegheranno probabilmente 12 anni dall'autorizzazione alla messa in rete. E qualcuno pensa seriamente che i caciottari, lottizzati, pasticcioni e litigiosi italiani riescano a farcela in 11 anni, senza aver nemmeno raggiunto un accordo sui siti delle centrali?

(4) Qualcuno si preoccupa dei costi?

Nessuno dei principali giornali italiani ha pubblicato una sola riga su quanto dovrebbero costare agli italiani le 4 centrali (non la Repubblica , nè il Corriere , nè La Stampa).

Evidentemente, quando si tratta di fare propaganda, meglio tacere certi numeri.

Conosciamo però la storia del reattore finlandese. Inizialmente doveva costare 3,7 miliardi di €, ma i vari guai e iritardi hanno fatto lievitare i costi a ben 5,2 miliardi di €.

Quattro centrali in Italia ci costerebbero oltre 20 miliardi di €, sempre che si riesca a essere parsimoniosi e onesti come i finlandesi... In pratica qualcosa come quattro ponti sullo stretto di Messina.

Ma chi vogliono babbiare, questi?

Articolo e altre informazioni sul tema: Ecoalfabeta

giovedì 26 febbraio 2009

Cementificio di Testi: ripristiniamo la verità

Troppe, davvero troppe, in merito alla vicenda Sacci, le falsità e le imprecisioni che stiamo leggendo e sentendo in questi giorni convulsi: in particolare respingiamo fermamente le accuse che ci rivolgono i dipendenti Sacci, accuse ingiustificate nei confronti di persone e di associazioni che da tempo sono impegnate sul territorio, senza alcun “interesse particolare”, ma con il solo obiettivo di dare un contributo per migliorare la vita di tutti, lavoratori compresi.

Riteniamo opportuno e necessario precisare alcuni dati:
1) Le associazioni ambientaliste non hanno mai chiesto la chiusura del cementificio. La nostra iniziativa si è sempre rivolta in difesa di interessi primari quali la tutela della salute e dell’ambiente. In tutte le occasioni abbiamo ribadito ai dipendenti Sacci che tali priorità dovevano coniugarsi con il diritto al lavoro, ed anzi che i lavoratori, tutelando il diritto alla salute e al rispetto del territorio, avrebbero difeso il proprio posto di lavoro, essendo quelle condizioni indispensabili per il mantenimento dell’attività del cementificio in questo territorio.

2) Le associazioni ambientaliste, consapevoli che l’attività di un qualsiasi cementificio è tra quelle più critiche in materia ambientale, hanno semplicemente chiesto da tempo agli enti preposti controlli rigorosi circa il rispetto dei limiti di legge in relazione ai diversi impatti ambientali; inoltre, proprio per le notevoli dimensioni dell’impianto e l’insistere dell’attività industriale ormai da molti decenni, consideriamo indispensabile una verifica complessiva delle conseguenze ambientali e sanitarie che possono essersi prodotte.

3) Riteniamo che i miglioramenti e gli adeguamenti tecnologici degli impianti che Sacci ad oggi ha messo in atto siano parziali e non certamente adeguati a ciò che la situazione richiede. Non dobbiamo pensare che Sacci faccia “regali”: sono le normative in materia ambientale, diventate più stringenti man mano che si conoscono maggiormente gli effetti negativi sulla salute e sull’ambiente, che obbligano l’azienda ad adeguarsi; lo stesso rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio rilasciata dalla Provincia di Firenze al cementificio nel dicembre 2007, è subordinata al rispetto di numerose prescrizioni, fra le quali l’adeguamento degli impianti alle migliori tecnologie secondo le direttive europee.

4) L’esposto che ha dato origine alla chiusura dello stabilimento è stato presentato da privati cittadini, residenti nelle vicinanze. Chiunque non rispetti una qualsiasi norma di legge, se ne deve assumere la responsabilità e le relative conseguenze.
Certo, se poi l’azienda per le sue inadempienze se la rifà con i lavoratori spedendoli a casa, si ripropongono vecchie logiche che pensavamo appartenere al passato: esigenze sacrosante di tutela del posto di lavoro, contrapposte alla tutela altrettanto sacrosanta dell’ambiente, di lavoro e non.

5) Riteniamo che chiedere alla dirigenza Sacci di rispettare la legge sia anche e soprattutto interesse di chi ci lavora. Oppure è forse pensabile reiterare l’inosservanza di norme di legge a tempo indeterminato? E allora, chiedere il rispetto dei limiti di legge non era e non è anche difendere il posto di lavoro???

6) La situazione complessiva dell’area di Testi è diventata per le associazioni ambientaliste una priorità e una criticità assoluta, nel momento in cui le Amministrazioni pubbliche (Provincia di Firenze e Comuni di Greve in Chianti e San Casciano V.Pesa) vi hanno previsto la realizzazione di una centrale turbogas e di un nuovo inceneritore di rifiuti. In un’area che riteniamo già preoccupante sotto l’aspetto ambientale per la presenza di uno stabilimento per sua natura altamente critico per l’impatto sul territorio, si prevede di andare a realizzare altri due impianti altamente inquinanti!!! Noi abbiamo detto NO a questa scelta e continueremo a dirlo in tutte le sedi e con tutta la nostre forza.

Se si vogliono realmente difendere i posti di lavoro si dovrebbero richiedere all’azienda impegni seri e tempi certi per l’aggiornamento tecnologico e la messa a norma dello stabilimento, alle amministrazioni sostegno e controllo affinché ciò si realizzi.

Riteniamo che il diritto al lavoro debba coesistere con la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini; noi ci impegneremo in questo senso e riteniamo che i lavoratori abbiano il dovere, e in questo caso anche la necessità, di fare altrettanto.

Ha firmato questo documento il Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del Chianti fiorentino:
Aiab Toscana - Asci Toscana - Comitato delle Sibille per la Tutela dell’Ambiente - Comitato “Passo per il Chianti” – Comitato di Uzzano Greve in Chianti - Foro Contadino – Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute - Forum Ambientalista Toscano - Italia Nostra - Legambiente circolo “Il Passignano” Tavarnelle/San Casciano V.P. - Legambiente circolo “Il Gallo Verde” Greve in Chianti - Mani Tese Firenze - Medicina Democratica - VAS Chianti fiorentino - WWF sezione Toscana

Il Libro bianco Valle della Greve

Il dossier che presentiamo è stato elaborato dal Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del Chianti Fiorentino. Nel documento si analizzano le problematiche legate agli impianti industriali di Testi (cementificio) e Sibille-Falciani (area ex inceneritore, attuale impianto trattamento rifiuti), si motiva l’opposizione alla pianificazione industriale che prevede in queste aree un polo ENERGIA-RIFIUTI-CEMENTO tramite un inceneritore e una centrale turbogas a Testi e l’ampliamento dell’impianto a Sibille-Falciani per la produzione di CDR destinato all’inceneritore.
Inoltre il dossier contiene una serie di proposte per una corretta gestione del ciclo di trattamento dei rifiuti.

Gli impianti industriali di Testi e Falciani nella valle della Greve

martedì 24 febbraio 2009

20 Febbraio: la presentazione della lista civica, biblioteca comunale di San Casciano

Il giorno 20 febbraio ha avuto luogo presso la biblioteca comunale di San Casciano Val di Pesa la presentazione della Lista Civica del Laboratorio per l'Alternativa che si candiderà alle prossime Elezioni Comunali.


L'intervento di B. Pandolfi


Ancora B. Pandolfi...


L'intervento di P. Gheri


L'intervento di L. Bennici

Com'è andata...
Siamo soddisfatti dell'assemblea, c'è stata una buona partecipazione di pubblico, diverse facce nuove, nuovi contatti. Abbiamo avuto parecchie manifestazioni di simpatia, che confermano la nostra convinzione che esista un vuoto della politica che va colmato.

giovedì 19 febbraio 2009

Apre il cantiere del Laboratorio per l'Alternativa

Venerdì 20 febbraio
Alle ore 21,15
Presso la Biblioteca Comunale di San Casciano


ASSEMBLEA PUBBLICA


Di presentazione del manifesto e di organizzazione del cantiere per definire il PROGRAMMA e la LISTA per le prossime elezioni.

Sono invitati all’iniziativa:

il circolo di San Casciano di RIFONDAZIONE COMUNISTA
un rappresentante della LISTA VERDE provinciale
il sen. Pancho Pardi di Italia dei Valori

 

Far tornare le api a volare a San Casciano!

L’ape, il simbolo della nostra lista, richiama l’obiettivo di far tornare le api a volare a San Casciano. Un mondo senza api non è a misura d’uomo, è avvelenato e ostile alla vita. L’ape sarà anche il nostro modello di comportamento: le api sono laboriose, sociali, pacifiche e hanno bisogno di un ambiente pulito.

San Casciano Val di Pesa • Laboratorio per un’Altra San Casciano